The Sacred Throne, Vol. 2
Disponibile in inglese
“In questo epico sequel, Heloise organizza la resistenza e
continua a sfidare l’Ordine. Tutte le circostanze sembrano contro di lei:
orribili ferite le sfigurano il corpo, la sua mente è braccata dai fantasmi, e
i tiranni della religione continuano a farsi beffe del suo rango di Paladina…
ma il suo viaggio dall’oscurità alla grandezza continua, grazie all’aiuto di
un’armatura potenziata tramite alchimia e di uno spirito assolutamente
impossibile da spezzare.”
“The Queen
of Crows” è il secondo volume
della trilogia fantasy “The Sacred Throne”, iniziata al
principio dell’anno con il solido e adrenalinico “The Armored Saint”. L’autore,
Myke Cole, ha una lunga carriera
militare alle spalle, e credo proprio che, leggendo i suoi libri, la cosa abbia
la possibilità di saltare agli occhi in più di un’occasione.
Se dovessi esprimere un giudizio spassionato, credo che mi
ritroverei costretta ad ammettere – seppur con riluttanza– di non essere
riuscita ad apprezzare questo nuovo atto delle avventure di Heloise e compagni tanto quanto avevo
adorato il primo. Ma – badate bene, perché è in arrivo un “MA” grosso come una casa – resto comunque convinta delle notevoli
potenzialità di Cole come autore, e continuo a non vedere l’ora di mettere le
mani su “The Killing Light”, il libro
conclusivo della serie. Il che, alla resa dei conti, vorrà pur dire qualcosa,
dico bene?
Il problema è che “The
Queen of Crows” soffre di uno squilibrio
interno abbastanza palese, almeno secondo me. Il ritmo, almeno all’inizio,
risulta completamente fuori fase. Il motivo per cui il libro non mi ha convinto
al cento per cento è stato proprio questo: le prime 100, 150 pagine rappresentano
infatti un’incessante e sterile raccolta di “bla, bla, bla” (un termine estremamente
tecnico che di solito mi capita di usare in riferimento a tutti quegli
interminabili dialoghi e battibecchi che tendono a portare nel magico regno di
Nessuna Parte) e di false partenze a dir poco frustranti. Un passo avanti, due
indietro. Come giocare a flipper, con la biglia che continua a rimbalzare
perennemente nello stesso punto.
Insomma, la storia riprende dal punto preciso in cui si
interrompeva “The Armored Saint”, ma
impiega un tempo straordinariamente lungo per ricominciare a prender quota,
almeno secondo me. Cole tentenna troppo,
tirando per le lunghe una diatriba infinita (quella fra la protagonista, una
novella Giovanna d’Arco bardata in
un’invincibile armatura in stile “Pacific
Rim”, e gli zotici abitanti del suo villaggio) e affannandosi a infarcire
la narrazione di ridondanti allusioni al tema dell’eterno conflitto fra libertà e fede.
Come se non bastasse, dedica a mio avviso una porzione troppo ampia di questa
prima parte di “The Queen of Crows” a una mezza dozzina di
personaggi secondari provenienti dal suddetto borgo di cui, a conti fatti, non
credo proprio arrivi a importare un granché a qualcuno.
Dalla presa di Lys
in poi, fortunatamente, le cose iniziano a ingranare per il verso giusto: un
evento, in particolare, ha il potere di sbloccare questo ingestibile stato di impasse e di ri-focalizzare l’attenzione
sui costi e le conseguenze della terribile e sanguinosa crociata di Heloise. Le innumerevoli sequenze d’azione, a questo
punto, tornano a volgere verso la qualità spettacolare che aveva
contraddistinto “The Armored Saint”,
mentre i colpi di scena riprendono a susseguirsi all’infinito e i nuovi
personaggi provenienti dalle tribù nomadi (a eccezione di Onas, che ho trovato patetico e insopportabile ai massimi livelli
consentiti dalle leggi di Dio e dell’uomo…) si rivelano al tempo stesso
sfaccettati, misteriosi e affascinanti. Mi auguro insomma che Cole decida di
concentrare la sua attenzione, nel corso del prossimo libro, proprio su queste
imprevedibili new entry, e che
continui a insistere sul punto del processo di crescita personale di Heloise, piuttosto che continuare a porre
l’accento (ancora e ancora e ancora) sul suo rapporto con il padre (adorabile, sì: l’abbiamo capito…) o con questo o quell’altro
anonimo e barbuto villico in procinto di mettere in discussione la sua autorità
di Santa Paladina e leader della
ribellione…
In estrema sintesi: Ogni febbricitante scena di battaglia
sembra scaturita dalle sfrenate immaginazioni combinate di Zack Snyder e Peter
Jackson. La trama conosce un momento di stasi abbastanza logorante – ma l’energico
sforzo finale contribuisce a riscattare qualsiasi indecisione iniziale.
Consigliatissimo ai fan del grimdark.
NB: Potete leggere QUI la mia recensione di "The Killing Light", il terzo e ultimo volume della serie "The Sacred Throne"! :)
Questa serie mi ispira un sacco, ma temo che il livello di inglese non sia alla mia portata, per il momento :(
RispondiEliminaLe scene di battaglia effettivamente sono un po' più impegnative, più che altro per una questione di lessico (alcuni termini dal taglio "militaresco" sono molto specifici, non posso negarlo). Per il resto, però, il romanzo è molto scorrevole - e anche breve, considerando il fatto che non supera le 300 pagine. Vedrai che a breve sarai più che pronta a lanciarti nell'impresa, Aenor! ;D
EliminaVoglio dire, in fondo, se ce l'ho fatta io... !!! :P
Devo smettere di leggere queste recensioni quando ho fatto voto di non comprare niente finché non avrò ridotto a dimensioni accettabili la tbr D:
RispondiEliminaCome ti capisco, Kate! :(
EliminaIo ormai ho completamente rinunciato alla mia vecchia tbr: più che altro vado "a sentimento", imponendomi solo di cercare di restare in pari con le nuove serie - vale a dire quelle iniziate l'anno scorso o giù di lì. Per lo meno, in questo modo, dovrei riuscire a evitare di restare troppo indietro con le saghe ancora in corso! O almeno, è quello che spero! XD