"L'ultimo sorriso di Sunder City" è il primo romanzo della serie dedicata a Fetch Phillips, un investigatore privato che vive in un mondo rimasto senza magia. "Voglio un caso vero. Un'occasione di fare qualcosa di buono. Perché è colpa mia se la magia non tornerà mai più. Mi chiamo Fetch Phillips, come è scritto sulla porta. Ci sono tre cose che dovreste sapere prima di ingaggiarmi: La mia sobrietà vi costa un extra. I miei servizi sono confidenziali. Non lavoro per gli umani. Niente di personale, perché sono umano anch'io. Ma dopo quanto successo, non sono gli umani ad aver bisogno del mio aiuto".
Con questo libro ho deciso di
inaugurare una nuova rubrica, “Unfinished Books”: ovviamente spero
di doverla rispolverare il meno possibile, ma mi sembrava carino spendere due
parole anche a proposito di tutti quei titoli che non ho riesco/non ho
assolutamente intenzione di finire.
Purtroppo “L’Ultimo Sorriso di Sunder City”
rientra in quest’ultima categoria; un fatto sorprendente, considerando l’alto
tasso di popolarità di cui gode il libro d’esordio di Luke Arnold presso un vasto pubblico di appassionati. Non me ne
starò assolutamente qui a elencarvi i motivi per cui secondo me non dovreste
leggerlo. Anzi: se la trama vi ispira, se pensate che una commistione fra urban fantasy e hardboiled alla Raymond Chandler possa fare al caso vostro, vi
esorto caldamente a buttarci un’occhiata. Io e “L’ultimo sorriso di Sunder City” ci siamo rivelati incompatibili
sotto almeno trecento punti di vista, ma questo non vuol dire che la cosa debba
applicarsi nel vostro caso. Se avete apprezzato film come “Bright”, ibridi e deliberatamente pasticciati, o serie tv un po’
sordide alla “Carnival Row”, può ben
darsi che questa lettura riesca a illuminarvi la giornata.
Personalmente ho deciso di
mollare l’esperimento a metà, vale a dire nel momento preciso in cui mi sono
resa conto che un meteorite gigante avrebbe potuto abbattersi sul mondo
fittizio inventato da Arnold, sterminando nel processo ogni singola forma di
vita, senza che per me facesse una sola lira di differenza. Da un punto di vista
tecnico, trovo che la struttura de “L’ultimo sorriso di Sunder City” sia
abbastanza difettosa (disastrosa?), ma alla resa dei conti non è stato questo il problema
principale.
Trama inesistente a parte, non sono riuscita a provare un’oncia di simpatia né per il protagonista né per i personaggi secondari. Peggio ancora, non riuscivo a visualizzare niente… una quantità scandalosa di flashback e infodump buttati alla rinfusa in mezzo alle pagine per cercare di rimpolpare un po’ il plot non hanno fatto nulla per migliorare quest’impressione. L’umorismo nero della voce narrante deve aver perso una parte della propria efficacia durante la traduzione (oppure sono proprio io che non ci arrivo), perché a un certo punto ha cominciato a sembrarmi sempre più evidente la ragione per cui a Sunder City dev’essersi verificata una tale penuria di sorrisi.
Ho provato a saltare qualche
pagina e perfino a sbirciare il finale, per vedere se riuscivo a trovare da qualche parte
una ragione per rimettermi in riga, ma niente: in ogni caso, considerando le
premesse – una sorta di apatia diffusa, come quel vago senso di scoraggiamento
esistenziale che precede la mezz’ora prima di un appuntamento dal dentista –
difficilmente mi sarebbe stato possibile trarre grandi soddisfazioni dallo
scioglimento. :(
E voi, amici, avete già letto “L’Ultimo
Sorriso di Sunder City”? Come l’avete trovato?
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