giovedì 29 settembre 2011

Recensione: L'atlante di smeraldo




Dunque.. "L'atlante di smeraldo" ha rappresentato un piccolo caso editoriale; è quel classico tipo di romanzo a cui gli editori decidono di accordare una grande fiducia, e sul quale stabiliscono di puntare molte delle loro risorse promozionali.
Se il motivo di una tale scelta abbia qualcosa a che fare con delle qualità letterarie di qualche tipo, oppure con delle ragioni meramente "commerciali" (un editore deve per forza di cose essere bravo a "fiutare" in anticipo quali saranno i trend del momento, questo è scontato), non saprei dire.
Ciò che posso affermare con assoluta certezza è che, per me, "L'atlante di smeraldo" non soltanto ha rappresentato una grandissima delusione, sotto quasi ogni punto di vista, ma anche, peggio ancora, una lettura talmente tediosa da farmi provare più volte l'impulso di mollare il volume e dedicarmi ad altro.
In pratica i difetti principali del romanzo riguardano tutti gli aspetti fondamentali della narrazione: trama, personaggi, tecniche narrative.
John Stephens si limita a buttare in un pentolone virtuale vari "ingredienti" tratti da altre celebri saghe fantasy, senza aggiungere assolutamente nulla di suo. Il risultato è un minestrone privo di personalità, freddo, a tratti quasi sterile. Abbiamo i tre orfanelli, che sembrano trapiantati qui direttamente dalla serie di "Lemony Snickets". Abbiamo il dottor Pym, un clone di Albus Silente che più clone di così non si può. Abbiamo la strega cattiva, che fa molto, molto Narnia, insieme ad altri piccoli risvolti nella trama che preferisco non citarvi per non correre il rischio di fare spoiler.
Abbiamo il gigantesco Gabriel: il suo rapporto di amicizia con la piccola Emma mi ha ricordato tantissimo quello descritto in "Queste oscure materie", e che si veniva a creare fra Lyra e l'orso guerriero Iorek.
Eccetera, eccetera. Potrei andare avanti quasi ad oltranza (credetemi: ad un certo punto, se leggerete il libro, salterà fuori persino una versione insensata e del tutto inutile di Gimli il nano...)
Oltre tutto, sinceramente, mi è anche sembrato di cogliere una certa "goffaggine" da parte dell'autore, che non padroneggia bene le tecniche narrative che impiega, commette cento piccoli errori, si ripete spesso, fa lievitare il senso di frustrazione del lettore continuando a ribadire sempre le solite quattro cose, fino alla nausea...
L'unica cosa che ho apprezzato, se non altro perchè mi ha permesso di spezzare un pò il senso di noia generale, è stato lo spirito umoristico che filtra attraverso varie sequenze del libro.
Un senso dell'umorismo piuttosto grossolano, un pò infantile, intendiamoci, e a volte decisamente esagerato (un esempio è dato dal personaggio di Hamish, una chiara caricatura, che all'inizio riesce a strappare qualche sorriso, con il suo linguaggio sboccato e i suoi modi ruspanti, ma che alla lunga fiisce per irritare, più che divertire... mai tirare troppo la corda, Hamish!) ma, se non altro, uno dei pochissimi tratti "caratteristici" dell'opera di Stephens che io sia riuscita a individuare.
Insomma, in conclusione... Personalmente credo che "L'atlante di smeraldo" sia una lettura trascurabilissima, destinata a intrattere al più i lettori "occasionali" del fantasy, oppure coloro che si accostano al genere per la primissima volta.
Per tutti gli altri... Bé, il mio consiglio è di aspettare almeno l'edizione economica, se proprio siete curiosi e non potete fare a meno di dare un'occhiata da vicino a questo promesso "nuovo classico annunciato". ^^

Giudizio personale: 5.0/10


John Stephens - L'Atlante di smeraldoTitolo originale: The Emerald Atlas
Traduzione di Silvia Piraccini
- Edizioni Longanesi 2011

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