lunedì 15 giugno 2020

Recensione: "The Mermaid, The Witch and the Sea" di Maggie Tokuda-Hall



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"A bordo della nave pirata Dove, una ragazza di nome Flora assume l'identità di un uomo chiamato Florian per riuscire a guadagnarsi il rispetto e la protezione del resto della ciurma. Per Flora, ex orfana di strada perennemente alla mercé dei pericoli del ghetto, la brutale vita di un pirata rappresenta l'unico mezzo di sopravvivenza. Il suo motto è "non fidarti, non legarti, e non provare sentimenti". Ma nel corso di quest'ultimo viaggio, mentre i pirati si preparano a vendere il loro ultimo carico di benestanti passeggeri al mercato degli schiavi, Flora comincia a sentirsi attratta da Lady Evelyn Hasegawa, che si è imbarcata contro la sua volontà per portare a compimento il matrimonio combinato che i suoi genitori hanno programmato per lei. 
Flora non si aspetta di finire sotto l'ala protettiva di Evelyn, e Evelyn non si aspetta di cominciare a sviluppare un legame così intenso con il pirata Florian... Presto la strana coppia metterà in moto una catena di eventi che la porterà a salvare una sirena in catene (bramata per il suo sangue, che causa agli uomini straordinarie visioni e la perdita di ricordi sconvenienti) e a coinvolgere nei loro disperati piani di fuga il misterioso Pirata Supremo, una strega opportunista e il Mare stesso..."



"The Mermaid, the Witch and the Sea" è uno YA fantasy autoconclusivo scritto dall'autrice Maggie Tokuda-Hall.
Per quanto promettente la sinossi possa sembrare, devo confessare di non averlo amato poi molto... Fra poco cercherò di scendere nel dettaglio, ma la versione breve è che ho avuto l'impressione di trovarmi alle prese con un libro per bambini di otto anni infarcito di tematiche forti (colonialismo, guerra, violenza sessuale identità di genere, e chi più ha, più ne metta...) trattate senza alcun tipo di filtro, grazia o profondità.

Il punto è che mi aspettavo di trovarmi alle prese con una lettura leggera, divertente e piacevole OPPURE con un romanzo più serio munito di personaggi plausibili e di una trama vagamente sofisticata... Invece mi sono ritrovata a sbadigliare dietro le pagine di una storia dalla trama banale e dal messaggio forzato, un'opera completamente priva di world building, sistema magico o introspezione psicologica.
La tendenza moraleggiante e "didattica" dell'autrice, da questo punto di vista, non contribuisce certo a risollevare la situazione... soprattutto dal momento che le sue protagoniste difficilmente potrebbero candidarsi al Premio Nobel 2020 per l'Altruismo e la Sensibilità.

L'intreccio e il ritmo di "The Mermaid, the Witch and the Sea", dal mio umile punto di vista, risultano completamente scombinati.
La centralissima storia d'amore si basa su un instalove completamente imposto dall'alto (dal momento che Evelyn e Flora non dimostrano di avere il benché minimo grado di affinità) e gli eventi si avvicendano in maniera molto fluida e caotica, apparentemente senza alcun nesso di causa-effetto.
Le prime 80 pagine del libro scorrono in maniera piacevole e riescono a catturare l'attenzione, questo è certo. Mi sono piaciuti anche i racconti della strega, delle brevi fiabe a sfondo mistico-naturale che nel complesso non sono hanno assolutamente niente a che fare con la trama o i personaggi.
Peccato che il resto di "The Mermaid, the Witch and the Sea" tenda a somigliare più che altro al lungo, terrificante strascico di una giornata trascorsa sotto il sole accecante di metà estate. Nel senso che potrebbe facilmente finire col provocare emicrania, prurito alla nuca e quel caratteristico senso di soffocamento che ti prende alla gola quando scopri che il tuo migliore amico ha intenzione di sposarsi all'aperto nel cuore di agosto, e tu sai di non avere la benché minima possibilità di scamparla.. .

Su Evelyn non mi soffermo a dire niente, perché in pratica è soltanto un love interest il cui POV viene buttato lì per riempire un po' di pagine.
Per tutto il tempo sentiamo tessere le sue lodi in maniera sperticata (Evelyn è bellissima, generosissima, modestissima, simpaticissima, adorabilissima e bla, bla,bla) senza che per tutto il libro ci capiti mai di assistere a un effettivo atto di gentilezza da parte sua o di leggere una sua linea di dialogo anche solo remotamente brillante.
Sospetto del resto che la Tokuda-Hall abbia scritto questo libro soprattutto perché ci teneva molto a far capire al pubblico cosa significhi sviluppare un'identità di genere di tipo non binario. Se è così - mi dispiace dirlo- ma ha fallito anche in questo.
Perché la verità è che sono uscita dalla lettura di "The Mermaid, the Witch and the Sea" ancora più confusa e smarrita di prima in merito all'argomento.

