Buona domenica, amici! ^______^
Eccomi qui
di ritorno, pronta a parlare di un libro che sicuramente molti di voi avranno
letto: il densissimo ed eccentrico “American Gods” di Neil Gaiman…
Come
indubbiamente saprete, “American Gods” è uno dei più celebri e popolari
esponenti del sottogenere urban fantasy;
se il pittoresco e avventuroso regno del fantastico è il luogo in cui scegliete
di recarvi ogni volta che accettate di sfogliare le pagine di un libro e
lasciarvi trascinare in qualche mistica avventura sovrannaturale, prima o poi
vi ritroverete senz’altro a considerare l’idea di buttarvi su questo ricco e
promettente romanzone.
Be’, mettiamo
subito le cose in chiaro: dal mio punto di vista personale, si è trattato di
una lettura insolitamente lunga, intensa, logorante e, sotto certi aspetti,
perfino faticosa.
La “colpa”
non è tutta del romanzo, intendiamoci: la verità è che, nell’arco di una
manciata di settimane, mi sono ritrovata oberata di lavoro, preoccupatissima
per la salute di uno dei miei cagnolini (il maschietto, che si è procurato un
danno non indifferente a entrambe le zampette posteriori…) e nuovamente alle
prese con le molte gioie e i numerosi dolori che da sempre contraddistinguono
la vita di qualsiasi giovane donna single
(il che, per carità, è stato il prodotto di una mia liberissima scelta,
e non intendo assolutamente lamentarmene… ma non credo possiate negare che
abituarsi, all’inizio, possa essere un’operazione un po’ delicata e stordente).
E…. Non so,
credo che ve ne siate accorti anche voi: in tutto questo rutilante guazzabuglio
di cose da fare, commissioni da sbrigare, emozioni da identificare e decisioni
da prendere, immagino di aver perso di vista il “Laumes’Journey” e l’intero,
sterminato elenco dei miei (peraltro irragionevolissimi) propositi di lettura per l’anno 2017.
Per arrivare
a voltare l’ultima pagina di “American Gods”, ho impiegato 3 settimane e mezzo: un arco temporale ridicolmente
lungo, considerando la lunghezza medio-elevata del romanzo.
Posso, se
non altro, considerarmi soddisfatta all’idea di essere riuscita a finirlo in
tempo per il debutto del primo episodio della serie tv, in arrivo la prossima settimana sul servizio streaming Amazon Prime Video.
Cosa posso
dire?
Leggere “American Gods” si è rivelata senz’altro
un’esperienza interessante, inedita e stimolante. In tutta coscienza, non
affermerò di aver amato il libro in maniera viscerale; mentirei se non mi prendessi
la briga di specificare, ad esempio, il fatto di aver trovato alcune
particolari sequenze del libro di una prolissità e un tedio sconvolgenti.
Gaiman è un Autore
con la maiuscola, e può vantare un’immaginazione fervida, lussureggiante e
stimolante; una virtù in grado di sconfinare in una forma di visionarietà della
qualità più suggestiva e affascinante.
Alcune
pagine di “American Gods” sono in
grado di evocare emozioni così delicate e struggenti da far salire le lacrime
agli occhi; e lo intendo nel senso più letterale e prosaico dell’espressione.
Ho apprezzato
moltissimo il personaggio di Shadow,
il protagonista del romanzo, con la sua evoluzione e i suoi numerosi conflitti, e
ho provato meraviglia, incanto e tenerezza al cospetto del resoconto del suo
triste e complicatissimo rapporto con Laura, l’amata moglie defunta.
Di tutte le
eccentriche, stravaganti e originalissime divinità presentate all’interno del
romanzo, invece, ho amato soprattutto Anansi,
quel misterioso “signor Nancy” dai guanti gialli e il sorriso sornione; mentre
sono rimasta irrimediabilmente delusa dalla maggior parte delle dee (o delle
figure femminili, in generale…) introdotte nel libro.
Una manica di madonne e/o
ninfomani dalla libido esagerata e dal cervello ottuso, che tende a ruotare
passivamente intorno alla figura del protagonista, oppure a incarnare (in nove
casi e mezzo su dieci) nulla di particolarmente più complicato del desiderio
sessuale maschile, che si abbia la compiacenza di rispondere al nome di Easter, Bast o Bilquis.
