lunedì 8 giugno 2020

Recensione: "La Città di Ottone", di S. A. Chakraborty


Attenzione: la seguente recensione fa riferimento all'edizione originale in lingua inglese del libro!

Mondadori - the city of brass - libri fantasy ambientati nel deserto

Daevabad Trilogy, Vol. 1

Potete acquistarlo QUI in italiano

"Egitto, XVIII secolo. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un'abile guaritrice e di saper condurre l'antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori. Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all'interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L'arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli."


"La Città di Ottone" è il primo libro della trilogia fantasy "Daevabad", scritta dall'autrice S. A. Chakraborty.
Un paio di mesi fa abbiamo parlato del fatto che Edgar Wright e Joe Cornish proveranno a produrre un adattamento televisivo del romanzo da distribuire su Netflix. Vi ricordo anche che la traduzione italiana dovrebbe esordire nelle nostre librerie il prossimo 16 giugno, a opera della casa editrice Mondadori.

E...
Non so: una parte di me comincia a sospettare di aver voluto cominciare la recensione de "La Città di Ottone" con un mucchio di dettagli tecnici perché in realtà questo libro mi ha lasciato abbastanza indifferente, per lo meno dal punto di vista emotivo.
Mi dispiace anche un sacco doverlo ammettere, fra parentesi, dal momento che l'idea alla base dell'ambientazione è brillante e nutro senz'altro un grande senso di rispetto nei confronti del desiderio dell'autrice di regalare ai lettori un world building basato su un contesto culturale completamente diverso dal nostro.

Ciò premesso, mentirei se affermassi di aver trovato "La Città di Ottone" notevole sotto un qualsiasi altro aspetto. La trama è quella di un qualsiasi YA fantasy moderno, e difatti continuo a non capire perché la gente si ostini a definirlo un libro per adulti.
I personaggi mi sono sembrati relativamente credibili; dico "relativamente" perché, per essere una città popolata da ultracententenari jinn dotati di fenomenali poteri cosmici, alla fine Daevabad mi è parsa per lo più abitata da personaggi in preda a desideri e ambizioni prettamente terreni... Con un paio di picchi adolescenziali non indifferenti, soprattutto in relazione ai tre vertici del triangolo Nahri-Dara-Ali.
La protagonista de "La Città Segreta" è la figlia segreta di Lila Bard e una qualsiasi Mary-Sue da libricino, e gli eroi maschili sono evidentemente stati modellati sul classico stampo "bel tenebroso tormentato da un tragico passato vs migliore amico serio e responsabile che-a-te-ci-tiene-per-davvero."
Non esistono personaggi femminili al di fuori della protagonista, anche se presumo - spero - che questa situazione possa poi andare a migliorare nel corso dei volumi successivi.

Sospetto comunque che molti di voi riusciranno ad apprezzare questo romanzo in modi che a me sono completamente sfuggiti.
L'ambiguità morale dei jinn (e in fondo, di Nahri stessa...) mi ha piacevolmente sorpreso, questo sì. All'interno de "La Città di Ottone" è difficile trovare un vero "cattivo", così come risulta praticamente impossibile individuare un personaggio che non ti faccia saltare la mosca al naso per almeno un milione di ragioni diverse. Tutti hanno le loro ragioni per comportarsi da bastardi figli di buona donna, e apprezzo il fatto che la Chakraborty non sia sentita in dovere di chiedere scusa per nessuna delle loro mancanze e dei loro difetti.

Ciò non toglie che la lettura de "La Città di Ottone" mi abbia fatto sbadigliare come se l'insonnia di cui non ho mai sofferto fosse diventata d'un tratto la più cara e dolce amica.
Sicuramente sarò stata una delle poche al mondo a pensarla così. Ma per me, ad esempio, le particolareggiate, incessanti descrizioni di gioielli e capi di vestiario vari ed eventuali si sono rivelate estremamente monotone, e anche poco significative dal punto di vista comunicativo (nel senso che riuscire a immaginare nei minimi dettagli la sfumatura turchese di questo o quel diadema non mi ha minimamente aiutato a entrare in sintonia con la psicologia di nessuno).

L' inclinazione smodata a riversarci addosso una spropositata dose di infodump nei momenti più assurdi mi ha fatto precipitare nell'apatia totale. Per di più anche le prolisse sequenze descrittive di ambienti e utensili assortiti mi sono sembrate ripetitive, ridondanti, esagerate. Non so se procedere per accumulo possa mai rivelarsi una tecnica vincente; suppongo che la Chakraborty abbia cercato in ogni modo di lanciare un incantesimo immersivo sui suoi lettori, ma le sue scelte stilistiche, su di me, hanno finito piuttosto per esercitare l'effetto contrario.
E in fondo anche il fatto che la trama completa de "La Città di Ottone" - un bel romanzone di 500 pagine e passa - possa praticamente riassumersi in tre paragrafi scarsi di sinossi la dice lunga sul ritmo che la Chakborty ha ritenuto opportuno impartire alla sua narrazione, o almeno questa è l'impressione che ne ho avuto io...

Leggerò i sequel, quindi?
Mmm... Difficile a dirsi.
Forse si. Probabilmente no. Di sicuro non mi precipiterò domani a ordinare "Kingdom of Copper".
Come sempre, amici lettori, aspetto di scoprire la vostra opinione nei commenti! ^^


Giudizio personale:
5.5/10




6 commenti:

  1. Da un lato mi dispiace, perché il libro mi interessa e avrei voluto una recensione positiva. Dall'altro, è possibile che abbassando le aspettative abbia più possibilità di piacermi... ma di sicuro non farò i salti mortali per leggerlo in tempi brevi.

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    1. Io spero che possa piacerti almeno un po', Kate! Non è un libro terribile... Basta non aspettarsi uno YA rivoluzionario (o anche solo particolarmente originale...) e il gioco è fatto! ^____^

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  2. Devo ancora terminarlo, ma in sostanza la mia opinione al momento è abbastanza simile. Tutte le descrizioni iniziali più che affascinarmi mi hanno confusa e annoiato, l'uso di termini arabi, spesso senza un minimo di spiegazione, non ne parliamo xD

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    1. Nel frattempo immagino che tu l'abbia terminato, Giusy! ^____^
      A me il finale non è dispiaciuto: anzi, sospetto che nel complesso sia stata la mia parte preferita del libro! XD
      Però hai ragione, l'uso di tutti quei termini arabi ha stordito abbastanza anche me, ahahaha! :D

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  3. Concordo in pieno, peccato perché mi ispirava molto dalla trama, sembrava un libro diverso dal solito e invece delusione totale

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    1. In quanto a originalità non si può negare che lasci parecchio a desiderare, effettivamente! Ci sono rimasta male anch'io! :(
      Non confido particolarmente neanche nei sequel (purtroppo), ma immagino che staremo a vedere! Mai perdere la speranza! ^____^

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