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“È passato un anno da quando la misteriosa gemma divina ha curato il re Cadrium e ha dato inizio a quella che prometteva di essere una nuova età dell’oro. Gli eroi che hanno conquistato la gemma si sono conquistati un posto nei libri di storia e nelle ballate, ma per due membri della squadra, pace e prosperità non sono state conseguenze così facili.
L’apprendista cavaliere Kalanthe Ironheart non avrebbe dovuto imbarcarsi in una missione eroica in così giovane età e, anche se non ha intenzione di rinunciare alla notorietà che l’avventura le ha regalato, la sua reputazione non basta a pagare le bollette. Il tempo sta per scadere, e adesso Kalanthe potrebbe essere costretta a tradire non il suo regno o i suoi compagni, bensì il proprio cuore, mentre cerca di costruire un futuro stabile per se stessa e per coloro che ama.
Olsa Rhetsdaughter non era proprio nata per compiere atti di eroismo, punto. Mendicante, borseggiatrice, ladra, ha vissuto per le strade della città finché la fortuna – o il fato – non l’ha fatta entrare nell’orbita di Kalanthe. E adesso la giovane è molto riluttante a lasciarla. Fatto ancora più allarmante, la sua fama l’ha resa riconoscibile, il che rende la sua professione ancora più ostica. Lo sanno tutti, che una scelta fra la povertà e la morte per impiccagione non è un granché di scelta.
Le ragazze pensano che i loro sentieri siano segnati; ma forse la gemma divina non ha ancora finito con loro…”
Veronica Roth non
è stata la prima autrice americana a decidere di incentrare un romanzo sulle tribolate conseguenze di una fantastica quest mai raccontata.
La sua idea, per quanto intrigante, non può certo vantare un’originalità del 100% (basti pensare, fra i capisaldi di questo affascinante filone, ai popolarissimi “Every Heart a Doorway” di Seanan McGuire e “Siamo Tutti in Ordine" di Daryl Gregory).
La sua idea, per quanto intrigante, non può certo vantare un’originalità del 100% (basti pensare, fra i capisaldi di questo affascinante filone, ai popolarissimi “Every Heart a Doorway” di Seanan McGuire e “Siamo Tutti in Ordine" di Daryl Gregory).
Anche “Afterward”, il romanzo high
fantasy autoconclusivo di E. K.
Johnston, ruota intorno al medesimo nucleo tematico.
La trama segue le
vicende professionali e sentimentali della ladra Olsa e della “cavaliera” Kalanthe,
due membri di un fantomatico party di
eroi. La missione prevista dal menu? Salvare il loro reame (ma no!) dalle mire
di un lugubre Signore Oscuro. La
particolarità del libro consiste nel concentrare l’attenzione sul dopo, sulle conseguenze di quel viaggio;
il primo capitolo di “The Afterward”
comincia infatti un anno dopo la loro gloriosa vittoria e la sconfitta
definitiva delle Forze del Male.
Perfino circondate dalla familiarità dei rispettivi ambienti
domestici e da uno stuolo di seguaci adoranti (?), le nostre impavide eroine si
ritroveranno alle prese con mille difficoltà, stavolta per lo più di ordine
bucolico e mondano. A riprova del fatto che cento giorni da agnello varranno
anche più di un solo giorno da leone, ma di sicuro ri-abituarsi a usare lo Swiffer e a portare fuori la spazzatura
dopo l’ora di cena non è un gioco da ragazzi, per una che fino a qualche tempo
prima passava il tempo a sgominare minions
e dissipare ignobili malefici.
Malgrado l’appeal della
sinossi, non credo di avere molti fattori positivi da riportare a beneficio di “The Afterward”. La Johnston (autrice canadese
conosciuta in Italia soprattutto per il romanzo della serie “Star
Wars” dedicato ad Ashoka)
schiera in campo un cast di personaggi
multietnico e appartenente a orientamenti
sessuali diversi. Per l’intera durata del libro, tende a pontificare sulla
costruzione di vari valori positivi e
a rafforzare la sensazione di “pucciosità” generale assumendo delle tonalità molto
frizzanti e leggere, che purtroppo secondo me fanno il verso a tanti (troppi?) epic fantasy vecchio stampo (di quelli
che, a proporli a un editore adesso, sentireste ridere da qui al prossimo
Natale in modalità dolby surround).
A voler essere gentili, potreste considerare “The Afterward” come una sorta di “Il priorato dell’albero delle arance” in versione discount; ma il rapporto di proporzione fra le due opere equivale a
quello che esiste fra le serie tv “Curon”
e il film horror cult di Jordan Peele “Us
- Noi”, quindi provate un po’ voi a fare i giusti calcoli.
La verità è che “The
Afterward” ha tante di quelle cose che non funzionano da risultare
vagamente sconcertante, e neanche una traccia dell’ironia necessaria a
incassare il colpo con una certa grazia.
Tanto per cominciare, l’intreccio
è uno dei più noiosi e insignificanti che mente umana abbia mai concepito. I retroscena rappresentano senz’altro la
parte più intrigante della storia; peccato che la Johnston li distribuisca come guarnizioni d’ananas su una
fetta di pizza al pomodoro, a riprova del fatto che una quantità esorbitante di
infodump non basta a colmare le vertiginose
lacune di un plot che (forse) manco i
capoccioni di Netflix si sognerebbero
di prendere in considerazione.
Le due voci narranti
si confondono e sfumano di continuo l’una nell’altra, risultando virtualmente indistinguibili.
L’anonimità e la stucchevolezza dei personaggi appesantiscono una narrazione
che, di per sé, non ha assolutamente nulla da comunicare (al di fuori della
massima d’oro “alla fine l’amore vince su
tutto, il Bene preverrà sempre sulle forze delle Tenebre, yeah, urrà, si dia inizio
al banchetto!”). Persino l’elemento romance (f/f) risulta talmente maldestro e zuccheroso da non riuscire a
trasmettere un singolo briciolo di emozione.
Ma per me la componente più atroce di “The Afterward” ha a che fare con l’ambientazione.
Mi vengono in mente soltanto due opzioni: o la Johnston non
ha mai sentito parlare di world building, oppure preferisce
pensare che si tratti di un lavoro che spetta soltanto a chi non ha nient’altro
di meglio da fare. Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché l’idea di ambientare
il suo libro sullo sfondo di un mondo fantasy generico, in cui grazie alla magia ogni assurdità è lecita e i paesaggi
sembrano tratti dal “Grande Manuale degli
Scenari Fantastici Stereotipati – Volume 1”, le sia sembrata una trovata
così deliziosamente retrò e
anticonformista, invece che sciatta e disinformata.
Mi è venuta in mente una cosa, però: se non avete mai letto fantasy in lingua originale – ma
vorreste cimentarvi nell’impresa – “The
Afterward” potrebbe fornirvi un solido punto di partenza. La trama ha l’effetto
di un narcotico (ho sentito dire che una nota casa farmaceutica sta pensando di
sperimentare i suoi effetti in sostituzione all’uso del Valium…),
ma la sintassi semplificata e il linguaggio “tipico” del genere potrebbero
trasformare questo titolo in una palestra di lettura perfetta…
Davvero un peccato, la Johnston mi aveva convinta molto nei libro di Star Wars :(
RispondiEliminaMagari l'autrice riesce a lavorare meglio nel contesto di un world building già bell'e pronto: potrebbe appartenere a quella nutrita categoria di scrittori che si sentono più a loro agio a muoversi fra le pieghe di un universo e di un cast di personaggi giù "collaudati" da qualcun altro, chissà...
EliminaIn ogni caso hai ragione: è un peccato! :(