“Sir Gawain e il Cavaliere Verde” è uno dei migliori film dark fantasy che abbia mai visto.
Ambizioso, seducente, mistico ed esteticamente stupefacente,
rappresenta l’adattamento
cinematografico del poema omonimo
risaliente al tardo quattordicesimo
secolo. La trama ruota attorno alle avventure di Gawain, nipote di Re Artù
e figlio della strega Morgana.
Per quanto concerne noi appassionati di fantasy (e non
solo), il film di David Lowery rappresenta semplicemente uno dei titoli inediti più affascinanti, suggestivi e
spettacolari che l’abbonamento al servizio
Consigliato a tutti i fan del genere, ma soprattutto agli estimatori della recente serie tv "Midnight Mass"! :D
La trama
Gawain (Dev Patel)
è un ragazzo un po’ frivolo, che ama darsi alla vita dissoluta e detesta sentirsi pressato dalle inevitabili attese famigliari.
Soprattutto considerando che i suoi zii, gli ormai attempati
Artù (Sean Harris) e Ginevra (Katie Dickie), sono due leggende viventi,
nientemeno che i fondatori della celeberrima Tavola Rotonda!
Il Re e la Regina nutrono grandi speranze per Gawain, ma il
giovane stenta a trovare il proprio posto fra i cavalieri del suo tempo, uomini
disposti a sacrificare ogni cosa per perseguire i propri ideali: fama, onore e gloria, non
necessariamente in quest’ordine.
Almeno fino a quando, nel corso di un’animata cena di Natale
a Corte, non arriva qualcuno a lanciare il fatidico guanto della sfida: il Cavaliere Verde, una misteriosa
creatura dei boschi ricoperta di licheni, si materializza sulla soglia e
propone un “gioco” rivolto al più audace degli uomini del re.
Le condizioni
sono poche, ma precise: il Cavaliere Verde si batterà contro uno dei valorosi presenti
e, in caso di sconfitta, cederà la sua preziosa arma alla corte di Artù.
Eppure, qualsiasi colpo Egli riceverà quel giorno, a
prescindere dalla sua natura o entità, il Cavaliere Verde avrà il diritto di
ricambiarlo l’anno successivo, presso una fantomatica Cappella Verde che si trova a centinaia di leghe – e di incontri - di distanza dalle
possenti mura di Camelot...
Il destino di un (aspirante) cavaliere
“Sir Gawain e il
Cavaliere Verde” è un film singolare, surreale
e ricco di potenziali chiavi di lettura. Una di quelle rare pellicole che
mi farebbe davvero piacere (e bene) rivedere con calma e probabilmente anche
più di una volta, proprio perché si rivela in grado di regalare così tanto ai
suoi spettatori, già a partire dal primissimo atto.
Delle tematiche
ci soffermeremo a parlare fra un minuto.
Da un punto di vista prettamente visivo, invece, “Sir Gawain e il Cavaliere Verde” offre panorami mozzafiato e cieli sconfinati,
rifiutandosi di rinunciare al “sense of
wonder” e di comunicare con noi attraverso un linguaggio universale fatto
di suoni naturali, giochi di luce e colori indescrivibili.
Per quanto concerne l’atmosfera, vi basti sapere che “Sir Gawain e il Cavaliere Verde” è un
fantasy cupo, allegorico, tesissimo. La fotografia
allucinata e le intense
interpretazioni del cast (che comprende, fra parentesi, un’eccellente Alicia Vikander nel doppio ruolo di Essel, l’amante di Gawain, e di una
misteriosa nobildonna legata al
mondo della stregoneria...)
basterebbero, già da sole, a qualificarlo come una sorta di film del terrore.
Alcuni critici americani l’hanno definito, non a caso, un “folk horror”, e sono andati avanti a
spiegare come l’ultima fatica di Lowery proceda progressivamente a ribaltare
molti (se non tutti) gli attribuiti che siamo soliti collegare al concetto di “eroismo”, per incarnare invece un
esempio di cinema di intrattenimento stimolante e di stampo prettamente filosofico.
Eppure, al tempo stesso la sceneggiatura contiene tutti gli
elementi tipici del genere fantastico: il viaggio, le prove, l’oggetto del
desiderio, l’adorabile animale magico... e una nemesi che non può (che non
deve, forse...) essere sconfitta.
La stregoneria, come la magia (e la natura), è ovunque!
A visione ultimata, immagino che molte persone si
arrovelleranno (come me) a caccia di una spiegazione: che significato avrà mai il finale di “Sir Gawain e il Cavaliere Verde”, e perché ho la sensazione che l’ultima
mezz’ora sollevi molte più domande che risposte?
La verità è che il film potrebbe essere interpretato in molti
modi, ma probabilmente la chiave di
lettura più “vistosa” ha a che fare con una complessa (e splendida) metafora sul significato della vita – e
della morte.
Prima di tutto, una parola sul Cavaliere Verde. Chi è? Da dove viene? Che cosa rappresenta?
Da brava neopagana XD, non ho fatto troppa fatica a
identificare in Lui l’Uomo Verde, vale
a dire quella misteriosa entità sovrannaturale che incarna la potenza stessa della natura; la
saggezza della terra, l’ineluttabile ciclo delle stagioni.
Dopotutto, provvede lo stesso “doppleganger” di Essel a spiegarci chi è il Cavaliere, in un memorabile monologo che racchiude l’anima stessa del film: perché la nemesi del protagonista è “verde”, ad esempio, e non di un qualsiasi altro colore? Perché non avrebbe potuto essere... rossa, ad esempio?
