La celebre autrice americana Gillian Flynn e il regista Jean- Marc Vallée ("Big Little Lies") hanno deciso di combinare le forze per portare sui nostri schermi “Sharp Objects”, adattamento in 8 episodi dell’omonimo romanzo della scrittrice di “Gone Girl – L’Amore Bugiardo” e “Dark Places”. Completiamo il pedigree di questa sofisticata a intensa miniserie (perfettamente riconducibile all’affascinante e torbido sottogenere del “southern gothic”) menzionando il fondamentale apporto di Amy Adams, una delle più straordinarie e versatili attrici americane attualmente in circolazione.
In “Sharp Objects”, vediamo la Adams calarsi nel controverso e difficile ruolo di Camille, una giornalista incaricata di tornare nella sua cittadina d’origine per venire a capo di una sconvolgente e macabra catena di omicidi. Stiamo parlando di una donna estremamente provata, badate bene; una persona indipendente, forte e vulnerabile al tempo stesso, tormentata dalle catene di un passato complicato e profondamente segnata (in senso figurato e non...) dagli innumerevoli traumi lasciati in eredità dal malsano e ignobile ambiente rurale dell’entroterra americano in cui le è toccato trascorrere i suoi primi anni di vita.
Ora… a parte il fatto che l’interpretazione della Adams risulta talmente credibile e autentica da farti torcere più volte le budella durante la visione (il dolore del suo personaggio riesce a sfondare lo schermo e a centrarti allo stomaco come se fosse una specie di missile terra-aria calibrato apposta per farti piegare le ginocchia), vorrei invitare tutti voi all’ascolto a riflettere su quanto dannatamente raro sia riuscire a trovare uno show in grado di farti sobbalzare sulla sedia a causa di un’improvvisa scarica di adrenalina, mentre contemporaneamente ti incoraggia a vagliare e a riflettere su tutto quanto di ingiusto, miserabile o anche solo remotamente sbagliato sia avvenuto nella tua vita.
Fantasmi della mente, fantasmi del cuore, fantasmi di un’infanzia che, a volte, richiede un dazio troppo alto, e che quindi si rifiuta di lasciarci andare. Fantasmi “reali”, fantasmi presunti, o fantasmi a metà strada fra i due estremi… la cosa che più ho amato di “Sharp Object”, a dire il vero, è stata proprio questa sua ambiguità, questo suo suggestivo e appagante gioco di specchi e rimandi fra realtà e immaginazione. Il modo in cui Vallée ha deciso di rapportarsi al romanzo originale mi ha conquistato: vale a dire senza mai farci capire veramente se la sua serie possa essere considerata alla stregua di un dramma familiare contorto, girato alla maniera di un film dell’orrore, oppure più come una storia horror diretta alla stregua di una viscerale produzione indipendente.
Se avete visto “Big Little Lies”, probabilmente sarete già in grado di farvi un’idea dello stile autoriale e inconfondibile del regista: ambientazioni torbide, personaggi sfaccettati (e almeno parzialmente sgradevoli), splendido uso dei colori e della colonna sonora, un montaggio schizofrenico… Ma, a voler essere del tutto sinceri, a me “Sharp Object” è piaciuto ancora di più: in parte perché le sue tematiche sono riuscite a toccarmi più da vicino, e in parte perché, assistito finalmente da una sceneggiatura impeccabile e graffiante, il regista è riuscito in questo caso a spogliare completamente la sua serie da quella irritante “patina” da soap opera che contraddistingueva buona parte del suo show precedente.
“Sharp Object”, viceversa, è una serie “sporca” (continua a echeggiare nella mia mente la parola “gritty”, come dicono gli americani...), onesta e cattiva, che non si fa alcuno scrupolo a chiamare le cose col loro nome e a mostrare al suo spettatore, con tanto di dovizia di particolari, il degrado inimmaginabile di una società sempre più marcia e instabile, fatta di conflitti, traumi, amarezze, violenze, ignoranza, pregiudizio, crudeltà, brama di potere e malattia mentale.
