domenica 23 aprile 2017

Recensione: "American Gods", di Neil Gaiman

Buona domenica, amici! ^______^

Eccomi qui di ritorno, pronta a parlare di un libro che sicuramente molti di voi avranno letto: il densissimo ed eccentrico “American Gods” di Neil Gaiman




Come indubbiamente saprete, “American Gods” è uno dei più celebri e popolari esponenti del sottogenere urban fantasy; se il pittoresco e avventuroso regno del fantastico è il luogo in cui scegliete di recarvi ogni volta che accettate di sfogliare le pagine di un libro e lasciarvi trascinare in qualche mistica avventura sovrannaturale, prima o poi vi ritroverete senz’altro a considerare l’idea di buttarvi su questo ricco e promettente romanzone.

Be’, mettiamo subito le cose in chiaro: dal mio punto di vista personale, si è trattato di una lettura insolitamente lunga, intensa, logorante e, sotto certi aspetti, perfino faticosa.
La “colpa” non è tutta del romanzo, intendiamoci: la verità è che, nell’arco di una manciata di settimane, mi sono ritrovata oberata di lavoro, preoccupatissima per la salute di uno dei miei cagnolini (il maschietto, che si è procurato un danno non indifferente a entrambe le zampette posteriori…) e nuovamente alle prese con le molte gioie e i numerosi dolori che da sempre contraddistinguono la vita di qualsiasi giovane donna single  (il che, per carità, è stato il prodotto di una mia liberissima scelta, e non intendo assolutamente lamentarmene… ma non credo possiate negare che abituarsi, all’inizio, possa essere un’operazione un po’ delicata e stordente).

E…. Non so, credo che ve ne siate accorti anche voi: in tutto questo rutilante guazzabuglio di cose da fare, commissioni da sbrigare, emozioni da identificare e decisioni da prendere, immagino di aver perso di vista il “Laumes’Journey” e l’intero, sterminato elenco dei miei (peraltro irragionevolissimi) propositi di lettura per l’anno 2017.
Per arrivare a voltare l’ultima pagina di “American Gods”, ho impiegato 3 settimane e mezzo: un arco temporale ridicolmente lungo, considerando la lunghezza medio-elevata del romanzo.
Posso, se non altro, considerarmi soddisfatta all’idea di essere riuscita a finirlo in tempo per il debutto del primo episodio della serie tv, in arrivo la prossima settimana sul servizio streaming Amazon Prime Video.

Cosa posso dire?
Leggere “American Gods” si è rivelata senz’altro un’esperienza interessante, inedita e stimolante. In tutta coscienza, non affermerò di aver amato il libro in maniera viscerale; mentirei se non mi prendessi la briga di specificare, ad esempio, il fatto di aver trovato alcune particolari sequenze del libro di una prolissità e un tedio sconvolgenti.
Gaiman è un Autore con la maiuscola, e può vantare un’immaginazione fervida, lussureggiante e stimolante; una virtù in grado di sconfinare in una forma di visionarietà della qualità più suggestiva e affascinante.
Alcune pagine di “American Gods” sono in grado di evocare emozioni così delicate e struggenti da far salire le lacrime agli occhi; e lo intendo nel senso più letterale e prosaico dell’espressione.

Ho apprezzato moltissimo il personaggio di Shadow, il protagonista del romanzo, con la sua evoluzione e i suoi numerosi conflitti, e ho provato meraviglia, incanto e tenerezza al cospetto del resoconto del suo triste e complicatissimo rapporto con Laura, l’amata moglie defunta.
Di tutte le eccentriche, stravaganti e originalissime divinità presentate all’interno del romanzo, invece, ho amato soprattutto Anansi, quel misterioso “signor Nancy” dai guanti gialli e il sorriso sornione; mentre sono rimasta irrimediabilmente delusa dalla maggior parte delle dee (o delle figure femminili, in generale…) introdotte nel libro. 
Una manica di madonne e/o ninfomani dalla libido esagerata e dal cervello ottuso, che tende a ruotare passivamente intorno alla figura del protagonista, oppure a incarnare (in nove casi e mezzo su dieci) nulla di particolarmente più complicato del desiderio sessuale maschile, che si abbia la compiacenza di rispondere al nome di Easter, Bast o Bilquis.

