martedì 25 settembre 2018

Recensione: "The Queen of Crows", di Myke Cole



The Sacred Throne, Vol. 2
Disponibile in inglese

“In questo epico sequel, Heloise organizza la resistenza e continua a sfidare l’Ordine. Tutte le circostanze sembrano contro di lei: orribili ferite le sfigurano il corpo, la sua mente è braccata dai fantasmi, e i tiranni della religione continuano a farsi beffe del suo rango di Paladina… ma il suo viaggio dall’oscurità alla grandezza continua, grazie all’aiuto di un’armatura potenziata tramite alchimia e di uno spirito assolutamente impossibile da spezzare.”



The Queen of Crows” è il secondo volume della trilogia fantasy “The Sacred Throne”, iniziata al principio dell’anno con il solido e adrenalinico “The Armored Saint”. L’autore, Myke Cole, ha una lunga carriera militare alle spalle, e credo proprio che, leggendo i suoi libri, la cosa abbia la possibilità di saltare agli occhi in più di un’occasione.

Se dovessi esprimere un giudizio spassionato, credo che mi ritroverei costretta ad ammettere – seppur con riluttanza– di non essere riuscita ad apprezzare questo nuovo atto delle avventure di Heloise e compagni tanto quanto avevo adorato il primo. Ma – badate bene, perché è in arrivo un “MA” grosso come una casa – resto comunque convinta delle notevoli potenzialità di Cole come autore, e continuo a non vedere l’ora di mettere le mani su “The Killing Light”, il libro conclusivo della serie. Il che, alla resa dei conti, vorrà pur dire qualcosa, dico bene?

Il problema è che “The Queen of Crows” soffre di uno squilibrio interno abbastanza palese, almeno secondo me. Il ritmo, almeno all’inizio, risulta completamente fuori fase. Il motivo per cui il libro non mi ha convinto al cento per cento è stato proprio questo: le prime 100, 150 pagine rappresentano infatti un’incessante e sterile raccolta di “bla, bla, bla” (un termine estremamente tecnico che di solito mi capita di usare in riferimento a tutti quegli interminabili dialoghi e battibecchi che tendono a portare nel magico regno di Nessuna Parte) e di false partenze a dir poco frustranti. Un passo avanti, due indietro. Come giocare a flipper, con la biglia che continua a rimbalzare perennemente nello stesso punto.

Insomma, la storia riprende dal punto preciso in cui si interrompeva “The Armored Saint”, ma impiega un tempo straordinariamente lungo per ricominciare a prender quota, almeno secondo me.  Cole tentenna troppo, tirando per le lunghe una diatriba infinita (quella fra la protagonista, una novella Giovanna d’Arco bardata in un’invincibile armatura in stile “Pacific Rim”, e gli zotici abitanti del suo villaggio) e affannandosi a infarcire la narrazione di ridondanti allusioni al tema dell’eterno conflitto fra libertà e fede. Come se non bastasse, dedica a mio avviso una porzione troppo ampia di questa prima parte di “The Queen of Crows” a una mezza dozzina di personaggi secondari provenienti dal suddetto borgo di cui, a conti fatti, non credo proprio arrivi a importare un granché a qualcuno.

Dalla presa di Lys in poi, fortunatamente, le cose iniziano a ingranare per il verso giusto: un evento, in particolare, ha il potere di sbloccare questo ingestibile stato di impasse e di ri-focalizzare l’attenzione sui costi e le conseguenze della terribile e sanguinosa crociata di Heloise. Le innumerevoli sequenze d’azione, a questo punto, tornano a volgere verso la qualità spettacolare che aveva contraddistinto “The Armored Saint”, mentre i colpi di scena riprendono a susseguirsi all’infinito e i nuovi personaggi provenienti dalle tribù nomadi (a eccezione di Onas, che ho trovato patetico e insopportabile ai massimi livelli consentiti dalle leggi di Dio e dell’uomo…) si rivelano al tempo stesso sfaccettati, misteriosi e affascinanti. Mi auguro insomma che Cole decida di concentrare la sua attenzione, nel corso del prossimo libro, proprio su queste imprevedibili new entry, e che continui a insistere sul punto del processo di crescita personale di Heloise, piuttosto che continuare a porre l’accento (ancora e ancora e ancora) sul suo rapporto con il padre (adorabile, sì: l’abbiamo capito…) o con questo o quell’altro anonimo e barbuto villico in procinto di mettere in discussione la sua autorità di Santa Paladina e leader della ribellione…

In estrema sintesi: Ogni febbricitante scena di battaglia sembra scaturita dalle sfrenate immaginazioni combinate di Zack Snyder e Peter Jackson. La trama conosce un momento di stasi abbastanza logorante – ma l’energico sforzo finale contribuisce a riscattare qualsiasi indecisione iniziale. Consigliatissimo ai fan del grimdark.


NB: Potete leggere QUI la mia recensione di "The Killing Light", il terzo e ultimo volume della serie "The Sacred Throne"! :)



4 commenti:

  1. Questa serie mi ispira un sacco, ma temo che il livello di inglese non sia alla mia portata, per il momento :(

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    1. Le scene di battaglia effettivamente sono un po' più impegnative, più che altro per una questione di lessico (alcuni termini dal taglio "militaresco" sono molto specifici, non posso negarlo). Per il resto, però, il romanzo è molto scorrevole - e anche breve, considerando il fatto che non supera le 300 pagine. Vedrai che a breve sarai più che pronta a lanciarti nell'impresa, Aenor! ;D
      Voglio dire, in fondo, se ce l'ho fatta io... !!! :P

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  2. Devo smettere di leggere queste recensioni quando ho fatto voto di non comprare niente finché non avrò ridotto a dimensioni accettabili la tbr D:

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    1. Come ti capisco, Kate! :(
      Io ormai ho completamente rinunciato alla mia vecchia tbr: più che altro vado "a sentimento", imponendomi solo di cercare di restare in pari con le nuove serie - vale a dire quelle iniziate l'anno scorso o giù di lì. Per lo meno, in questo modo, dovrei riuscire a evitare di restare troppo indietro con le saghe ancora in corso! O almeno, è quello che spero! XD

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