martedì 4 giugno 2019

"Unicorn Store" (film Netflix, 2019)



Concediamoci oggi qualche minuto per parlare un po’ di Unicorn Store”, il lungometraggio che ha segnato il debutto alla regia di Bree “Captain Marvel” Larson. Un film che difficilmente entrerà a far parte della storia del cinema, ma che, detto fra voi e me, è riuscito a fare breccia nel mio cuore e a regalarmi una valanga di emozioni; vale a dire un risultato che neppure il chiacchieratissimo finale di “Avengers: Endgame”, a sorpresa, è stato in grado di eguagliare.

Merito probabilmente delle tematiche-chiave trattate dalla sceneggiatura di “Unicorn Store”, che si propone di narrare la dolce-amara storia di formazione della trentenne Kit (interpretata per l’appunto da un’inedita, goffissima e adorabile Larson). Una delle pochissime donne rimaste sul pianeta Terra disposte ad ammettere che crescere è difficile a qualsiasi età, perché questa parola in realtà vuol dire qualcosa di molto diverso dal trangugiare caffè in quantità industriale, spettegolare di scappatelle altrui e riempirsi la casa di pezzi d’arte astratta. Per citare la stratosferica e compianta Ursula Le Guin: “I believe that maturity is not an outgrowing, but a growing up: that an adult is not a dead child, but a child who survived.”

La protagonista di “Unicorn Store” riesce indubbiamente a compiere questa difficilissima impresa, dal momento che, fin dalle primissime scene del film, appare chiaro che la vulcanica “bambina interiore” di Kit è più viva e vitale che mai. La nostra eroina infatti è una “ragazza grande” che, per motivi di forza maggiore, vive ancora a casa con i suoi genitori; è una persona eccentrica, introversa e talentuosa, fin troppo colorata e imprevedibile per i gusti dei suoi coetanei, che tendono per questo a considerarla infantile e priva d’ambizioni. Così Kit finisce per rintanarsi in casa e sprofondare in uno stato d’apatico isolamento, una situazione inasprita dal suo conflittuale rapporto con i genitori (Joan Cusack  e Bradley Whitford) e dalla sua cronica incapacità di trovare un modo per incanalare le sue febbrili energie creative, imbrigliate e messe alla berlina da chi, a quanto pare, preferisce continuare a coltivare la propria immagine di “persona vincente e omologata che riesce a sembrare sexy perfino mentre passa l’aspirapolvere”, piuttosto che concedersi uno slancio di fantasia e di ottimismo una volta ogni tanto.

E… be’, la vita di Kit compie una brusca svolta il giorno in cui riceve, quasi per caso, una misteriosa missiva proveniente da un losco figuro, un logorroico negoziante (interpretato dall’immancabile Samuel L. Jackson) che le rivolge una proposta straordinaria: se riuscirà a dimostrarsi degna delle aspettative, alla nostra artista verrà infatti concessa niente meno che l’opportunità di portarsi a casa… un bellissimo unicorno! Sì, avete sentito bene: mi sto riferendo proprio al mitico destriero delle leggende, un onirico amico per la vita, una creatura magica e speciale scaturita direttamente fuori dalle pagine di una fiaba. L’idea, ovviamente, basta e avanza a deliziare Kit sopra ogni altra cosa; da questo momento in avanti, la donna si sforzerà in ogni modo di rivoluzionare la propria vita e di guadagnarsi l’approvazione di questo misterioso e simpatico “negoziante di unicorni”.

Da questa surreale premessa ai confini della realtà, insomma, nasce uno dei miei film preferiti di questo 2019; un gioiellino raro e prezioso che forse, agli occhi di molti altri, non avrà proprio nessun valore… ma che ha per me ha significato veramente tantissimo, e che mi sentirei di consigliare spassionatamente a qualsiasi fan del genere fantastico. E forse, più in generale, a chiunque abbia avuto l’impressione, a un certo punto della propria vita, di non riuscire più a sentirsi a casa in questo mondo, e di non capire più dove finisca esattamente il regno del Consumismo e della Finzione e dove inizi invece quello della Personalità e dell’Essenza… ammesso poi che inizi ancora da qualche parte.

Al di là di fattori “convenzionali” del linguaggio cinematografico quali regia, fotografia, scenografia e via discorrendo, dunque, ciò che è riuscito a imporsi maggiormente alla mia attenzione è stato soprattutto il messaggio di “Unicorn Store”; un piccolo raggio di speranza e di dolcezza, di sensibilità, onestà e accettazione, che verso la fine del film mi ha ridotto sull’orlo delle lacrime e colmato di un profondo, inconfutabile senso di gratitudine e rispetto nei confronti di Brie Larson, attrice talentuosa ed essere umano dotato di rarissima intelligenza.

Decisamente il mio “feel-good” movie dell’anno, insomma, a quanto sembra; anzi, probabilmente del decennio intero…
Spero tanto che resti disponibile su Netflix a tempo indeterminato, perché una certa vocina interiore mi suggerisce che, nel corso dei giorni e delle settimane a venire, vorrò vederlo ancora, e ancora, e ancora… XD



6 commenti:

  1. L'ho inserito nella lista di Netflix, ma non ho ancora avuto il tempo di guardarlo (in questo periodo quando ho tempo libero sono stanca, e quando sono stanca mi butto nei videogiochi)... però adesso il desiderio di vederlo è salito di nuovo alle stelle, e un film adorabilino che tira su il morale è proprio quello di cui ho il bisogno ^-^

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    1. Ultimamente anch'io sono tornata a buttarmi un po' sul mondo dei videogiochi: tant'è che le mie serate adesso sono dedicate a "Life is Strange", che ho scoperto con almeno tremila anni di ritardo rispetto al resto del mondo, ehehe! XD
      Comunque secondo me il film è veramente carino, leggero, delicato... Da non perdere, insomma! ^^

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  2. Bentornata Sophie 😊 mi fa piacere ritrovarti e leggere di nuovo il tuo blog! 😊 Grazie per la recensione di questo film, mi incuriosisce, mi segno il titolo!

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    1. Grazie mille a te, Vanessa! ^____^
      Spero che riuscirai a vederlo, e che ti diverta/commuova come è successo a me! ;D

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  3. A me è piaciuto molto l’aspetto visivo ma il film nel suo complesso non mi ha convinto molto

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  4. Quanto l'ho amato! Alla fine ho pianto a dirotto ahhahahahahahah

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