mercoledì 15 gennaio 2020

Stephen King VS N. K. Jemisin: una diatriba intravista su Twitter, un giorno, per caso...

Per oggi, vi confesserò la verità, avevo in programma un post completamente diverso da questo. Ma ieri pomeriggio mi è capitato di fare un salto su Twitter e notare una discussione che mi ha fatto un po'... non so bene come spiegarlo: rattristare? Arrabbiare? Alzare gli occhi al cielo un pochettino?




Il mio rapporto con Twitter è particolare. Per il momento è l'unico social che ho deciso di concedermi (a parte Goodreads, che però forse è un'altra cosa...), non fosse altro che perché lo considero un'ottima fonte di notizie di prima mano.
Per lo più mi limito a seguire i profili di autori, attori o registi che mi interessano, senza commentare o reagire in nessun modo a quello che leggo: immagino di essere quella che potremmo definire "un'osservatrice silenziosa", un atteggiamento che sinceramente mi ha permesso di stare larga da qualsiasi polemica e migliorare notevolmente lo stato di salute del mio stomaco, precocemente avviato sulla strada dell'ulcera e della gastrite.

Ma ieri mi sono imbattuta in uno scambio di tweet in particolare, una discussione sull'arte che in realtà ha coinvolto e sta coinvolgendo svariate migliaia di persone, attirando fra le sue fauci anche parecchie personalità di spicco...
Eppure, da un punto di vista personale, non ho potuto fare a meno di concentrare l'attenzione su due nomi nello specifico: l'indiscusso idolo della mia infanzia (Stephen King, alias colui che ha scatenato la diatriba in primo luogo...) e il mio idolo attuale, la pluri-premiata autrice di romanzi fantasy e sci-fi N. K. Jemisin ("La Quinta Stagione", "I Centomila Regni").

Dovete sapere che, in reazione a una prevedibile (e giustificatissima) ondata di indignazione generale per la valanga di nomination agli Oscar "importanti" ricevute da una certa privilegiata categoria di persone (maschi, bianchi, eterosessuali, benestanti... ormai conoscete la solita litania anche voi, giusto?), il settantenne King ha pensato bene di uscirsene a dichiarare una cosa del genere:

"I would never consider diversity in matters of art. Only quality. It seems to me that to do otherwise would be wrong." Stephen King, Twitter

Oh, come on, man...!




Ho sempre ammirato Stephen King. Amo il suo lavoro; mi sono appassionata alla lettura grazie ai suoi romanzi e alle sue raccolte di racconti, ed è probabilmente anche per causa sua che sono sempre stata "ossessionata" dal sogno di diventare scrittrice, in qualche modo, un giorno o l'altro.
Ma questo commento che ha postato ieri poteva anche risparmiarselo, ragazzi, perché racchiude in sé una delle nozioni più semplicistiche, infantili e arroganti che abbia mai sentito in vita mia!
Un'idiozia che avrei potuto aspettarmi di sentir piovere fuori dalla bocca di qualche povero bigotto (gente psicologicamente disturbata alla Orson Scott Card o Silvana de Mari, per capirci...), ma non certo dall'uomo che ha influenzato la cultura pop così profondamente e capillarmente da essere stato in grado di apporvi il suo marchio di fabbrica, praticamente.

Non è che il discorso del buon Stephen non abbia i suoi punti di validità, intendiamoci. È chiaro che il fattore "qualità " dovrebbe sempre avere la precedenza su qualsiasi altro, nel momento in cui si cerca di stabilire il valore di un'opera. Il punto è che: a) formulato in questo modo, il commento rafforza l'impressione che le parole "qualità" e "diversità" siano due concetti fondamentalmente inconciliabili, quasi mutualmente esclusivi; b) in un mondo ideale, completamente privo di piaghe quali pregiudizi, fobie sociali e discriminazione, il suo ragionamento non farebbe una grinza. Nel nostro... stendiamo un velo pietoso, va', che forse è meglio!

Perché, siamo seri... Soffermiamoci un secondo a considerare soltanto il panorama editoriale. Avrà anche solo la più pallida idea, Stephen King, di quanti validi autori siano stati costretti a lottare con le unghie e con i denti soltanto per riuscire a piazzare i loro romanzi presso un qualche editore? Perché le loro opere venivano puntualmente respinte, giudicate di volta in volta, come "troppo piene di persone di colore, troppo etniche, troppo gay, troppo-quello-che-vi-pare" per interessare al grande pubblico?!
In un mondo del genere, come si fa a dire che "la qualità viene prima di tutto"?
Chi è che dovrebbe accollarsi questa decisione, poi... Chi sceglie i criteri secondo i quali dovremmo giudicare ciò che differenzia un lavoro di qualità da un altro, che invece a quanto pare non meriterebbe alcuna attenzione? Lo stesso, solito Comitato Non Ufficiale di Uomini Bianchi Benestanti e Affermati che ha continuato a dettare legge sull'argomento sin da quando le basi di questa diatriba sono stare gettate, immagino.
Pensate un po': facile che queste persone si riconoscano e decidano sempre di premiare... opere scritte, dirette e/o messe in scena da uomini esattamente uguali a loro, incentrati su personaggi speculari, che rispecchiano le loro problematiche e i loro canoni, e che trattano solo ed esclusivamente argomenti consoni alle loro aspettative e al loro status sociale.
Che strano, vero? E chi se lo sarebbe mai aspettato?!




