"Tamsin è la strega più potente della sua generazione. Ma dopo aver commesso il più brutale atto di tradimento nei confronti della sua comunità magica, viene esiliata e maledetta: da in quel momento in poi, non sarà più capace di amare. Per riavere indietro quei sentimenti - anche soltanto per un po' - dovrà quindi rubarli dai cuori degli altri.
Wren è una Fonte - un raro tipo di persona, interamente fatta di magia, sebbene sia incapace di usarla in prima persona. Le Fonti dovrebbero recarsi nella terra delle streghe per addestrarsi a mettere i propri doni a disposizione non appena scoprono la loro abilità, ma Wren - l'unica figlia di un padre solo e malato - ha tenuto nascosta la sua vera natura per tutta la vita.
Fino a quando una piaga magica non comincia a devastare il regno, costringendo Tamsin e Wren a fare squadra e a imbarcarsi per un viaggio denso di pericoli."
“Sweet and Bitter
Magic”, dell’esordiente Adrianne
Tooley, è un libro molto tenero e simpatico.
Lasciate che cominci questa recensione con qualche complimento, perché credo che l’autrice
meriti diversi punti-stima. Il suo romanzo sarà anche pieno di difetti – qualcuno anche grave – ma nel complesso mi ha
garantito una piacevolissima lettura. Se avessi avuto 15 anni, anziché 34,
probabilmente l’avrei apprezzato anche di più.
Ora... Da dove vogliamo inziare?
Cominciamo dalla trama, cosa ne dite?
L’idea di partenza
non è particolarmente rivoluzionaria, ma secondo me funziona alla grande
(soprattutto per un libro che si chiama “Sweet
and Bitter Magic”, un titolo che non promette esattamente eclatanti
battaglie e sconvolgenti bagni di sangue XD).
Una strega esiliata
e una ragazza dotata del potere di
condividere le proprie illimitate scorte
di magia decidono di unire le forze per fermare una catastrofe, una piaga generata da un abuso di stregoneria oscura. Le nostre due eroine non potrebbero essere più
distanti e diverse di così: la prima cinica, egocentrica, apparentemente fredda
e manipolatoria; la seconda, altamente infiammabile e dall’indole generosa, sempre pronta a sacrificare i propri desideri per il bene della
famiglia e della nazione.
Lo sapete anche voi da che parte va a parare, di solito, una
premessa di questo genere, no? A un certo punto, fra litigi e tanta, tanta voglia
di strangolarsi a vicenda, pare quasi inevitabile che le scintille comincino a
volare. Solo che c’è un intoppo, uno bello grosso: la strega è stata maledetta. Il suo cuore, adesso, non
funziona più come dovrebbe; gira voce che non sia più in grado di provare
amore, e anzi… finora la sua carriera magica è sempre stata finalizzata alla
sottile arte di rubare questo caldo e confortevole sentimento dall’anima dei
suoi malcapitati clienti.
La ragazza dai capelli rossi che si presenta
inspiegabilmente alla sua porta non fa eccezione. Il patto è chiaro: se Wren
vuole il suo aiuto, dovrà permettere a Tamsin
di portarle via l’affetto più caro della sua vita. Solo un’altra questione di
affari; nulla di personale in questo scambio: dopotutto, Tamisin non è più in grado di provare sentimenti personali.
E allora come mai Wren, con la sua ingenuità, i suoi modi
goffi e i suoi grandi occhioni sgranati, sembra in grado di risvegliare così
tante, irritanti farfallucce nello stomaco di Tamsin?
I primi capitoli
di “Sweet and Bitter Magic”, come
spesso succede (legge dell’editoria universale) guarda caso sono anche i migliori. La caratterizzazione delle due eroine regge benissimo, e i dialoghi vivaci e scoppiettanti caricano
la narrazione di promesse che, in larga parte, il resto del libro non sarà in grado di mantenere.
Perché purtroppo, nel preciso momento in cui ha inizio l’epico viaggio delle due eroine verso
il cuore della tenebrosa Terra delle Streghe, i limiti tecnici della Tooley – e la sua incapacità di irrobustire la
struttura di una trama traballante -
cominciano a manifestarsi nel modo più insidioso e frustrante possibile.
Ad esempio, non so perché l’autrice sembri pensare che riassumere i tre quarti
degli eventi che si svolgono durante la suddetta quest sia una grande idea. Soprattutto
quando poi impiega tre pagine per annebbiarci il cervello a furia di descrizioni statiche, cinque per
parlare di un mal di stomaco e dieci per presentarci innumerevoli personaggi secondari che, di fatto, non
svolgeranno mai alcun ruolo attivo
all’interno della narrazione.
Fatto sta che il
ritmo di “Sweet and Bitter Magic”,
mi duole dirlo, da un certo momento in poi comincia a far calare veramente il
latte alle ginocchia! Soprattutto perché la tensione narrativa si attiene sempre su dei livelli così
diabolicamente bassi da rasentare lo spessore di un capello; la villain del libro, poi (se così possiamo
chiamarla…), è una caricatura acida e
insopportabile, un’Ombra patetica e fastidiosa che, a mio avviso, distrugge
alla base qualsiasi tentativo di drammatizzare
le varie fasi dell’interminabile climax.
Altra nota dolente: l’epilogo.
Lo scioglimento di “Sweet and Bitter
Magic” dura quasi più della sua parte centrale, ragazzi!
Perché?
Perché la Tooley avverte l’esigenza di prendersi del tempo
per sciogliere i nodi interiori
delle sue protagoniste e “giustificare” in qualche modo la profondità della
loro storia d’amore (che è un po’ uno spreco di risorse, per quanto mi
riguarda: il romance è sempre stato l’elemento più
convincente e meglio gestito del libro).
Lo fa perché si rende conto – troppo tardi – che la
caratterizzazione delle sue protagoniste è buona, ma il loro arco narrativo non ha portato fuori nulla di particolarmente intrigante o
inaspettato, sopratutto dal punto di vista psicologico. Così scava e scava; per decine di pagine, la Tooley si concentra e
rimugina, chiosa e insiste a ribadire l’ovvio… peccato che la sua insicurezza,
in ultima analisi, giochi a suo sfavore.
Perché “Sweet and
Bitter Magic” non è un libro che stenta a comunicare il suo messaggio, e anzi, rivela tratti
fondamentali dell’anima della sua autrice, della sua particolare visione del mondo, e lo fa con grazia, gusto e sensibilità. Il modo in cui ha affrontato i temi di auto-accettazione e redenzione mi è piaciuto molto. Credo che il pubblico abbia
rivelato, nel tempo, di essere disperatamente affamato di storie di questo genere.
Ed ecco perché leggerò senz’altro i prossimi lavori di
Adrianne Tooley. Dentro di me, sospetto che potrebbe trovarsi più a suo agio
con un altro genere – magari ad ambientazione contemporanea, anche per
liberarsi di determinati cliché, sia linguistici che relativi al world-bulding – ma staremo a vedere!
Per il momento, vi saluto e vi auguro la più splendida e
serena delle domeniche! ;D
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