Titolo originale: The Man in the High Castle
Autore: Philip K. Dick
Serie: //
Disponibile: anche in italiano, edito dalla Fanucci!
Trama: "Le forze dell'Asse hanno vinto la seconda guerra mondiale e l'America è
divisa in due parti, l'una asservita al Reich, l'altra ai Giapponesi.
Sul resto del mondo incombe una realtà da incubo: il credo della
superiorità razziale ariana è dilagato a tal punto da togliere ogni
volontà o possibilità di riscatto. L'Africa è ridotta a un deserto,
vittima di una soluzione radicale di sterminio, mentre in Europa
l'Italia ha preso le briciole e i nazisti dalle loro rampe di lancio si
preparano a inviare razzi su Marte e bombe atomiche sul Giappone. Sulla
costa occidentale degli Stati Uniti, i Giapponesi sono ossessionati
dagli oggetti del folclore e della cultura americana, e tutto sembra
ruotare intorno a due libri: il millenario I Ching, l'oracolo della
saggezza cinese, e il best-seller del momento, vietato in tutti i paesi
del Reich, un testo secondo il quale l'Asse sarebbe stato in realtà
sconfitto dagli Alleati."
Scrivere
questa recensione non sarà un compito facile.
La mia
relazione con “La Svastica sul Sole”,
il primo (e finora unico) libro di Philip
K. Dick che abbia mai letto, è
stata abbastanza travagliata e complessa da avermi causato una momentanea
parentesi di confusione.
Voglio dire,
in che modo porsi nei confronti di un romanzo che sei riuscita a finire a
stento, e solo grazie a un titanico sforzo di volontà, e che pure ha vinto il Premio Hugo nel 1962, è stato scritto da uno dei padri osannati della
fantascienza ed è considerato dalla quasi unanime totalità dei lettori come un
imperdibile gioiello della narrativa di genere?
La verità è
che ho letto “La Svastica sul Sole”
più mossa dalla curiosità – e incentivata dalla prospettiva di guardare in
futuro la serie televisiva che Amazon ne ha tratto lo scorso anno – che non a
causa di un autentico interesse nei confronti delle ucronie e degli intrighi fantapolitici. Questo è stato il mio primo
errore, immagino: un piccolo passo falso, perché, fin dalle primissime pagine
del romanzo di Dick, mi è stato chiaro che il suo non è un libro è adatto al
palato di tutti – e, con il senno di poi, sicuramente non al mio.
Più che
altro, ho notato che Dick tende (almeno in questa occasione) a dosare gli
ingredienti narrativi di base secondo una formula che non si adatta affatto a
quelli che sono i miei gusti personali: ad esempio, troverete pochissima trama, ne “La Svastica sul Sole”; praticamente basta la sinossi ufficiale del
romanzo a darvi un’idea molto precisa di tutto ciò che è destinato ad accadere
nei primi tre quarti del volume
I
personaggi, tutt’altro che scontati, si presentano interessanti e sfaccettati
al punto giusto, questo sì; in particolare, ho apprezzato gli archi narrativi
di Tagomi e Juliana, un po’ perché sono riuscita a sentirmi vicina (almeno in
parte) ad alcuni dei loro stati d’animo e dilemmi esistenziali, un po’ perché,
secondo me, sono gli unici in grado di influenzare il corso della trama
attraverso le loro azioni, almeno parzialmente.
Il problema
con Frank Frink, Childan, Baynes e gli altri, è che vengono fagocitati quasi subito dal
turbine della Storia, della Filosofia e della Politica; travolti dal caos che
fa da contorno alle loro vite e costretti a recitare un ruolo marginale – e tutto
considerato alquanto noioso – all’interno dell’economia generale del racconto.
Tutto la parte relativa al commercio di gioielli falsi, ad esempio, mi è parsa
un mero pretesto per approfondire l’ambientazione/fornire a Dick l’opportunità
di continuare a dissertare sulle questioni di ordine generale che gli stanno
più a cuore (il significato di “storicità”, la differenza fra Bene e Male, gli
istinti alla base della natura umana, eccetera, eccetera….).
Non sono mai
riuscita a considerarli come delle persone; sono sempre rimaste delle figure un
po’ fumose e artificiali ai miei occhi, e proprio per questo motivo, immagino,
non sono riuscita a interessarmi alle loro sorti, ne’ a provare qualsivoglia
spiraglio emotivo in grado di resuscitare il mio interesse.
La cornice geo-politica del romanzo, viceversa, è stata messa su con un grado di
perizia straordinaria. Lo stesso vale per le suggestive atmosfere in cui si
muovono i vari personaggi, dense di inquietudine, paranoia e disagio
esistenziale; un mix quasi perfetto, le stesse sensazioni che ti aspetteresti
di percepire leggendo un buon thriller di spionaggio, senza tuttavia lesinare
spazio in termini di dettagli spirituali e arzigogolate riflessioni
filosofiche.
Lo stile
dell’autore, inoltre, mi è parso accorto ed elegante, oltre che in grado di
suscitare innumerevoli spunti di discussione
Purtroppo,
non posso dire di essere rimasta incantata: alla resa dei conti, apprezzo il
febbrile lavorio della mente che la prosa netta e stimolante dello scrittore è
stata in grado di suscitare, ma non posso neppure esimermi dal confessare un
certo grado di delusione, dovuta senz’altro al fatto che per buona parte del
romanzo non sono stata in grado di sentire
i destini dei personaggi, ne’ le loro motivazioni o i loro affanni.
Gli ultimi quattro capitoli de “La Svastica sul Sole”, sono quasi
riusciti a emozionarmi; tutto ciò che viene prima di quel punto, per quanto mi
riguarda, si trasformerà in un nebuloso e grigio ammasso di nozioni astratte destinate a sbiadire nel giro di pochi mesi.
Trama: 5.0/10
Personaggi: 6.5/10
Ambientazione: 8.0/10
Stile: 7.0/10
Coinvolgimento emotivo: 3.5/10
Verdetto finale: 6.0/10
Girl Power:
Non ho mai letto niente di questo autore, anche se tutto sommato questo romanzo (e molti altri dei suoi) mi incuriosisce. Però è uno scrittore di un'altra epoca, e anche se stiamo parlando solo degli anni '60, c'era comunque un altro modo di scrivere e di percepire le storie a cui magari quelli della nostra generazione non sono abituati. ^^ Infatti raramente mi imbarco nella lettura di romanzi che non siano stati scritti negli ultimi 10/20 anni... Credo sia un mio limite, ma non ce la faccio XD
RispondiEliminaTi capisco: in qualche caso, ho riscontrato lo stesso problema.. e credo che potresti avere ragione, la distanza "storica" fra le nostre epoche potrebbe aver contribuito ad accrescere il mio distacco nei confronti dei personaggi e della trama! ç____ç
EliminaPenso comunque che proverò a concedere a Philip Dick almeno un'altra possibilità, magari ho semplicemente imbroccato il titolo sbagliato! ;D
anche a me ha fatto lo stesso effetto...
RispondiEliminaSono curiosa di provare la serie tv, adesso... nel finale del libro c'è qualcosa, un certo "non so che" che potrebbe prestarsi benissimo a una trasposizione, secondo me! :)
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