E che non esita neppure a rigirare il dito nella piaga e a mettere in bocca ad alcuni dei personaggi secondari una serie di battute assolutamente indimenticabili. In fondo, chi è che paga il prezzo delle nostre debolezze, dei nostri peccati, dei nostri misfatti? Credo sia Jackie a far notare, a un certo punto, il numero sempre più aberrante di ragazze morte che prende a piovere attorno alla povera Camille, sempre più disperata e determinata a proteggere queste giovani anime dalla corruzione che sembra pronta ad avviluppare ogni cosa…
Alcune scene di “Sharp Objects”, non lo negherò, si sono dimostrate alquanto difficili da mandare giù. C’è dello squallore, in questa serie, e una dose più che sufficiente di amarezza e tormento da bastare per una stagione intera. Alcuni spettatori hanno lamentato un’eccessiva pesantezza, oppure si sono limitati a far notare come, a conti fatti, la trama principale abbia continuato a trascinarsi per diverse ore più del dovuto.
Nessuno di questi “difetti” riesce a pregiudicare la qualità della visione, a parer mio, ma riesco sicuramente a capire il punto di vista.
Anche se lo strepitoso finale di questa serie, ragazzi, secondo me vale da solo almeno i tre quarti dei telefilm attualmente in programmazione…
In estrema sintesi: Amy Adams, Jean- Marc Vallée e Gillian Flynn: c'è davvero bisogno di aggiungere altro? Se non l'avete ancora vista, correte immediatamente a recuperare questa inquietante e magistrale miniserie targata HBO...
Purtroppo, faccio parte dei pochi che non l'hanno apprezzato. Tutti bravi (anzi, tutte), tutto curatissimo, ma c'era poco materiale per otto ore di visione. E quello squallore, quell'apatia, quella lentezza, mi hanno messo addosso solo infinita tristezza; nessun brivido.
RispondiEliminaComprendo il tuo punto di vista, Mik, anche se mi spiace molto che non ti sia piaciuto! :(
EliminaPerò penso che di materiale ce ne fosse a sufficienza; non abbastanza da dar vita a un ingarbugliato thriller in senso stretto, magari (e infatti avevo indovinato il nome del killer già alla fine della terza puntata), ma sicuramente spunti e argomenti importanti in abbondanza, soprattutto da un punto di vista psicologico, politico e sociale...
È una serie che mi ha sempre ispirata poco, tant'è che non l'ho mai iniziata, complice anche l'antipatia che mi fa a pelle Amy Adams :( nonostante la tua recensione non credo che la guarderò ^^;
RispondiEliminaDavvero non ti piace molto Amy Adams? Che strano... Io la trovo meravigliosa: una delle poche attrici al mondo capace di interpretare qualsiasi ruolo possibile e immaginabile con il massimo grado di grazia, professionalità e naturalezza, peraltro senza dover ricorrere a strani interventi chirurgici, diete affamanti o altri "mezzucci" di questo tipo per cercare di imbonirsi il pubblico... XD
EliminaMa non credo che dovresti iniziare la serie, se non la sopporti molto: è indubbiamente lei l'astro radioso di "Sharp Objects", e infatti il suo personaggio compare in ogni singola scena, o quasi! :D
Anche se ho adorato Gone Girl (stessa scrittice) e Big Little Lies (stesso regista) non ero tanto interessata a questa serie. Puoi ho letto un'altra blogger parlare bene di Amy Adams e dato che lei la odia ho deciso di iniziarla. Beh, non me ne sono affatto pentita. Senza ombra di dubbio è la miglior serie dell'anno. Delle scene sono un po' forti, e ci sono cose difficili da mandar giù, però ne ho amato ogni secondo.
RispondiEliminaSono d'accordissimo con te, Sonia: non è una serie particolarmente "leggera", questo è poco ma sicuro, ma da un punto di vista tematico è ricchissima, e per di più anche l'estetica è curata ai massimi livelli...
EliminaSeguo (e ammiro) Amy Adams fin dai tempi di "Come d'incanto": onestamente l'ho sempre trovata bravissima, brillante e preparata, ma in questo caso mi sembra che sia addirittura riuscita a superare se stessa... un'impresa non da poco, insomma! ^____^