La verità è che nutro dei sentimenti abbastanza ambivalenti nei confronti della serie tv “Archive 81: Universi alternativi”.
Nel complesso, però, credo che sia uno show interessante, soprattutto per i fan di piccoli film horror indipendenti tipo “The empy man” (lo trovate su Disney+), “Nessuno ne uscirà vivo” (Netflix), o “The endless” (disponibile su Amazon Prime Video).
Più in generale, immagino che consiglierei la visione di “Archive81” a tutti gli appassionati di Lovecraft e Ira Levin; ma solo se vi considerate spettatori dalla natura
estremamente paziente, e soltanto se
l’eventualità di rimanere invischiati in un racconto dalla struttura fortemente circolare
non vi spaventa...
La trama
Dan Turner (Mamoudou
Athie) è un giovane e mite archivista
a cui viene assegnato l’incarico di restaurare una nutrita collezione di nastri magnetici.
Sul piatto fa capolino la possibilità di ricevere uno
stipendio particolarmente allettante, per cui Dan decide di ignorare le strane condizioni imposte dal suo
datore di lavoro (che comprendono uno stato di isolamento totale, da trascorrere presso un misterioso edificio
sperduto fra i boschi...) e di cominciare a rimboccarsi le maniche.
Il ragazzo scopre così che le cassette contengono una fedele
testimonianza del soggiorno della studentessa universitaria Melanie Pendras (Dina Shihabi) presso il complesso
residenziale Visser, da molti
considerato un edificio maledetto.
Una reputazione comprensibile, soprattutto considerando il
fatto che, nel corso degli anni Novanta, il Visser è bruciato fino alle fondamenta, portandosi appresso una buona
quantità dei suoi abitanti... fra cui, presumibilmente, la stessa Melanie.
Eppure, guardando i nastri, Dan comincia a imbattersi in una
serie di indizi sconcertanti:
perché, a quanto pare, Melanie sospettava che dietro la sinistra fama del
palazzo si nascondesse addirittura un
culto dedito all’adorazione di un’antica
divinità oscura!
E, non appena salta fuori che la famiglia di Dan potrebbe aver svolto un ruolo all’interno della cospirazione,
almeno in qualche misura, il ragazzo comincia a lasciarsi sprofondare in un complesso
acquitrino di complotti, coincidenze disturbanti e salti temporali senza precedenti...
“Archive 81”: ovvero, l’arte segreta di diluire il brodo, fino a farlo diventare sciapo
“Archive 81” è una serie tv dal taglio estremamente singolare. Si
potrebbe dire, anzi, che è unica nel
suo genere.
Capiamoci bene: l’idea alla base dell’intreccio non è
certamente nuova (i fan dell’horror saranno sicuramente in grado di
indentificare le varie fonti di ispirazioni
senza problemi).
Allo stesso tempo, però, lo show di Rebecca Sonnenshine riesce a reinventare la formula e a infonderle
un inconfondibile tocco personale; un’identità
molto forte, che tende a basarsi soprattutto sulla potente morbosità delle sue atmosfere e sul carattere onirico del suo immaginario.
Una combinazione intrigante, insomma, dal momento che si rivela in
grado di esercitare un potente effetto
stimolante sull’immaginazione dello spettatore!
Eppure, allo stesso tempo, la sceneggiatura si ritrova a
incorrere in una (lunga) serie di errori
che, secondo me, finiscono per appesantire
terribilmente la visione; una sorta di ridondanza
logorante, scaturita probabilmente dalla necessità di “spalmare” nell’arco
di otto ore un arco narrativo che avrebbe potuto benissimo essere contenuto in
sei...
Tanti universi alternativi... per un protagonista che non brilla!
“Archive 81” porta il marchio – inconfondibile, nel bene e nel male –
del famoso produttore e regista di film horror James Wan.
Per quanto mi riguarda, la sua influenza si avverte
soprattutto nel corso degli ultimi due o
tre episodi; vale a dire le puntate più
coinvolgenti, quelle che tornano a legare finalmente insieme le maglie di
una storia che, ahimè, aveva cominciato a farsi deliberatamente criptica e convoluta.
È soltanto a questo punto, infatti, che la mitologia della serie comincia a farsi
più chiara, mentre il racconto comincia ad assumere una forma riconoscibile e i personaggi ad
acquisire un po’ di... non voglio nemmeno chiamarlo “spessore”.
Probabilmente “calore”
sarebbe il termine più adeguato.
Perché, in fin dei conti, “Archive 81” è una serie dall’innegabile fascino intellettuale, dark e ambiziosa come non mai... ma la cui estetica particolare tende, per sua stessa natura,
a scoraggiare qualsiasi spettatore affamato di emozioni forti.
Onestamente, non sono rimasta un granché impressionata
neanche dall’interpretazione di Athie
(che, invece, avevo apprezzato tanto nel piccolo gioiello targato Netflix “Unicorn Store”).
Ma, dopotutto, forse non è nemmeno colpa dell’attore: il suo
personaggio non fa altro che trascinarsi sullo schermo senza capire niente, imbambolato e privo
di credibili conflitti nei quali immedesimarsi...
Potete biasimarmi, allora, se ai vagabondaggi incoerenti di Dan ho preferito, in ogni momento, il secco umorismo di Mark (Matt McGorry), l’ironia senza freni di Annabelle (Julia Chan) o l’istrionica isteria di Melanie? XD
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