Forse perché l'arco narrativo/viaggio di scoperta di Flora/Florian non è riuscito a convincermi del tutto.Voglio dire, in fondo stiamo parlando di un'orfana che, in tenerissima età, viene strappata dalla strada e portata a bordo di una nave pirata.
Flora non aveva mai messo in dubbio la propria identità prima; ma dal momento che gli spietati energumeni che dettano legge sul vascello la violenterebbero un giorno sì e l'altro pure se sospettassero di avere una ragazza nella cuccetta in fondo alla loro, il nostromo le ordina di travestirsi da ragazzo e di cominciare a farsi chiamare "Florian".
Ora, nel corso del libro la Tokuda-Hall si sofferma a sottolineare in più di un caso l'estrema difficoltà di Flora nel portare avanti questa "recita" (che, ribadisco, le è stata completamente imposta dall'esterno e non è nata da alcun dubbio di natura personale circa il proprio genere di appartenenza). Per anni, Flora viene costretta dai pirati ad alterare il timbro della sua voce, a modificare il suo modo di parlare e a imitare la camminata degli uomini che la circondano. Tutte cose che apprende con fatica, che la fanno sentire a disagio e che non le vengono affatto naturali. Il tutto sempre nel timore di venire smascherata, sempre nel terrore incondizionato di poter andare incontro a qualche terribile violenza. Il che mi fa sospettare (ma giusto un pochino, eh?) che alla base dei suoi dubbi circa il proprio "vero" genere di appartenenza potrebbe anche nascondersi un trauma, e pure uno di quelli belli grossi, quanto a questo.

Dopo tutta una serie di peripezie, si da il caso che la nostra co-protagonista finisca per ritrovare la libertà.
Sennonché, dopo anni e anni passati a interpretare il ruolo di un marinaio di sesso maschile, Flora/Florian capisce di non riuscire a scegliere una sola delle sue identità, perché ormai entrambe fanno parte di lei/lui, e per tornare intera/intero bisogna imparare ad accettarle tutte e due.
Il che mi starebbe più che bene, se non fosse che a un certo punto l'autrice se ne esce a sostenere il seguente concetto: da questo momento in avanti, ogni volta che avrà bisogno di sentirsi forte, inaccessibile e coraggioso/a, lui/lei sceglierà di farsi chiamare "Florian"; ogni volta che avrà bisogno di mostrare sensibilità e empatia nei confronti del prossimo, lui/lei tornerà invece a essere "Flora".

???

Magari non sono riuscita ad afferrare bene il punto, ma la verità è che se la mettiamo in questi termini, a me sembra quasi che sia la Tokuda-Hall ad avere sviluppato un concetto alquanto limitato dei concetti di mascolinità e femminilità.
Ma tipo che mia nonna ha delle idee molto più moderne al riguardo, dal momento che di sicuro non avrebbe nulla da ridire a proposito di una donna temeraria o di un uomo che si mostra partecipe dei dolori altrui... Di sicuro non comincerebbe a mettere in dubbio la loro identità o a farli sentire inadeguati.
Non sto facendo delle infide insinuazioni a favore di J. K. Rowling e delle sue abominevoli sparate vigliacche sui social, badate bene. Quello della fluidità di genere potrà anche essere un argomento che non comprendo (ancora) del tutto, ma nutro il massimo rispetto nei confronti delle scelte di persone costretta a lottare ogni giorno con le unghie e con i denti per riuscire a trovare il proprio posto in un mondo infettato da un'ondata di bigottismo e pregiudizio dopo l'altra.

Dico solo che la rappresentazione messa in scena dalla Takuda-Hall in questo libro mi è sembrata più controproducente che altro: se proprio devi trattare una tematica in maniera forzata e completamente priva di attinenza con il resto della tua trama, per amore della Sacra Madre Terra, cerca almeno di farlo in maniera accurata...
Altrimenti, a fine giornata la cara, vecchia J. K. avrà anche fatto l'ennesima figura meschina, ma sarà ancora una volta una scrittrice dieci volte migliore di te.
Fra parentesi, mi stupirebbe molto venire a sapere che la Takuda-Hall si sia degnata di leggere anche un solo libro fantasy nel corso degli ultimi dieci anni.
Ed ecco perché mi vedo costretta a bocciare in pieno "The Mermaid, the Witch and the Sea": la prossima volta, Maggie, ti prego... Cerca di fare i tuoi compiti a casa, almeno una volta ogni tanto. 
Ti auguro ogni bene e farò ancora il tifo per te, ma per ora il tuo libro rappresenta di gran lunga la mia peggiore lettura del 2020.


Giudizio personale:
2.5/10



4 commenti:

  1. Peccato, il titolo e trama sembravano anche interessanti. Sembra più chiara la tua recensione che il libro stesso.
    Non si possono affrontare certe tematiche tanto per, perché sono di moda, senza una vera comprensione. Porti ancora più confusione nel lettore, soprattutto se giovane, che ti crede.

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    1. Infatti! Secondo me l'idea era valida, ma l'autrice aveva le idee un po' confuse fin dal principio: infatti non sono riuscita a capire quali fossero le sue intenzioni neanche dal semplice punto di vista del genere di libro (avventura? Fiaba? Commedia? Romance? Drammatico?) che si proponeva di realizzare, figuriamoci a far luce su tematiche delicate e complesse come quella della fluidità di genere! :(
      PS: grazie mille per essere passata a leggere la recensione! ^____^

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  2. Peccato, poteva essere un libro interessante. Credo proprio che ne starò alla larga, e in caso cercherò altri titoli sulla fluidità di genere. O rileggerò Il principe e la sarta.

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    1. Uh, io "Il Principe e la Sarta" devo assolutamente riuscire a recuperarlo! Sembra dolcissimo! *____*

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