«Red is the color of lust, but green is what lust leaves behind, in heart, in womb. Green is what is left when ardor fades, when passion dies, when we die, too.»
Gawain è ossessionato dal pensiero di gloria e onore. Crede che non esista nulla di più immenso di
suo zio e dei suoi cavalieri; delle loro gesta spregiudicate, della loro
dedizione alla causa dell’ordine, della prosperità, della giustizia.
Gawain (probabilmente a ragione) non sente di meritare un
posto accanto a questi grandi uomini, ma ritiene comunque necessario continuare
a provarci, aspirare a una meta più alta,
trovare un modo per elevarsi dalla sua “grettezza” di avido bevitore e rinomato
frequentatore di bordelli.
Ma il personaggio di Alicia Vikander è lì per strappargli ogni illusione, e
ricordargli che nulla sarà mai più importante, fondamentale o forte
della natura; quel Verde incontrastabile e onnipresente che ci circonda, ci
protegge, ci distrugge, ci riempie, ci possiede.
Lo stesso effetto sortiscono, d’altronde, anche i maestosi e
totalizzanti paesaggi che appaiono nel
corso di così tante scene di “Sir Gawain
e il Cavaliere Verde”: montagne
titaniche, selve ancestrali, creature monolitiche che sfuggono a ogni
capacità di comprensione... laddove Gawain, povero ragazzo a caccia di
gloria, altro non è se un minuscolo “puntino”, una figura microscopica e ignara
divorata dall’ansia e dalla paura di non poter essere mai “abbastanza”.
Il finale: una possibile interpretazione
SPOILER ALERT! Se non avete ancora visto
il film, vi sconsiglio caldamente di continuare a leggere questo paragrafo!
A un certo punto, Artù dice a Gawain: «I Do Not Know Of Any Man Who Has Not Marched Up To Greet Death Before His Time."
Che è una frase molto sibillina,
se ci fate caso.
Da una parte (la parte in superficie), il Re sta
semplicemente cercando di incoraggiare il nipote. Vai, affronta il pericolo a
testa alta, come fanno tutti gli uomini onorevoli, e torna indietro per raccontarlo.
Dall’altra, secondo me, gli sta anche lanciando un avvertimento: «Non conosco un uomo che non abbia marciato incontro alla morte prima
del suo tempo.»
Che, se ci fate caso, equivale un po’ a dire «Tutti gli uomini vanno via troppo presto. Ma
nessuno marcia incontro alla morte prima del proprio tempo.»
Perché, quando è ora, è ora.
Quello che il Cavaliere Verde chiede a Gawain (dopo avergli
offerto così tanto) è un semplice atto
di sottomissione. Sei arrivato fino a qui; hai lottato, hai fatto incontri,
ti sei innamorato, hai vissuto. Adesso piega il capo e arrenditi, perché non
sei diverso dalle altre creature.
Come me, come tutto, appartieni alla Terra. Non importa
quanti castelli, eserciti o spade magiche possiamo possedere: sotto la pelle,
siamo tutti Verdi, e un giorno il Verde tornerà a reclamarci.
Perfino le fattezze di Artù e Ginevra, all’inizio del film,
contribuiscono a confermarlo. Guardateli bene in volto: nonostante la loro
grandezza, il loro successo, la loro saggezza... non sembrano un po’ cadaverici, non hanno forse un incarnato
malsano?
Non vi sembra che il Verde
abbia già cominciato a reclamare anche loro?
Gawain, all’inizio, non riesce ad accettare questo destino.
«Is this really all there is?», chiede allora al suo “carnefice”,
stupefatto.
E il Cavaliere Verde, altrettanto perplesso, non può che
rispondere: «What Else Ought There Be?»
Ma il nostro eroe continua a cercare un senso, uno scopo, una
missione più alta. E così si ostina a “imbrogliare”, a indossare la sua fascia magica, finché alla fine fugge
via senza chinare il capo.
Torna a Camelot,
diventa Re, realizza tutti i suoi sogni di ragazzo... ma da tanta gloria e
ricchezza non riceve altro che dolore,
umiliazione e sconfitta.
Perché sta vivendo una
bugia – la vita di un uomo morto, che si ostina a respirare ben oltre il
proprio tempo. Trasformando il Verde della vita nel Verde della Putrefazione... una Putrefazione
completamente innaturale, perché finisce con il verificarsi prima del trapasso.
E così, Gawain torna indietro, al momento della sua fatidica
resa dei conti con l’Uomo Verde.
E quando piega le ginocchia e scaglia via la fascia
incantata, è come se dicesse: ecco, va bene. Accetto la mia natura. Accetto la mia mortalità, rinuncio ai
miei trucchi e ai miei tentativi di barare, perché adesso so che una cosa del
genere sarebbe peggio che inutile: sarebbe un abominio.
Nessun uomo può
sconfiggere la natura.
Quindi, riesce finalmente a compiere il suo gesto di autentico
eroismo: si sottomette a una forza
più grande di lui e di qualsiasi umana ambizione.
E attraverso quest’unico atto di immenso, impareggiabile coraggio, Gawain si guadagna finalmente
il titolo di cavaliere...
Metto subito in lista, poi dovrò trovare il tempo di guardarlo 😍
RispondiEliminaCuriosissima di scoprire la tua opinione! *___*
EliminaDopotutto, il ciclo arturiano (con relativi retelling) è sempre stato una delle tue specialità! :D