Recensione: "Gravity" (film)

Titolo originale: Gravity
Regia: Alfonso Cuarón
Cast: Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Orto Ignatiussen, Phaldut Sharma, Amy Warren, Basher Savage, Janis Ahern
Anno: 2013

"Sandra Bullock è la brillante dottoressa Ryan Stone, alla sua prima missione a bordo dello shuttle con l’astronauta esperto Matt Kovalsky (Clooney). Quella che sembrava una normale passeggiata nello spazio si trasforma in una catastrofe e lo shuttle viene distrutto; Stone e Kowalsky restano completamente soli, collegati l’una all’altro e fluttuanti nell’oscurità. Il silenzio assordante in cui sono immersi significa che hanno perso ogni contatto con la Terra… e ogni speranza di salvezza."


Non saprei dirvi con precisione che cosa mi aspettavo da "Gravity".
Probabilmente "solo" l'ennesimo filmone catastrofico targato Hollywood, alla faccia di tutti i bei film a cui ormai il regista Alfonso Cuarón dovrebbe averci abituato ("Harry Potter e il prigioniero di Azkaban", lo stupendo e sottovalutato "I figli degli Uomini").
Forse sono stati i nomi di Sandra Bullock e George Clooney a trarmi in inganno: per quanto le due star siano sempre state in grado di suscitarmi un vago senso di simpatia, infatti, non credo di essermi mai essermi particolarmente innamorata di nessuna pellicola interpretata da uno di questi due apprezzatissimi attori... non fino a ieri, almeno, durante il fatidico pomeriggio in cui finalmente sono riuscita a vedere "Gravity" per la prima volta! XD

L'ultimo film di Cuarón rappresenta, a conti fatti, un potente e catartico inno alla vita, la storia di un travagliato e sofferto viaggio che si svolge nelle indescrivibili vastità dello spazio aperto e, nello stesso tempo, all'interno della psiche e del cuore devastato dal dolore della protagonista, una Sandra Bullock davvero in stato di grazia, secondo me.
Il tormentato percorso di rinascita di una donna, smarrita nel nero, nell'oblio più insondabile dell'universo, che lotta da sola (o forse, non poi così tanto da sola come si potrebbe pensare...) per ritrovare se stessa e una ragione per continuare, per andare avanti nonostante tutto, per riuscire a sopravvivere a un altro giorno e poterla raccontare.
Contro ogni possibile previsione, "Gravity" si è rivelato un film avvincente e ricco di suspance, visivamente spettacolare, capace di far dolere letteralmente il petto dello spettatore a causa di tutti i respiri trattenuti, durante alcune adrenaliniche sequenze d'azione, e nello stesso tempo una pellicola delicatamente intimista, rafforzata da una serie di immagini e concetti simbolici di grande potenza visiva e impatto immediato.

Non mi sono annoiata un attimo, non ho perso una singola battuta.
Alcuni dialoghi, secondo me, sono meravigliosi, e in un paio di occasioni le interazioni fra i personaggi (e i monologhi della Bullock) mi hanno profondamente commosso.
Persino il silenzio, a mio modo di vedere, gioca un ruolo fondamentale e sembra in grado di esprimere qualcosa, un valore importante, un significato essenziale.
Il personaggio di Matt Kowalsky (sebbene forse a tratti un po' troppo sopra le righe...) è destinato a imprimersi nella mia memoria come il più commovente, tenero e significativo fra tutti i ruoli interpretati da Clooney finora, e la colonna sonora del film è qualcosa di assolutamente spettacolare, così come lo sono la fotografia, gli effetti speciali e il montaggio sonoro, giustamente premiati durante la scorsa edizione degli Oscar.

In definitiva, un piccolo, grande, emozionante film sulla sopravvivenza, sulla bellezza del Creato e sul coraggio di vivere, di continuare a combattere, che mi è piaciuto veramente tanto e che vi consiglio di recuperare senza il minimo indugio, qualora non l'abbiate già fatto! ^____^


Giudizio personale: 8.5/10