domenica 9 agosto 2020

Recensione: "The Afterward", di E. K. Johnston

libri fantasy lgbt - cast multietnico - fantasy books

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“È passato un anno da quando la misteriosa gemma divina ha curato il re Cadrium e ha dato inizio a quella che prometteva di essere una nuova età dell’oro. Gli eroi che hanno conquistato la gemma si sono conquistati un posto nei libri di storia e nelle ballate, ma per due membri della squadra, pace e prosperità non sono state conseguenze così facili.
L’apprendista cavaliere Kalanthe Ironheart non avrebbe dovuto imbarcarsi in una missione eroica in così giovane età e, anche se non ha intenzione di rinunciare alla notorietà che l’avventura le ha regalato, la sua reputazione non basta a pagare le bollette. Il tempo sta per scadere, e adesso Kalanthe potrebbe essere costretta a tradire non il suo regno o i suoi compagni, bensì il proprio cuore, mentre cerca di costruire un futuro stabile per se stessa e per coloro che ama.
Olsa Rhetsdaughter non era proprio nata per compiere atti di eroismo, punto. Mendicante, borseggiatrice, ladra, ha vissuto per le strade della città finché la fortuna – o il fato – non l’ha fatta entrare nell’orbita di Kalanthe. E adesso la giovane è molto riluttante a lasciarla. Fatto ancora più allarmante, la sua fama l’ha resa riconoscibile, il che rende la sua professione ancora più ostica. Lo sanno tutti, che una scelta fra la povertà e la morte per impiccagione non è un granché di scelta.
Le ragazze pensano che i loro sentieri siano segnati; ma forse la gemma divina non ha ancora finito con loro…”


Veronica Roth non è stata la prima autrice americana a decidere di incentrare un romanzo sulle tribolate conseguenze di una fantastica quest mai raccontata.
La sua idea, per quanto intrigante, non può certo vantare un’originalità del 100% (basti pensare, fra i capisaldi di questo affascinante filone, ai popolarissimi “Every Heart a Doorway” di Seanan McGuire e “Siamo Tutti in Ordine" di Daryl Gregory).
Anche “Afterward”, il romanzo high fantasy autoconclusivo di E. K. Johnston, ruota intorno al medesimo nucleo tematico.  
La trama segue le vicende professionali e sentimentali della ladra Olsa e della “cavaliera” Kalanthe, due membri di un fantomatico party di eroi. La missione prevista dal menu? Salvare il loro reame (ma no!) dalle mire di un lugubre Signore Oscuro. La particolarità del libro consiste nel concentrare l’attenzione sul dopo, sulle conseguenze di quel viaggio; il primo capitolo di “The Afterward” comincia infatti un anno dopo la loro gloriosa vittoria e la sconfitta definitiva delle Forze del Male.
Perfino circondate dalla familiarità dei rispettivi ambienti domestici e da uno stuolo di seguaci adoranti (?), le nostre impavide eroine si ritroveranno alle prese con mille difficoltà, stavolta per lo più di ordine bucolico e mondano. A riprova del fatto che cento giorni da agnello varranno anche più di un solo giorno da leone, ma di sicuro ri-abituarsi a usare lo Swiffer e a portare fuori la spazzatura dopo l’ora di cena non è un gioco da ragazzi, per una che fino a qualche tempo prima passava il tempo a sgominare minions e dissipare ignobili malefici.

Malgrado l’appeal della sinossi, non credo di avere molti fattori positivi da riportare a beneficio di “The Afterward”. La Johnston (autrice canadese conosciuta in Italia soprattutto per il romanzo della serie “Star Wars” dedicato ad Ashoka) schiera in campo un cast di personaggi multietnico e appartenente a orientamenti sessuali diversi. Per l’intera durata del libro, tende a pontificare sulla costruzione di vari valori positivi e a rafforzare la sensazione di “pucciosità” generale assumendo delle tonalità molto frizzanti e leggere, che purtroppo secondo me fanno il verso a tanti (troppi?)  epic fantasy vecchio stampo (di quelli che, a proporli a un editore adesso, sentireste ridere da qui al prossimo Natale in modalità dolby surround).
A voler essere gentili, potreste considerare “The Afterward” come una sorta di “Il priorato dell’albero delle arance” in versione discount; ma il rapporto di proporzione fra le due opere equivale a quello che esiste fra le serie tv “Curon” e il film horror cult di Jordan Peele “Us - Noi”, quindi provate un po’ voi a fare i giusti calcoli.

La verità è che “The Afterward” ha tante di quelle cose che non funzionano da risultare vagamente sconcertante, e neanche una traccia dell’ironia necessaria a incassare il colpo con una certa grazia.
Tanto per cominciare, l’intreccio è uno dei più noiosi e insignificanti che mente umana abbia mai concepito. I retroscena rappresentano senz’altro la parte più intrigante della storia; peccato che la Johnston li distribuisca come guarnizioni d’ananas su una fetta di pizza al pomodoro, a riprova del fatto che una quantità esorbitante di infodump non basta a colmare le vertiginose lacune di un plot che (forse) manco i capoccioni di Netflix si sognerebbero di prendere in considerazione.
Le due voci narranti si confondono e sfumano di continuo l’una nell’altra, risultando virtualmente indistinguibili. L’anonimità e la stucchevolezza dei personaggi appesantiscono una narrazione che, di per sé, non ha assolutamente nulla da comunicare (al di fuori della massima d’oro “alla fine l’amore vince su tutto, il Bene preverrà sempre sulle forze delle Tenebre, yeah, urrà, si dia inizio al banchetto!”). Persino l’elemento romance (f/f) risulta talmente maldestro e zuccheroso da non riuscire a trasmettere un singolo briciolo di emozione.

Ma per me la componente più atroce di “The Afterward” ha a che fare con l’ambientazione.
Mi vengono in mente soltanto due opzioni: o la Johnston non ha mai sentito parlare di world building, oppure preferisce pensare che si tratti di un lavoro che spetta soltanto a chi non ha nient’altro di meglio da fare. Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché l’idea di ambientare il suo libro sullo sfondo di un mondo fantasy generico, in cui grazie alla magia ogni assurdità è lecita e i paesaggi sembrano tratti dal “Grande Manuale degli Scenari Fantastici Stereotipati – Volume 1”, le sia sembrata una trovata così deliziosamente retrò e anticonformista, invece che sciatta e disinformata.
Mi è venuta in mente una cosa, però: se non avete mai letto fantasy in lingua originale – ma vorreste cimentarvi nell’impresa – “The Afterward” potrebbe fornirvi un solido punto di partenza. La trama ha l’effetto di un narcotico (ho sentito dire che una nota casa farmaceutica sta pensando di sperimentare i suoi effetti in sostituzione all’uso del Valium), ma la sintassi semplificata e il linguaggio “tipico” del genere potrebbero trasformare questo titolo in una palestra di lettura perfetta


Giudizio personale:
3.5/10

2 commenti:

  1. Davvero un peccato, la Johnston mi aveva convinta molto nei libro di Star Wars :(

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    Risposte
    1. Magari l'autrice riesce a lavorare meglio nel contesto di un world building già bell'e pronto: potrebbe appartenere a quella nutrita categoria di scrittori che si sentono più a loro agio a muoversi fra le pieghe di un universo e di un cast di personaggi giù "collaudati" da qualcun altro, chissà...
      In ogni caso hai ragione: è un peccato! :(

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