Ma a
disturbarmi di più, a conti fatti, è stata l’estrema
frammentarietà della narrazione, spezzettata e depotenziata a causa dell’abnorme numero di digressioni inserite a casaccio fra un capitolo e l’altro, o
persino nel bel mezzo di un paragrafo
e l’altro.
La coerenza non è esattamente il piatto
forte del racconto, e “American Gods”
tradisce l’infernale predisposizione di Gaiman per il caos, la divagazione e la
dispersione narrativa ancora più efficacemente di qualsiasi altro suo libro io
abbia letto finora.
Il risultato
finale, dal mio punto di vista, denota un’assenza di direzione (e di intenzione) abbastanza vistosa e controproducente; una sorta di smarrimento esistenziale che non riesce,
a conti fatti, a dimostrare una forza sufficiente a tenere insieme le singole
parti.
Proprio per
questo motivo, il romanzo tende, secondo me, a funzionare soltanto a sprazzi, o “a
singhiozzo”, per così dire.
Nel
complesso, quindi, sono contenta di averlo letto; intendo però essere del tutto
onesta nei vostri confronti, e ammettere la verità nuda e cruda: mi sento addirittura
sollevata all’idea di averlo
terminato, e non credo proprio che mi soffermerei a rileggerlo per nulla al
mondo.
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Confermi, qui e lì, i miei dubbi.
RispondiEliminaVorrei leggerlo, ma...
Magari prova a dare prima un'occhiata alla serie tv! :D
EliminaSe ricordo bene, il fantasy non è proprio il tuo genere... quindi potresti trovare il libro particolarmente ostico, temo!
Uhm, sono indecisa. Immagino che i libri di Gaiman (purtroppo non ne ho mai letto uno) siano quei tipi di libri su cui buttarsi senza leggere la trama perché così, dalla sinossi, non dicono granché.
RispondiEliminaMi sa che prima mi guardo la serie tv e, nel caso in cui dovesse piacermi, mi leggo il libro :)
Infatti, Giusy! :D
EliminaDi Gaiman, ho amato molto "Coraline" e (in parte) "Il Cimitero Senza Lapidi"; credo insomma di preferire i suoi libri per ragazzi, ma nel complesso stiamo parlando di un autore moooolto particolare! Vale senz'altro la pena fare un tentativo, prima o poi, in ogni caso! ;D
Un tentativo sicuramente lo farò, forse proprio con Coraline, che mi ispira molto di più *_*
EliminaPer adesso passo. Ma chissà..magari più in là...
RispondiEliminaUn abbraccio :)
E' senz'altro un libro "imponente", Angela: come tale, a tratti può un po'intimorire... ma se ami il fantasy, prima o poi devi assolutamente provare a buttarci un'occhiata! ;D
EliminaUn abbraccio grande anche a te, e grazie per essere passata! <3
Io Gaiman lo adoro e di American Gods ho apprezzato tantissimo l'idea di base on the road con tutte queste divinità dimenticate.
RispondiEliminaPerò concordo che la linearità e diciamo il momento in cui tutte le trame ed i personaggi dovrebbero andare a convergere non è proprio il massimo.
Infatti: come struttura e coordinazione dei vari archi narrativi, purtroppo "American Gods" non mi è sembrato proprio il massimo...
EliminaConcordo con te sul "fattore genialità" della trama generale, naturalmente. E non demordo: continuerò a leggere Gaiman perché lo trovo un autore creativo e interessante, anche se non sempre i suoi libri riescono a coinvolgermi nel modo in cui avrei sperato...
A me American Gods era piaciuto molto, però concordo con te sul fatto che alcune parti siano piuttosto dispersive, forse anche confusionarie...
RispondiEliminaPs. Spero che il tuo cagnolino stia meglio!
Grazie, Giada! <3
EliminaIl mio piccoletto sta molto meglio, grazie agli antidolorifici e alla nuova cura. Purtroppo, avrà bisogno di un lungo periodo di convalescenza, e anche di stabilire delle nuove abitudini quotidiane, per riuscire a ristabilirsi del tutto... Fortuna che abbiamo dalla nostra parte un ottimo veterinario, e tantissimo affetto da riversare sul nostro amato "cucciolo" Whisky! ;D