mercoledì 12 settembre 2018

Recensione: "The Black God's Drums", di P. Djèlí Clark



Disponibile in lingua inglese 

“Creeper, una tredicenne orfana senza alcun possedimento terreno, è stufa di vivere per le strade di New Orleans. Quello che vorrebbe fare, piuttosto, è prendere il volo; e così il suo sguardo si posa sulla Midnight Robber, un’aereonave di contrabbandieri che potrebbe forse essere in grado di darle un passaggio. Ma per aggiudicarsi un biglietto, Creeper dovrà guadagnarsi la fiducia del Capitano Ann-Marie sfruttando un prezioso segreto relativo a uno scienziato haitiano rapito da forze ignote, e a una misteriosa arma chiamata “The Black God’s Drum.” Ma Creeper custodisce anche un altro mistero – perché Oya, l’orisha africana dei venti e delle tempeste, parla dentro di lei e le garantisce poteri divini. E, a quanto pare, anche Oya ha le sue priorità, quando si tratta di stabilire il destino di Creeper e Ann-Marie…”



The Black God’s Drum” è un romanzo breve pubblicato dalla famigerata Tor.Com, vale a dire una specie di “succursale” (manco tanto secondaria) di una delle più importanti case editrici americane specializzate in narrativa fantasy. Un vero e proprio "gigante", un'istituzione che vanta nelle sue scuderie talenti del calibro di Brandon Sanderson, Victoria Schwab, Steven Erikson e tanti, tantissimi altri.

Da un punto di vista personale, devo ammettere di aver trovato il recente lavoro di Djèlí Clark una lettura abbastanza piacevole, anche se non proprio memorabile. Diciamo che ho apprezzato l’intuizione alla base della trama, così come anche lo spirito, arguto e originale, con cui l’autore ha deciso si approcciarsi a questo suo particolare "ibrido" fra storia e immaginazione. Sospetto, comunque, che saranno soprattutto i fan del recente YA "Figli di Sangue e Ossa" (in uscita da noi fra poche settimane...) a lasciarsi incantare dai numerosi riferimenti a caratteristiche figure della mitologia africana, dal momento che “The Black God’s Drums” condivide senz’altro le medesime radici folcloristiche e culturali dell’opera di Tomy Adeyemi.
Un altro autore di riferimento potrebbe essere Neil Gaiman, dal momento che l’idea di queste carismatiche e antiche divinità approdate sulle coste del continente americano attraverso le navi schiaviste – e sopravvissute fino a oggi per mezzo dei ricordi, dei canti e delle leggende tramandate di generazione in generazione - mi ha ricordato tantissimo il suo “American Gods”.

Anche l’ambientazione di “The Black God’s Drums” – un’ucronica e pittoresca New Orleans alternativa, i cui orizzonti solcati di aereonavi vengono costantemente messi a repentaglio dagli inevitabili strascichi di una sanguinosissima guerra civile – presenta diversi aspetti interessanti. Peccato che la brevità del libro renda parecchio arduo il compito di lasciarsi ammaliare completamente da questi panorami; così come contribuisce sicuramente a smorzare l’entusiasmo del lettore il fatto che l’intreccio si riveli tutto sommato fin troppo semplice da prevedere – e archiviare.

Una menzione speciale a parte meritano infine due personaggi secondari - in assoluto i più intriganti e riusciti - del libro, vale a dire le eccentriche e agguerrite suore/streghe pronte ad accogliere i rifugiati provenienti dagli Stati ancora sotto il giogo delle nazioni Confederate (il mio pensiero, mentre leggevo, è corso immediatamente allo splendido e straziante “La Ferrovia Sotterranea” di Colson Whitehead).
Mentre, a essere del tutto sincera, non ho trovato particolarmente convincente, da parte dell’autore, il tentativo di inserire una parvenza di rappresentazione LGBT, attraverso l’ambiguo personaggio del Capitano ribelle Ann-Marie…

In estrema sintesi: Una piacevole – e, sotto certi aspetti, rinvigorente – scorribanda per le strade di un’ucronica e pittoresca New Orleans intrisa di tecnologia futuristica e antica magia tribale. Una lunghezza maggiore avrebbe senz’altro giovato alla narrazione; l’idea di P. Djèlí Clark è vincente, ma l’urgenza dell’esecuzione si lascia sfuggire, secondo me, l’opportunità di centrare il punto in più di un’occasione… 


2 commenti:

  1. Non sembra male, ma credo che darò la precedenza a Figli di Sangue e Ossa (la prima uscita YA che mi attira davvero da un secolo a questa parte), anche se credo che terrò d'occhio l'autrice :D
    Il fantasy basato su culture che non siano l'europa medioevale mi attira sempre :)

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    Risposte
    1. Anche a me, Kate, parecchio! :D
      Oh, ma sai che non sono ancora riuscita a finire il libro della Adeyemi? Credo di averlo lasciato più o meno a metà... mi ero ripromessa di riprenderlo quanto prima, perché comunque lo stavo trovando tutt'altro che terribile, ma temo di essermelo lasciato sfuggire un po' dalla mente! :(

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