“Goodwill” è un libro horror per ragazzi, un romanzo che rappresenta contemporaneamente uno spin-off e un prequel della straordinaria serie a fumetti “Mercy” di Mirka Andolfo.
La trama escogitata
da Manlio Castagna si concentra sull’origin
story di Ambrosiosus Goodwill; in
modo particolare, sul grande mistero
che circondò la sua infanzia, e sulle terrificanti
conseguenze che ricaddero sulla sua piccola comunità di pionieri, nel pieno dell’America di metà Ottocento, in
seguito a questo evento...
La trama
In una livida alba di novembre del 1851, dopo un viaggio di sette mesi, i coloni approdano a quella che diverrà Seattle. Speranza, felicità e disperazione si mescolano alla
pioggia che li inzuppa fino alle ossa.
È in questa comunità di uomini e donne volenterosi che nasce
il piccolo Ambrosius Goodwill. La
sua infanzia trascorre serena finché all'età di quattro anni, giocando nel
bosco, il bambino sparisce.
Resta lontano da casa per una settimana. A nulla serve battere
la foresta palmo a palmo, e il Viaggio
di Conoscenza intrapreso dal grande sciamano
indiano per ritrovare tracce del bambino non dà risposte rassicuranti. Poi,
in una giornata di tempesta, Goodwill riappare
sulla soglia di casa. Ma non è più il bambino spensierato di prima: sembra
non soffrire la fame, il freddo, non sentire il sonno né provare emozioni.
E quando a Seattle cominciano ad accadere tragedie che coinvolgono tutta la
comunità, si dice che sia proprio quel bambino a portare la sventura...
"Goodwill": la recensione
Voglio essere del tutto sincera con voi: ho amato moltissimo
“Mercy”,
e penso che Mirka Andolfo sia una delle artiste più brillanti, coinvolgenti e
ricche di immaginazione che il panorama del fumetto italiano abbia da offrire.
Esattamente per questo motivo, ho deciso di approcciarmi alla lettura
di “Goodwill” in preda a un carico di
aspettative moderatamente basso.
Perché, siamo seri... L’uscita stessa di un titolo come “Goodwill” emana un chiaro sentore di trovata commerciale casuale.
Dopotutto, non è che le parole “libro horror
per ragazzi” e “Mercy” siano in
grado di evocare un chiaro e immediato collegamento nella mente del lettore.
Anzi: credo che, considerando le situazioni ambigue, i toni
dark e i temi maturi affrontati nella graphic novel originale, a una persona
verrebbe piuttosto spontaneo domandarsi da dove sia scaturita, esattamente, un’idea
del genere.
Come se a qualcuno venisse improvvisamente in mente di
dedicare un romanzo per tredicenni all’infanzia
tormentata di Vanessa Ives in “Penny Dreadful”: un’operazione
talmente stravagante e improbabile che, probabilmente, finirei con il
pre-ordinare la mia copia con almeno tre mesi di anticipo rispetto all’uscita!
XD
Ma sempre continuando a tenere una guardia alta.
Perfino così, ammetto di aver trovato la lettura di “Goodwill” deludente, stancante e
vagamente frustrante.
In rete, è possibile imbattersi in svariate recensioni alternative alla mia; vi
consiglio di buttarci un’occhiata, così potrete prendere atto dei loro toni
entusiastici e ricchi di apprezzamento, e capire che la mia è solo un’opinione
fra le tante.
Nel mio piccolo, però...
Bè, voglio essere del
tutto sincera con voi: la verità è che ho trovato “Goodwill” noioso,
pasticciato e sciropposo da qualsiasi possibile punto di vista!
Al punto di incontro fra trailer e sceneggiatura
L’aspetto peggiore, probabilmente, è che considero “Goodwill” una lettura inappropriata per qualsiasi fascia di età.
Mi spiego meglio: l’intreccio
dell’opera di Castagna è troppo “basico”,
superficiale e semplicistico, per essere davvero in grado di esercitare un
qualche tipo di appeal sul lettore adulto. La storia di un bambino che svanisce
nel bosco, per tornare indietro “cambiato”
e cominciare a comportarsi in maniera imprevedibile?
