“Welcome to the Blumhouse” è un progetto che la nota e omonima
casa di produzione cinematografica americana ha deciso di intraprendere insieme
al servizio streaming Amazon Prime Video.
Nel corso del tempo, abbiamo sicuramente visto sfornare dalla Blumhouse diverse atrocità (“Like.Share.Follow”, “Ma”, “Obbligo o verità”), ma anche considerevoli successi del calibro di “Get Out”, “Split” e “Auguri per la tua morte”. L'idea di distribuire quattro film nuovi di zecca direttamente su Prime Video mi è sempre sembrata vincente, oltre che allettante dal punto di vista del pubblico.
Devo confessare che "The Lie", prima
pellicola apparsa sulla piattaforma americana insieme a “Black Box”, mi ha incoraggiato a ridimensionare clamorosamente
le mie aspettative.
Il thriller psicologico di Veena Sud si basa su un'idea abbastanza interessante (anche se non particolarmente originale, considerando che costituisce il fulcro di svariati libri e film...), ma sviluppata in maniera estremamente maldestra e imbarazzante. La quindicenne Kayla (Joey King) confessa al padre Jay (Peter Sarsgaard) di aver ucciso un'amichetta (una pseudo-Lolita priva di troppe connotazioni caratteriali) durante un adolescenziale accesso di rabbia.
Insieme all'ex moglie Rebecca (Mireille Enos), l'uomo cercherà di coprire il fatto, spingendosi al punto di inquinare le prove e mentire spudoratamente alla polizia. Il comportamento dei due genitori innescherò una serie di violente reazioni a catena, una valanga di disastri che rischierà di mandare completamente all'aria le loro vite.
A partire da questo genere di premessa, sarebbe stato senz'altro possibile sviluppare molte trame diverse, ciascuna con i propri moduli stilistici e le sue caratteristiche peculiari. Il problema qui è che la sceneggiatura si rifiuta di prendere posizione e continua a fluttuare istericamente su diversi livelli, senza abbracciare mai esattamente la propria natura di... cosa, in realtà? La natura degli eventi ricorda le tonalità nere delle commedie nere o di certi particolari dramedy televisivi, ma i personaggi reagiscono con un minimalismo da tragedia d’autore e tutta la maturità emotiva di un teen drama senza arte né parte.
Inoltre, fin dal primo atto stenta a emergere un protagonista degno di questo nome.
Il focus slitta continuamente da una figura all'altra - il padre, la madre, la
figlia, la polizia - senza che ci venga concessa l'opportunità di entrare in
sintonia con le problematiche, i desideri o le necessità di nessuno. Troppa
carne al fuoco e nessuna determinazione a portare avanti un discorso coerente
minano alla base la credibilità di questo thrillerino a mio avviso insipido, completamente
sprovvisto di personalità o di mordente.
L'unico spunto potenzialmente interessante - il dubbio
angosciante di Rebecca circa il presunto squilibrio
mentale della figlia, con tanto di conseguente responsabilità condivisa -
viene accantonato rapidamente in favore di un bizzarro circo di complicazioni
irrealistiche e poco coinvolgenti.
Il twist finale di "The Lie" (che da una nota testata americana è stato definito addirittura come "offensivo", una descrizione su cui sono pienamente d'accordo…) è uno schiaffo in faccia al buon senso dello spettatore, una specie di insulto finale; in effetti, l’unica beffa che si consuma qui, a mio avviso, è quella ai danni del pubblico, invitato a sorbirsi un'ora e mezzo di inquadrature standard e pessime interpretazioni.
Giudizio personale:
2.5/10
Mi spiace che ti abbia deluso, dalla trama sembrava interessante :(
RispondiEliminaInfatti! :(
EliminaIeri sera ho finito di guardare "Bly Manor" (*____*), quindi a breve conto di recuperare anche gli altri film del progetto: speriamo solo siano meglio di questo "The Lie"...