mercoledì 17 novembre 2021

"Sir Gawain e il Cavaliere Verde": la recensione del film fantasy disponibile su Prime Video

Sir Gawain e il Cavaliere Verde” è uno dei migliori film dark fantasy che abbia mai visto.

Ambizioso, seducente, mistico ed esteticamente stupefacente, rappresenta l’adattamento cinematografico del poema omonimo risaliente al tardo quattordicesimo secolo. La trama ruota attorno alle avventure di Gawain, nipote di Re Artù e figlio della strega Morgana.

Per quanto concerne noi appassionati di fantasy (e non solo), il film di David Lowery rappresenta semplicemente uno dei titoli inediti più affascinanti, suggestivi e spettacolari che l’abbonamento al servizio Amazon Prime Video ci abbia mai offerto...

Consigliato a tutti i fan del genere, ma soprattutto agli estimatori della recente serie tv "Midnight Mass"! :D



 

La trama

Gawain (Dev Patel) è un ragazzo un po’ frivolo, che ama darsi alla vita dissoluta e detesta sentirsi pressato dalle inevitabili attese famigliari.

Soprattutto considerando che i suoi zii, gli ormai attempati Artù (Sean Harris) e Ginevra (Katie Dickie), sono due leggende viventi, nientemeno che i fondatori della celeberrima Tavola Rotonda!

Il Re e la Regina nutrono grandi speranze per Gawain, ma il giovane stenta a trovare il proprio posto fra i cavalieri del suo tempo, uomini disposti a sacrificare ogni cosa per perseguire i propri ideali: fama, onore e gloria, non necessariamente in quest’ordine.

Almeno fino a quando, nel corso di un’animata cena di Natale a Corte, non arriva qualcuno a lanciare il fatidico guanto della sfida: il Cavaliere Verde, una misteriosa creatura dei boschi ricoperta di licheni, si materializza sulla soglia e propone un “gioco” rivolto al più audace degli uomini del re.

Le condizioni sono poche, ma precise: il Cavaliere Verde si batterà contro uno dei valorosi presenti e, in caso di sconfitta, cederà la sua preziosa arma alla corte di Artù.

Eppure, qualsiasi colpo Egli riceverà quel giorno, a prescindere dalla sua natura o entità, il Cavaliere Verde avrà il diritto di ricambiarlo l’anno successivo, presso una fantomatica Cappella Verde che si trova a centinaia di leghe – e di incontri - di distanza dalle possenti mura di Camelot...

 

Il destino di un (aspirante) cavaliere

Sir Gawain e il Cavaliere Verde” è un film singolare, surreale e ricco di potenziali chiavi di lettura. Una di quelle rare pellicole che mi farebbe davvero piacere (e bene) rivedere con calma e probabilmente anche più di una volta, proprio perché si rivela in grado di regalare così tanto ai suoi spettatori, già a partire dal primissimo atto.

Delle tematiche ci soffermeremo a parlare fra un minuto.

Da un punto di vista prettamente visivo, invece, “Sir Gawain e il Cavaliere Verde” offre panorami mozzafiato e cieli sconfinati, rifiutandosi di rinunciare al “sense of wonder” e di comunicare con noi attraverso un linguaggio universale fatto di suoni naturali, giochi di luce e colori indescrivibili.

Per quanto concerne l’atmosfera, vi basti sapere che “Sir Gawain e il Cavaliere Verde” è un fantasy cupo, allegorico, tesissimo. La fotografia allucinata e le intense interpretazioni del cast (che comprende, fra parentesi, un’eccellente Alicia Vikander nel doppio ruolo di Essel, l’amante di Gawain, e di una misteriosa nobildonna legata al mondo della stregoneria...) basterebbero, già da sole, a qualificarlo come una sorta di film del terrore.

Alcuni critici americani l’hanno definito, non a caso, un “folk horror”, e sono andati avanti a spiegare come l’ultima fatica di Lowery proceda progressivamente a ribaltare molti (se non tutti) gli attribuiti che siamo soliti collegare al concetto di “eroismo”, per incarnare invece un esempio di cinema di intrattenimento stimolante e di stampo prettamente filosofico.

Eppure, al tempo stesso la sceneggiatura contiene tutti gli elementi tipici del genere fantastico: il viaggio, le prove, l’oggetto del desiderio, l’adorabile animale magico... e una nemesi che non può (che non deve, forse...) essere sconfitta.

 

La stregoneria, come la magia (e la natura), è ovunque!

A visione ultimata, immagino che molte persone si arrovelleranno (come me) a caccia di una spiegazione: che significato avrà mai il finale di “Sir Gawain e il Cavaliere Verde”, e perché ho la sensazione che l’ultima mezz’ora sollevi molte più domande che risposte?

La verità è che il film potrebbe essere interpretato in molti modi, ma probabilmente la chiave di lettura più “vistosa” ha a che fare con una complessa (e splendida) metafora sul significato della vita – e della morte.

Prima di tutto, una parola sul Cavaliere Verde. Chi è? Da dove viene? Che cosa rappresenta?

Da brava neopagana XD, non ho fatto troppa fatica a identificare in Lui l’Uomo Verde, vale a dire quella misteriosa entità sovrannaturale che incarna la potenza stessa della natura; la saggezza della terra, l’ineluttabile ciclo delle stagioni.

Dopotutto, provvede lo stesso “doppleganger” di Essel a spiegarci chi è il Cavaliere, in un memorabile monologo che racchiude l’anima stessa del film: perché la nemesi del protagonista è “verde”, ad esempio, e non di un qualsiasi altro colore? Perché non avrebbe potuto essere... rossa, ad esempio?