Abbiamo letto/visto questa storia un’infinità di volte. È un
canovaccio ricorrente, nell’ambito della letteratura e del cinema di genere; changeling e bambini scambiati di ogni
genere hanno sempre fatto parte del nostro folclore,
dopotutto.
E il pubblico contemporaneo ha ampiamente dimostrato di saper apprezzare ancora questo tema (lo dimostra, ad esempio, il recente successo del notevole dark fantasy di Krystal Sutherland “House of Hollow”...), a patto che venga trattato con originalità, personalità, sensibilità e/o profondità da parte dell’autore.
Cosa che Castagna, purtroppo, secondo me in
questo caso non si è sforzato troppo di fare.
D’altro canto, dubito che consiglierei la lettura di “Goodwill” a un teenager o a un preadolescente.
Un po’ perché contiene un paio di immagini molto grafiche relative a scene di violenza ai danni di animali, e un po’ perché la tendenza
dell’autore al “riassunto e raccontato”
(a discapito del mostrato) finisce per rendere il romanzo inutilmente lento, macchinoso e ridondante.
Soprattutto nel corso del primo atto. Vi dico solo che, per
tutto il tempo, continuavo ad avere la sensazione di sentire quel classico
vocione “da trailer” che mi leggeva
i paragrafi di “Goodwill” in fondo
alla mente, in quell’inconfondibile tono gongolante e carico di
autocompiacimento: «Quest’inverno, preparatevi
ad assistete all’evento dell’anno: oh oh oh, adesso sì che ne vedrete delle belle!»
Solo che io, alla fine, non ho visualizzato un bel
niente.
Ho giusto preso atto di questo o quell’altro cliché, preso in prestito da un ampio
filone di cinema horror e “mixato” agli elementi caratteristici dell’opera
della Andolfo.
Antologia dei “creepy kids”: un compendio
E così siamo arrivati al punto in cui vi spiego in quale campo, invece, la sottoscritta
ritiene che Castagna abbia svolto un lavoro
eccellente.
Vale a dire nello scovare, rielaborare e presentare ai suoi
lettori ogni singolo trope mai apparso nell’ambito del filone dominato dai
famigerati “eerie children”.
“Il Villaggio dei
Dannati”, “ll Presagio”, “Grano Rosso Sangue”, “Rosemary’s Baby”... L’autore possiede una conoscenza pressoché enciclopedica di questi grandi classici, e fortunatamente riesce
a sfruttarla per inserire all'interno del suo libro una serie di scene cariche di suspense, sottile malizia e sospensione
onirica.
Avrebbero potuto aspirare a esercitare un impatto maggiore, a livello emotivo e/o
intellettuale, le suddette scene?
Sicuramente sì.
Se, ad esempio, l’autore fosse riuscito a trattenersi dall’irritare
e confondere il suo lettore, continuando a saltare
da un punto di vista all’altro in una maniera che mi sentirei di definire
soltanto come isterica.
Se la narrazione
avesse scelto di seguire una focalizzazione
di qualsiasi tipo, anziché mirare soltanto
a ricreare l’occhietto asettico e
ballerino di una telecamera invisibile.
Se l’ambientazione storica
fosse stata ricreata con un qualsiasi grado di autenticità e verosimiglianza
(la famiglia di Goodwill è essenzialmente il tipico nucleo famigliare da Mulino
Bianco, sbalzato in un contesto simil-western che sembra rifarsi alle avventure
di Tex Willer e Kit Carson più che a qualsiasi altra cosa).
E se i dialoghi non sembrassero la somma di un milione di trite battute da B-movie visti da
bambini nel cuore dell’estate.
Insomma, un titolo che consiglierei soltanto come possibile introduzione all’oscuro e conturbante mondo di “Mercy”, o a un lettore di horror alle primissime armi.
I
neofiti potrebbero trovare appagante l’uso di determinati spunti tematici evergreen, soprattutto quelli intenzionati a
compiere una rapida “toccata e fuga” nel regno della narrativa dell’orrore, prima di tornare a tuffarsi all’interno
della propria confort zone! :)
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