mercoledì 18 novembre 2020

Recensione: "Lovecraft Country - La Terra dei Demoni", di Matt Ruff

 


Potete comprarlo QUI in italiano

"Chicago, 1954. Quando suo padre scompare, dopo aver lasciato un biglietto spiegando dove avrebbero potuto trovarlo, Atticus Turner, ventiduenne afroamericano veterano della guerra in Corea, intraprende un viaggio nel New England, quella parte di America "bianca" dove se sei nero è meglio non mettere piede. Con Atticus c'è l'amato zio George e l'amica d'infanzia Letitia. Durante il viaggio verso la tenuta del signor Braithwhite, proprietario di un castello dove un'antenata di Atticus aveva vissuto come schiava, si imbattono in quelli che sembrano gli spiriti malvagi usciti dalle strane storie che lo zio George ama tanto. Un viaggio nell'America della segregazione razziale che si trasforma ben presto in una lotta per la sopravvivenza, tra episodi di razzismo e la minaccia di creature spaventose. Una volta giunti alla tenuta, Atticus trova suo padre incatenato, prigioniero di una loggia segreta chiamata Ordine dell'Antica Alba, capitanata da Samuel Braithwhite e suo figlio Caleb, e radunata per orchestrare un rituale che in realtà prevede proprio Atticus come protagonista, l'ultimo discendente della famiglia Turner. Ma perché Braithwhite e i membri dell'Ordine vogliono porre fine alla discendenza dei Turner?"


Lovecraft Country” è un libro horror/pulp di Matt Ruff, uscito in traduzione per la Piemme lo scorso ottobre, in coincidenza con il debutto dell’omonima serie tv su Sky Atlantic.

La struttura è un po’ particolare, nel senso che il libro si compone effettivamente di diversi “racconti”: ogni capitolo di “Lovecraft Country” segue, infatti, il punto di vista di un diverso personaggio, legato gli altri da uno stretto legame di amicizia o parentela. Attraverso questo tipo di narrazione (che potremmo tranquillamente definire “corale”), la trama principale viene portata avanti in maniera fluida e dinamica; ogni sottotrama, infatti, non fa che ampliare l’universo magico al centro del plot e approfondire un diverso aspetto di quella che può essere considerata, a tutti gli effetti, soltanto come un’unica, rocambolesca storia a tema “lovecraftiano”.

Lovecraft Country” narra, in estrema sintesi, le intricate peripezie di una grande “famiglia allargata”, uno straordinario cast di personaggi appartenenti alla comunità nera di Chicago, nel bel mezzo dei tumultuosi anni Cinquanta. Tutto ha inizio quando il giovane Atticus, ex veterano di guerra appassionato di romanzi di fantascienza, scopre che il padre Montrose è scomparso nel nulla. A sentire un testimone, l’uomo si è allontanato di sua spontanea volontà, in compagnia di un riccone bianco di cui Atticus non ha mai sentito parlare. Una circostanza che gli sembra quanto mai improbabile, considerando: a) le ignobili leggi imposte dalla segregazione razziale, all’epoca ancora in vigore in molti Stati USA; b) la quasi inesistente inclinazione di Montrose a fidarsi dei benestanti figli di papà dalla parlantina sciolta e i macchinoni sbrilluccicanti.

Atticus non perde tempo: dopo aver reclutato l’affidabile zio George e l’indomita Letitia, una sua amica convinta di poter aprire un canale di comunicazione privilegiato con il mondo del Signore e dei suoi emissari, il giovane monta in auto e si lancia sulla scia di suo padre. Peccato che, per raggiungere Montrose, il nostro impavido terzetto di eroi sia costretto ad attraversare il Sud degli Stati Uniti, sfidando a ogni passo i pregiudizi di una comunità ottusa e violenta, e imbattendosi in ogni sorta di bifolco, mostro e poliziotto corrotto attraverso il percorso…

Vi dirò, “Lovecraft Country” è un libro che mi ha sorpreso moltissimo! Considerando la sinossi e il trailer della serie HBO, mi aspettavo di trovarmi alle prese con un romanzo dai risvolti cupi, drammatici, spaventosissimi; l’ironia pungente di Matt Ruff mi ha preso in contropiede ma, per una volta – devo ammetterlo – si è trattato di un colpo di scena tutt’altro che negativo. L’autore è riuscito a evocare il quadro di un’America brutale e disumana praticamente alla perfezione, non fraintendetemi; alcuni degli episodi riportati in questo libro mi hanno spezzato l’anima, perché, davvero: l’odio razziale è il mostro più rivoltante e letale che l’umanità sia mai riuscita a produrre, altro che Cthulhu, Satana e compagnia bella…

I protagonisti dell’opera di Ruff sono una forza della natura, però. Vi assicuro che la loro grinta, la loro umanità e il loro irresistibile senso dell’umorismo rendono la lettura di questo libro un’esperienza elettrizzante e assolutamente unica nel suo genere.  Le donne di “Lovecraft Country”, in modo particolare, vi conquisteranno al primo sguardo; probabilmente non riuscirei a scegliere la mia preferita neanche sotto minaccia di tortura, dal momento che Letitia, Ruby e Hyppolita riescono a rubare la scena ai loro “colleghi” maschi praticamente in ogni momento, senza neanche bisogno di sforzarsi.

Ho adorato anche il villain principale di “Lovecfrat Country”, e questa è stata sicuramente un’altra sorpresa. La caratterizzazione di Caleb Braithwaite è perfetta; se amate la figura del trickster, gli ambigui malandrini in stile Loki, scommetto che farete fatica a non cadere preda del suo fascino.

Cosa non ho amato, in definitiva, di “Lovecraft Country”? Sicuramente, la sbrigatività frettolosa di alcuni snodi narrativi essenziali, soprattutto nel corso del racconto conclusivo. Le descrizioni stringate e mono-sensoriali, nonché la tendenza a ricorrere a una serie di salaci battute (in perfetto stile botta-e-risposta) anziché privilegiare una narrazione tesa e immersiva. Ultimo punto dolente - secondo me - l'assoluta incapacità di gestire l’elemento sovrannaturale in maniera coerente e dettagliata.


Giudizio personale:
8.0/10



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