venerdì 22 luglio 2016

Recensione: "La Svastica sul Sole"




Titolo originale: The Man in the High Castle
Autore: Philip K. Dick
Serie: //
Disponibile: anche in italiano, edito dalla Fanucci!
Trama: "Le forze dell'Asse hanno vinto la seconda guerra mondiale e l'America è divisa in due parti, l'una asservita al Reich, l'altra ai Giapponesi. Sul resto del mondo incombe una realtà da incubo: il credo della superiorità razziale ariana è dilagato a tal punto da togliere ogni volontà o possibilità di riscatto. L'Africa è ridotta a un deserto, vittima di una soluzione radicale di sterminio, mentre in Europa l'Italia ha preso le briciole e i nazisti dalle loro rampe di lancio si preparano a inviare razzi su Marte e bombe atomiche sul Giappone. Sulla costa occidentale degli Stati Uniti, i Giapponesi sono ossessionati dagli oggetti del folclore e della cultura americana, e tutto sembra ruotare intorno a due libri: il millenario I Ching, l'oracolo della saggezza cinese, e il best-seller del momento, vietato in tutti i paesi del Reich, un testo secondo il quale l'Asse sarebbe stato in realtà sconfitto dagli Alleati."


Scrivere questa recensione non sarà un compito facile.
La mia relazione con “La Svastica sul Sole”, il primo (e finora unico) libro di Philip K. Dick che abbia mai letto, è stata abbastanza travagliata e complessa da avermi causato una momentanea parentesi di confusione.
Voglio dire, in che modo porsi nei confronti di un romanzo che sei riuscita a finire a stento, e solo grazie a un titanico sforzo di volontà, e che pure ha vinto il Premio Hugo nel 1962, è stato scritto da uno dei padri osannati della fantascienza ed è considerato dalla quasi unanime totalità dei lettori come un imperdibile gioiello della narrativa di genere?

La verità è che ho letto “La Svastica sul Sole” più mossa dalla curiosità – e incentivata dalla prospettiva di guardare in futuro la serie televisiva che Amazon ne ha tratto lo scorso anno – che non a causa di un autentico interesse nei confronti delle ucronie e degli intrighi fantapolitici. Questo è stato il mio primo errore, immagino: un piccolo passo falso, perché, fin dalle primissime pagine del romanzo di Dick, mi è stato chiaro che il suo non è un libro è adatto al palato di tutti – e, con il senno di poi, sicuramente non al mio.
Più che altro, ho notato che Dick tende (almeno in questa occasione) a dosare gli ingredienti narrativi di base secondo una formula che non si adatta affatto a quelli che sono i miei gusti personali: ad esempio, troverete pochissima trama, ne “La Svastica sul Sole”; praticamente basta la sinossi ufficiale del romanzo a darvi un’idea molto precisa di tutto ciò che è destinato ad accadere nei primi tre quarti del volume

I personaggi, tutt’altro che scontati, si presentano interessanti e sfaccettati al punto giusto, questo sì; in particolare, ho apprezzato gli archi narrativi di Tagomi e Juliana, un po’ perché sono riuscita a sentirmi vicina (almeno in parte) ad alcuni dei loro stati d’animo e dilemmi esistenziali, un po’ perché, secondo me, sono gli unici in grado di influenzare il corso della trama attraverso le loro azioni, almeno parzialmente.
Il problema con Frank Frink, Childan, Baynes e gli altri, è che vengono fagocitati quasi subito dal turbine della Storia, della Filosofia e della Politica; travolti dal caos che fa da contorno alle loro vite e costretti a recitare un ruolo marginale – e tutto considerato alquanto noioso – all’interno dell’economia generale del racconto. Tutto la parte relativa al commercio di gioielli falsi, ad esempio, mi è parsa un mero pretesto per approfondire l’ambientazione/fornire a Dick l’opportunità di continuare a dissertare sulle questioni di ordine generale che gli stanno più a cuore (il significato di “storicità”, la differenza fra Bene e Male, gli istinti alla base della natura umana, eccetera, eccetera….).
Non sono mai riuscita a considerarli come delle persone; sono sempre rimaste delle figure un po’ fumose e artificiali ai miei occhi, e proprio per questo motivo, immagino, non sono riuscita a interessarmi alle loro sorti, ne’ a provare qualsivoglia spiraglio emotivo in grado di resuscitare il mio interesse.

La cornice geo-politica del romanzo, viceversa, è stata messa su con un grado di perizia straordinaria. Lo stesso vale per le suggestive atmosfere in cui si muovono i vari personaggi, dense di inquietudine, paranoia e disagio esistenziale; un mix quasi perfetto, le stesse sensazioni che ti aspetteresti di percepire leggendo un buon thriller di spionaggio, senza tuttavia lesinare spazio in termini di dettagli spirituali e arzigogolate riflessioni filosofiche.
Lo stile dell’autore, inoltre, mi è parso accorto ed elegante, oltre che in grado di suscitare innumerevoli spunti di discussione

Purtroppo, non posso dire di essere rimasta incantata: alla resa dei conti, apprezzo il febbrile lavorio della mente che la prosa netta e stimolante dello scrittore è stata in grado di suscitare, ma non posso neppure esimermi dal confessare un certo grado di delusione, dovuta senz’altro al fatto che per buona parte del romanzo non sono stata in grado di sentire i destini dei personaggi, ne’ le loro motivazioni o i loro affanni.
Gli ultimi quattro capitoli de “La Svastica sul Sole”, sono quasi riusciti a emozionarmi; tutto ciò che viene prima di quel punto, per quanto mi riguarda, si trasformerà in un nebuloso e grigio ammasso di nozioni astratte destinate a sbiadire nel giro di pochi mesi.


Trama: 5.0/10
Personaggi: 6.5/10
Ambientazione: 8.0/10
Stile: 7.0/10
Coinvolgimento emotivo: 3.5/10

Verdetto finale: 6.0/10


Girl Power:


 

4 commenti:

  1. Non ho mai letto niente di questo autore, anche se tutto sommato questo romanzo (e molti altri dei suoi) mi incuriosisce. Però è uno scrittore di un'altra epoca, e anche se stiamo parlando solo degli anni '60, c'era comunque un altro modo di scrivere e di percepire le storie a cui magari quelli della nostra generazione non sono abituati. ^^ Infatti raramente mi imbarco nella lettura di romanzi che non siano stati scritti negli ultimi 10/20 anni... Credo sia un mio limite, ma non ce la faccio XD

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    1. Ti capisco: in qualche caso, ho riscontrato lo stesso problema.. e credo che potresti avere ragione, la distanza "storica" fra le nostre epoche potrebbe aver contribuito ad accrescere il mio distacco nei confronti dei personaggi e della trama! ç____ç
      Penso comunque che proverò a concedere a Philip Dick almeno un'altra possibilità, magari ho semplicemente imbroccato il titolo sbagliato! ;D

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  2. Risposte
    1. Sono curiosa di provare la serie tv, adesso... nel finale del libro c'è qualcosa, un certo "non so che" che potrebbe prestarsi benissimo a una trasposizione, secondo me! :)

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