lunedì 23 ottobre 2017

"1922": la recensione del film Netflix tratto da un racconto di Stephen King...




Titolo originale: 1922
Regia: Zak Hilditch
Cast: Thomas Jane, Molly Parker, Dylan Schmid, Kaitlyn Bernard, Neal McDonough
Anno: 2017

La trama:

“Un agricoltore semplice, ma orgoglioso, cospira nel 1922 per assassinare la moglie, allo scopo di ottenerne un vantaggio finanziario, dopo aver convinto il figlio adolescente a partecipare…”


1922” è un film horror diretto dal regista Zak Hilditch
La pellicola, disponibile su Netflix, è basata sull’omonimo racconto di Stephen King contenuto nella splendida antologia “Notte Buia, Niente Stelle”, un energico e struggente “inno alla vita” dedicato allo scottante tema della violenza domestica (o della violenza contro le donne, in generale).

So bene cosa vi starete chiedendo a questo punto: quali e quante sono le probabilità, a poche settimane di distanza dall’uscita dell’adrenalinico e formidabile “Il Gioco di Gerald”, di poter assistere a un altro convincente adattamento di un’opera kinghiana, peraltro sempre rilasciato sul servizio streaming più famoso del mondo?
Bè, che cosa posso dirvi? A quanto pare, il vecchio adagio recita il vero: qualche volta, il fulmine riesce a colpire due volte nello stesso punto, e anche in rapida successione….

Perché “1922”, un’inconsueta e macabra ghost story, è un thriller serrato e incalzante, che vale senz’altro il tempo speso per la visione. Il racconto (per chi non l’avesse ancora letto), echeggia un po’ le atmosfere morbose e l’insostenibile tensione psicologica de “Il Cuore Rivelatore” di Edgar Allan Poe. Il film di Hilditch riesce a restituire, con una dose di decorosa e apprezzabile ingegnosità, le intense emozioni (rabbia, disgusto, orrore, repulsione, odio, compassione….) evocate da questa “nerissima” e brillante novella, soprattutto grazie all’ausilio di una solida sceneggiatura e di un cast assolutamente in parte.

La trama di “1922” scorre davanti ai nostri occhi come un rivo di sale sullo sfondo di una ferita aperta. L’ex “Punisher” Thomas Jane si cala, per l’occasione, nei panni dello scaltro e implacabile agricoltore del Nebraska Wilfred James; un uomo risoluto, un autentico “duro” dell’entroterra americana, disposto a tutto pur di contendere alla moglie Arlette (Molly Parker, un’attrice che trovo a dir poco superlativa…) il possesso di un ambito fazzoletto di terra. 

Sulle prime, devo ammetterlo, l’insolita metamorfosi di Jane era riuscita a lasciarmi un po’ perplessa. Il suo esasperato accento del sud mi sembrava vagamente caricaturale, per dirne una; per non parlare del fatto che ho temuto, per un momento, che l’attore stesse realmente cercando di propinarci una sua personalissima versione “Braccio di Ferro” dell’astuto agricoltore James, il protagonista che avevo che avevo imparato a conoscere attraverso le pagine del libro di King.
Eppure vi assicuro che, nel corso del film, ho avuto modo di ricredermi completamente sull’interpretazione di Jane: tempo di arrivare ai titoli di coda, e mi sono ritrovata a fissare lo schermo con gli occhi sgranati e il cuore stretto in una morsa, completamente risucchiata dal dramma al centro della scena e dall’assurda, banale malvagità insita nel suo controverso personaggio.

Le tematiche di “1922”, fortunatamente, sono state trattate con la medesima onestà, lo stesso spirito disincantato, bellicoso e dolente di cui il narratore King, a parer mio, riesce così spesso a farci portavoce. Il film rappresenta un atto d’accusa, una ferma presa di posizione contro il modello patriarcale e i suoi ottusi, materialistici pseudo-valori da due soldi. Il finale, da questo punto di vista, riesce a incarnare un valore esemplare: l’ultima conversazione fra l’allevatore Harlan Cotterie (Neal McDonough) e Wilfred, sul portico di quella casa raggelata dagli interminabili rigori invernali, basterebbe da sola a gettare un’abbagliante alone di luce rivelatrice su quello che rappresenta, a mio avviso, l’autentico e inequivocabile significato di “1922”. 

L’elemento del film che funziona meno, a mio avviso, è semmai proprio il decantato fattore “brividi, fantasmi e terrore”. Alcune scene spaventose si rivelano particolarmente funzionali allo sviluppo della trama, d’accordo (soprattutto dal momento che contribuiscono a definire un’idea appropriata dell’intenso processo di deterioramento morale “subito” dai vari personaggi…); ma la verità è che l’azione di Wilfred rappresenta una colpa così terribile, così atroce e impensabile, da riuscire a far passare completamente in secondo piano qualsiasi possibile risvolto di portata sovrannaturale…


Giudizio personale: 7.0/10

10 commenti:

  1. Racconto e trasposizione cinematografica entrambe ottime. :-)

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  2. L'ho visto e mi è piaciuto moltissimo!
    Buon inizio settimana!
    Un abbraccio!

    Nuovo post sul mio blog! Se ti va ti aspetto da me!
    http://lamammadisophia2016.blogspot.it

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    1. Ciao, Benedetta, grazie per essere passata! ;D
      Un abbraccio anche a te!

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  3. Non conoscevo nè il film nè il racconto, ma l'ho già aggiunto alla mia lista su netflix :D

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  4. Visto ora. E' veramente l'anno di King, un'altra riuscita trasposizione, sì.

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    1. Assolutamente...
      Devo ancora vedere "It", ma mi aspetto grandi cose! ;D

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  5. Ti pregherei di recensire Okja che è un filmetto che (forse) ti potrebbe piacere si trova sun Netflix. Non sará allo stesso livello di King ma potrebbe risultare interessante! :)

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    1. Allora lo guarderò stasera, e prestissimo pubblicherò la recensione! ;D
      Grazie per il consiglio, Amber! ^____^

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