Un commento come quello di King assomiglia... Non so: forse a qualcosa che avrei potuto affermare io a 16 anni, quando non sapevo niente - NIENTE - del mondo in cui viviamo o di quanto sarebbe stato difficile crescere per diventare una donna (per di più lesbica, introversa, grassottella...) in una società che tende a riconoscere il valore di qualcuno in base a quanto suddetta persona potrebbe o non potrebbe servire a soddisfare le esigenze dell'omino medio italiano.
E con posso nemmeno cominciare a immaginare quanto potrebbe essere difficile per un immigrato inserirsi in un contesto sociale del genere (figuriamoci poi avviare una carriera in campo artistico...), o per una persona disabile, o per chiunque presenti un livello di diversità superiore alla soglia comunemente tollerata (che è uno schifo di soglia veramente bassa, lasciate che ve lo dica!).



Perciò, no: io ti voglio ancora bene, Stephen, però COL CAVOLO che il problema della diversità non conta e non va tenuto in considerazione! Forse non ha mai fatto differenza per te, perché non ha mai influito in nessun modo sul corso della tua vita e della tua carriera.
Ma forse questo argomento sarebbe stato meglio lasciarlo a qualcun altro, no? Magari qualcuno che sa di cosa sta parlando, perché ha sperimentato quel senso di alienazione e pregiudizio sulla proprio pelle.
Autori e autrici come la Jemisin, che per tre anni di fila ha vinto il Premio Hugo, e per tre anni di fila si è sentita ripetere da una nutrita banda di imbecilli: "hai vinto solo perché sei nera, hai vinto solo perché ispiri compassione e la gente provava pena per te, in realtà non vali niente".
Una delle più anticonvenzionali e brillanti autrici della sua generazione... Liquidata sommariamente, anni di lavoro, grinta, talento e dedizione spazzati via dalla percezione generale come nulla fosse....
E non è certamente l'unico caso che potrei citarvi.

"Started to write a long tweet thread about how diversity is *part* of quality, how it feeds into worldbuilding and character and so many critical elements of writing, and... fuck it. I'm tired. People -- professional writers -- should know better by now." N. K. Jemisin, su Twitter

Parole sante, Nora.
Parole sante!



Perciò... Non so: dopo averci rimuginato per cinque minuti abbondanti sono arrivata a questa conclusione "rivoluzionaria", vale a dire a pormi la seguente domanda: e se il concetto di "diversità" non fosse scollegato (o addirittura opposto) a quello di "qualità", ma addirittura una diretta conseguenza di quest'ultimo?
L'arte è soprattutto rappresentazione, giusto? Del mondo in cui viviamo, della nostra realtà interiore, della società che abbiamo costruito, del futuro che potrebbe aspettarci appena oltre l'angolo...
Ma un autore (o un regista) che decide coscientemente di rappresentare sempre e solo la stessa porzione di mondo, concedendo spazio solo e sempre alla medesima prospettiva e alle medesime problematiche, tacciando volontariamente le voci di centocinquantamila minoranze che poi, a ben guardare n fondo al bicchiere, raggruppate tutte insieme non è che vadano a comporre una fetta poi così infinitesimale della popolazione (soprattutto perché chi detta le regole ci ha insegnato a pensare personaggio femminile = minoranza, e se non la dice già lunga questo sullo stato delle cose...)...
Questo vorrei chiedere a King: che genere di rappresentazione sta mettendo in atto quell'artista? Non sarebbe, il suo, un ritratto parziale e quanto meno inaccurato della nostra realtà, anche interiore, anche politica, anche sociale, che non tiene conto in alcun modo delle infinite complessità dei rapporti che caratterizzano la nostra esistenza?
Nessuno qui si spingerebbe al punto di dire che i film di Martin Scorsese non siano di altissima qualità, badate bene. Ma siamo davvero sicuri che le sue opere sarebbero state peggiori, in un senso puramente qualitativo, se una volta ogni tanto il buon Martin si fosse ricordato che ai tempi della guerra, della Depressione e di quel che volete, non erano solo italo-americani bianchi di sesso maschile ad affrontare croci e sopportare peripezie? Che la loro voce non era per forza di cose l'unica voce imprescindibile, sacrosanta e interessante che avesse effettivamente qualcosa da dire sull'argomento?