«Red is the color of lust, but green is what lust leaves behind, in heart, in womb. Green is what is left when ardor fades, when passion dies, when we die, too.»

Gawain è ossessionato dal pensiero di gloria e onore.  Crede che non esista nulla di più immenso di suo zio e dei suoi cavalieri; delle loro gesta spregiudicate, della loro dedizione alla causa dell’ordine, della prosperità, della giustizia.

Gawain (probabilmente a ragione) non sente di meritare un posto accanto a questi grandi uomini, ma ritiene comunque necessario continuare a provarci, aspirare a una meta più alta, trovare un modo per elevarsi dalla sua “grettezza” di avido bevitore e rinomato frequentatore di bordelli.

Ma il personaggio di Alicia Vikander è lì per strappargli ogni illusione, e ricordargli che nulla sarà mai più importante, fondamentale o forte della natura; quel Verde incontrastabile e onnipresente che ci circonda, ci protegge, ci distrugge, ci riempie, ci possiede.

Lo stesso effetto sortiscono, d’altronde, anche i maestosi e totalizzanti paesaggi che appaiono nel corso di così tante scene di “Sir Gawain e il Cavaliere Verde”: montagne titaniche, selve ancestrali, creature monolitiche che sfuggono a ogni capacità di comprensione... laddove Gawain, povero ragazzo a caccia di gloria, altro non è se un minuscolo “puntino”, una figura microscopica e ignara divorata dall’ansia e dalla paura di non poter essere mai “abbastanza”.

 

Il finale: una possibile interpretazione

 SPOILER ALERT! Se non avete ancora visto il film, vi sconsiglio caldamente di continuare a leggere questo paragrafo!

A un certo punto, Artù dice a Gawain: «I Do Not Know Of Any Man Who Has Not Marched Up To Greet Death Before His Time."

Che è una frase molto sibillina, se ci fate caso.

Da una parte (la parte in superficie), il Re sta semplicemente cercando di incoraggiare il nipote. Vai, affronta il pericolo a testa alta, come fanno tutti gli uomini onorevoli, e torna indietro per raccontarlo.

Dall’altra, secondo me, gli sta anche lanciando un avvertimento: «Non conosco un uomo che non abbia marciato incontro alla morte prima del suo tempo

Che, se ci fate caso, equivale un po’ a dire «Tutti gli uomini vanno via troppo presto. Ma nessuno marcia incontro alla morte prima del proprio tempo.»

Perché, quando è ora, è ora.

Quello che il Cavaliere Verde chiede a Gawain (dopo avergli offerto così tanto) è un semplice atto di sottomissione. Sei arrivato fino a qui; hai lottato, hai fatto incontri, ti sei innamorato, hai vissuto. Adesso piega il capo e arrenditi, perché non sei diverso dalle altre creature.

Come me, come tutto, appartieni alla Terra. Non importa quanti castelli, eserciti o spade magiche possiamo possedere: sotto la pelle, siamo tutti Verdi, e un giorno il Verde tornerà a reclamarci.

Perfino le fattezze di Artù e Ginevra, all’inizio del film, contribuiscono a confermarlo. Guardateli bene in volto: nonostante la loro grandezza, il loro successo, la loro saggezza... non sembrano un po’ cadaverici, non hanno forse un incarnato malsano?

Non vi sembra che il Verde abbia già cominciato a reclamare anche loro?

Gawain, all’inizio, non riesce ad accettare questo destino.

«Is this really all there is?», chiede allora al suo “carnefice”, stupefatto.

E il Cavaliere Verde, altrettanto perplesso, non può che rispondere: «What Else Ought There Be?»

Ma il nostro eroe continua a cercare un senso, uno scopo, una missione più alta. E così si ostina a “imbrogliare”, a indossare la sua fascia magica, finché alla fine fugge via senza chinare il capo.

Torna a Camelot, diventa Re, realizza tutti i suoi sogni di ragazzo... ma da tanta gloria e ricchezza non riceve altro che dolore, umiliazione e sconfitta.

Perché sta vivendo una bugia – la vita di un uomo morto, che si ostina a respirare ben oltre il proprio tempo. Trasformando il Verde della vita nel Verde della Putrefazione... una Putrefazione completamente innaturale, perché finisce con il verificarsi prima del trapasso.

E così, Gawain torna indietro, al momento della sua fatidica resa dei conti con l’Uomo Verde.

E quando piega le ginocchia e scaglia via la fascia incantata, è come se dicesse: ecco, va bene. Accetto la mia natura. Accetto la mia mortalità, rinuncio ai miei trucchi e ai miei tentativi di barare, perché adesso so che una cosa del genere sarebbe peggio che inutile: sarebbe un abominio.

Nessun uomo può sconfiggere la natura.

Quindi, riesce finalmente a compiere il suo gesto di autentico eroismo: si sottomette a una forza più grande di lui e di qualsiasi umana ambizione.

E attraverso quest’unico atto di immenso, impareggiabile coraggio, Gawain si guadagna finalmente il titolo di cavaliere...





2 commenti:

  1. Metto subito in lista, poi dovrò trovare il tempo di guardarlo 😍

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    Risposte
    1. Curiosissima di scoprire la tua opinione! *___*
      Dopotutto, il ciclo arturiano (con relativi retelling) è sempre stato una delle tue specialità! :D

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