Ma a disturbarmi di più, a conti fatti, è stata l’estrema frammentarietà della narrazione, spezzettata e depotenziata a causa dell’abnorme numero di digressioni inserite a casaccio fra un capitolo e l’altro, o persino nel bel mezzo di un paragrafo e l’altro.
La coerenza non è esattamente il piatto forte del racconto, e “American Gods” tradisce l’infernale predisposizione di Gaiman per il caos, la divagazione e la dispersione narrativa ancora più efficacemente di qualsiasi altro suo libro io abbia letto finora.
Il risultato finale, dal mio punto di vista, denota un’assenza di direzione (e di intenzione) abbastanza vistosa e controproducente; una sorta di smarrimento esistenziale che non riesce, a conti fatti, a dimostrare una forza sufficiente a tenere insieme le singole parti.

Proprio per questo motivo, il romanzo tende, secondo me, a funzionare soltanto a sprazzi, o “a singhiozzo”, per così dire.
Nel complesso, quindi, sono contenta di averlo letto; intendo però essere del tutto onesta nei vostri confronti, e ammettere la verità nuda e cruda: mi sento addirittura sollevata all’idea di averlo terminato, e non credo proprio che mi soffermerei a rileggerlo per nulla al mondo.


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11 commenti:

  1. Confermi, qui e lì, i miei dubbi.
    Vorrei leggerlo, ma...

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    1. Magari prova a dare prima un'occhiata alla serie tv! :D
      Se ricordo bene, il fantasy non è proprio il tuo genere... quindi potresti trovare il libro particolarmente ostico, temo!

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  2. Uhm, sono indecisa. Immagino che i libri di Gaiman (purtroppo non ne ho mai letto uno) siano quei tipi di libri su cui buttarsi senza leggere la trama perché così, dalla sinossi, non dicono granché.
    Mi sa che prima mi guardo la serie tv e, nel caso in cui dovesse piacermi, mi leggo il libro :)

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    1. Infatti, Giusy! :D
      Di Gaiman, ho amato molto "Coraline" e (in parte) "Il Cimitero Senza Lapidi"; credo insomma di preferire i suoi libri per ragazzi, ma nel complesso stiamo parlando di un autore moooolto particolare! Vale senz'altro la pena fare un tentativo, prima o poi, in ogni caso! ;D

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    2. Un tentativo sicuramente lo farò, forse proprio con Coraline, che mi ispira molto di più *_*

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  3. Per adesso passo. Ma chissà..magari più in là...
    Un abbraccio :)

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    1. E' senz'altro un libro "imponente", Angela: come tale, a tratti può un po'intimorire... ma se ami il fantasy, prima o poi devi assolutamente provare a buttarci un'occhiata! ;D
      Un abbraccio grande anche a te, e grazie per essere passata! <3

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  4. Io Gaiman lo adoro e di American Gods ho apprezzato tantissimo l'idea di base on the road con tutte queste divinità dimenticate.
    Però concordo che la linearità e diciamo il momento in cui tutte le trame ed i personaggi dovrebbero andare a convergere non è proprio il massimo.

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    1. Infatti: come struttura e coordinazione dei vari archi narrativi, purtroppo "American Gods" non mi è sembrato proprio il massimo...
      Concordo con te sul "fattore genialità" della trama generale, naturalmente. E non demordo: continuerò a leggere Gaiman perché lo trovo un autore creativo e interessante, anche se non sempre i suoi libri riescono a coinvolgermi nel modo in cui avrei sperato...

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  5. A me American Gods era piaciuto molto, però concordo con te sul fatto che alcune parti siano piuttosto dispersive, forse anche confusionarie...
    Ps. Spero che il tuo cagnolino stia meglio!

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    1. Grazie, Giada! <3
      Il mio piccoletto sta molto meglio, grazie agli antidolorifici e alla nuova cura. Purtroppo, avrà bisogno di un lungo periodo di convalescenza, e anche di stabilire delle nuove abitudini quotidiane, per riuscire a ristabilirsi del tutto... Fortuna che abbiamo dalla nostra parte un ottimo veterinario, e tantissimo affetto da riversare sul nostro amato "cucciolo" Whisky! ;D

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