Del resto, per tornare un po' al nostro tema di riferimento, voi provate solo un po' a porre in po' in giro la fatidica domanda: chi sono i migliori autori di libri fantasy/horror attualmente in circolazione?
Invariabilmente, vi verrà fornita la solita risposta risposta di base: Tolkien, King, George R. R. Martin, Brandon Sanderson, Patrick Rothfuss, Neil Gaiman, Andrzej Sapkowski...
Tutta gente in gamba, per carità. Ma non vi sembra che in comune abbiano anche qualcos'altro, oltre ad abilità e competenza? XD



4 commenti:

  1. Io, mi spiace, sono d'accordo con King. Per me l'arte non ha sesso né genere. Quando leggo un romanzo, non penso se lo ha scritto un uomo o una donna. Quando vedo un film, non penso se dietro ci sia un regista o una regista. Anzi, trovo offensivo e discriminatorio il contario, così come offensive trovo quote rosa e company. La diversità va considerata, ma in altri contesti. Al cinema parla il talento. E non dico che le donne ne siano sprovviste - nalla mia lista del meglio di fine anno, includo sia Jennifer Kent che la Sciamma -, ma che questa volta la cinquina era agguerrita e telefonata.

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    1. Ciao, Mik! ^^
      Credo che il tuo - come quello di King - sia un discorso estremamente nobile e "puro", per così dire... ma solo nel contesto di un mondo ideale, in cui le parole "talento" e "meritocrazia" abbiano il valore che meritano, e non siano solo il frutto di un sogno a occhi aperti. Non entro nel merito del discorso sugli Oscar, perché per quanto ne so potresti avere ragione: non seguo più molto il mondo del cinema, e comunque, anche se lo facessi... la mia opinione su un dato film resterebbe sempre e soltanto quello: un'opinione. Ma posso assicurarti una cosa: se avessero chiesto a 10 giurati di colore di scegliere un film per la categoria "miglior film" qualche anno fa, stai pur certo che avrebbero votato tutti per "Black Panther". Chiedi la stessa cosa a 10 giurati bianchi, e sceglieranno senz'altro qualunque cosa che NON sia "Black Panther". Però la gente salterebbe senz'altro a conclusioni diverse, dico bene? Nel primo caso, direbbero che la premiazione era truccata, che si cercava di raddrizzare un torto sociale sfruttando un campo che c'entra nulla, che non è giusto affidare il risultato di una premiazione a una sola categoria di persone...
      Nel secondo, direbbero che hanno trionfato arte, senso dell'industria e talento.
      A tutto questo posso solo rispondere: col cavolo!
      Per poter dire "l'arte prima di tutto", per poter tirare in ballo "quote rosa" e roba simile (ci puoi giurare, che è un concetto offensivo...) bisognerebbe prima assicurarsi che il concetto di pari opportunità abbia un significato. Per questo dico che King non sa di cosa parla; non stavolta. Nessuno ha mai detto a LUI di andare al diavolo perché uno dei suoi libri era troppo "etnicamente di parte" per piacere al grande pubblico. Nessuno ha mai accusato i suoi lavori di essere "troppo bianchi" o "troppo eterosessuali". Nessuno ha mai contestato la sua vittoria a un premiazione importante, sbattendogli in faccia il colore della sua pelle.
      Per me ha sbagliato, stavolta non posso assolutamente difenderlo! :(

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  2. Quello della diversità è divenuto un discorso complesso, che internet ha - purtroppo - contribuito ad esasperare: se da un lato è giusto nel senso più lato del termine che il nostro immaginario venga finalmente arricchito da voci a cui prima non era concesso di avere uno spazio, dall'altro ci sono ambienti in cui se non sei una donna nera disabile appartenente alla comunità lgbt+ allora non puoi parlare.
    Per quanto riguarda la meritocrazia, credo sia illusorio pensare che in tempi brevi possa coincidere con la diversità proprio perché - purtroppo da un lato, per fortuna da un altro - la maggior parte degli artisti appartenenti alle minoranze si stanno ancora formando, o stanno raggiungendo solo ora il grande pubblico. Secondo me, più che fare flame sulle premiazioni adesso, bisogna sostenere gli artisti così che abbiano le opportunità. Così che, tra qualche anno, possano giocarsela alla pari con gli altri.
    E tanto quelli che ti dicono che sei la quota rosa (o qualunque quota) ci saranno sempre e bisogna dargli l'importanza che meritano: nessuna.

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    1. La penso esattamente come te!
      Purtroppo l'argomento E' stato esacerbato - portato fino agli estremi massimi livelli, con conseguenze anche aberranti dal punto di vista dell'effettiva qualità artistica di vari prodotti (voglio dire solo due nomi, che non avrebbero mai dovuto avere nulla in comune in un mondo buono, nobile e giusto: Ruby Rose. Batwoman.)
      La cosa che mi ha fatto rimanere un tantino... non voglio nemmeno dire "delusa", perché ormai credo di conoscere abbastanza King da sapere come la pensa - diciamo piuttosto "amareggiata", è che trovo la sua esternazione alquanto inappropriata e di cattivo gusto. Dire "credo che siano stati scelti i 5 film obiettivamente migliori e sono d'accordo con la scelta dell'Academy" sarebbe stata una cosa. Ma cercare di negare il fatto stesso che nel mondo dell'arte (come in tutti i mondi là fuori) esistano due pesi e due misure... No, questa non sono proprio riuscita a mandarla giù! :(

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