mercoledì 19 novembre 2014

Recensione: "The Maze Runner - La Fuga"




Titolo originale: The Scorch Trials
Autore: James Dashner
Serie: The Maze Runner, Vol. 2
Disponibile: anche in italiano, tradotto dalla Fanucci!
Trama: "Il Labirinto e i viscidi Dolenti sono ben poca cosa se paragonati alla lunga marcia che la malefica organizzazione denominata C.A.T.T.I.V.O. ha pianificato per i pochi sopravvissuti che tiene prigionieri, i Radurai, attraverso la Zona Bruciata. La squallida landa inaridita da un sole accecante è sferzata da tempeste di fulmini, e popolata da esseri umani che l'Eruzione, il temibile morbo che rende folli, ha ridotto a zombi assetati di sangue. Nelle due settimane in cui dovranno percorrere i centocinquanta chilometri che li separano dal porto sicuro, la loro meta, tra cunicoli sotterranei infestati da sfere metalliche affamate di teste umane e creature senza volto dagli artigli letali, i Radurai dovranno dar prova del loro coraggio e dar voce al loro istinto di sopravvivenza. In questo scenario di desolazione, superando le insidie di città fatiscenti e foreste rase al suolo, il viaggio verso il luogo misterioso in cui potranno ottenere la cura che salverà loro stessi e il mondo diventerà per Thomas, Brenda, Minho e gli altri un percorso di scoperta del proprio mondo interiore, del limite oltre il quale è possibile spingere le proprie paure."
Le mie opinioni:
In poche, pochissime occasioni un sequel è quasi riuscito a farmi rimpiangere tutte le belle parole che avevo speso per il primo libro.
James Dashner, con questo suo sconcertante "La Fuga", ha avuto pienamente successo nell'impresa.
La storia - che, per chi si fosse sintonizzato sulle frequenze del blog solo di recente, all'inizio mi aveva preso parecchio - riprende esattamente dal punto in cui si era interrotta alla fine del precedente libro.
Il primo capitolo di questo nuovo romanzo, forse addirittura i primi due, sono abbastanza incisivi da lasciarti ben sperare; e invece, da lì in poi è praticamente tutto in discesa, al punto che, purtroppo, non salverei quasi niente di tutto questo gigantesco pasticcio in formato libro che Dashner ha voluto propinarci.
Quando il più grande pregio che riusciamo a individuare in un romanzo consiste nella qualità di lasciarsi leggere in fretta, diciamocelo, si tratta del palese sintomo di qualcosa che non va; senza tralasciare il fatto che, brevità e scorrevolezza a parte, io ho fatto comunque una gran fatica a finirlo, considerando soprattutto la noia accesa dallo stile ripetitivo dell'autore e incentivata dalla crescente irritazione scatenata dai suoi odiosissimi e sfocati personaggi.

La cosa peggiore della faccenda è che, secondo me, anche stavolta Dashner aveva avuto un'ottima intuizione iniziale.
L'idea di coinvolgere Thomas e gli altri in uno spericolato e pericolosissimo viaggio attraverso una landa desolata, bruciata e popolata da violenti semi-zombie in preda alla follia e alla disperazione, era non voglio dire originalissima, ma per lo meno accattivante al punto giusto.
Dopo la claustrofobia e il senso d'oppressione assaporati ne "Il Labirinto", inoltre, le nuove pieghe prese dalla trama avevano tutte le potenzialità per spalancarci nuovo scenari, sbalordirci, inquietarci, emozionarci, terrorizzarci.
E invece, in qualche maniera, Dashner è riuscito a scavarsi la proverbiale e metaforica fossa con le sue stesse mani!

Il ritmo del libro, tanto per cominciare, non è serrato: è precipitoso, teso, traballante come il tragitto di una vecchia Jeep sussultante che procede a scatti su un terreno disseminato di buche pericolose.
Le descrizioni dei paesaggi, fondamentali nel quadro di un intreccio incentrato su un viaggio e su una brutale ambientazione post-apocalittica, sono poco meno che pietose e ridotte a due frasette in croce.
Per permettere al lettore di visualizzare una montagna che incombe minacciosa in lontananza, ad esempio, il narratore si limita a dire che essa «era tutto brutto e marrone» (Shakespeare, ragazzi... con questa siamo proprio dalle parti di Shakespeare, o giù di lì! XD)
Salvo poi sprecare le centocinquanta pagine successive a blaterare, in maniera ossessiva e frustrante, delle emozioni in tumulto del giovane Thomas, alias il protagonista più egocentrico, piatto e antipatico di tutta la storia conosciuta del genere YA!

Thomas è infatti il classico esempio di eroe adolescente affetto dallo stadio terminale di quella che io chiamo, fra me e me, "sindrome della Vodafone iper-concentrata".
«Tutto gira intorno a me» sembrerebbe infatti essere il mantra personale della vita di Thomas, e davvero io non riesco a concepire come abbia fatto Dashner a convincersi, anche solo per un secondo, che questo cretino di personaggio (scusate se lo chiamo col suo nome, ma mi ha fatto veramente arrabbiare! :P) fosse degno, anche solo per un secondo, delle nostre attenzioni.
Thomas, difatti, si dimostra ripetutamente incapace di manifestare sensibilità, umanità, senso dell'umorismo, ironia, difetti in grado di rendercelo in qualche modo più simpatico, o capacità empatiche anche solo mediamente sviluppate.

"Stavo pensando", disse Newt.
Thomas: "A cosa?"
Non gli interessava davvero; era solo contento di avere qualcuno con cui parlare e di distrarsi dai suoi pensieri.
 "Bene così", disse Thomas. chiedendosi cosa avevano fatto mentre lui era via, ma si rese conto che non era poi così importante.

Oppure, subito dopo che Brenda lo ha salvato, urlandogli di eliminare uno zombie assassino mentre lei lo teneva inchiodato a terra:
Aver ucciso un essere umano non era facile da accettare.
"Lo so", rispose alla fine. "Ma è stato così... crudele. Così brutale. Avrei preferito potergli sparare da lontano con una pistola o roba del genere. (...) E se adesso vedrò la sua faccia orribile ogni sera quando sto per addormentarmi? E se me lo sogno?"

Il mondo intorno a loro sta per esplodere e ci cono mostri dappertutto. Teresa e Thomas sono gli unici ad aver avvistato un possibile riparo:
"Dobbiamo dirlo agli altri", disse Theresa mentre raggiungevano la capsula.
Thomas: "Ci arriveranno da soli."

In una recensione su goodreads, una ragazza ha provato inoltre a contare quante volte, per la precisione, Thomas riesce a perdere i sensi nell'arco di poco più di trecento pagine.
La risposta la dice lunga sulla vera essenza del personaggio, secondo me: ventinove.
Ventinove!
Ventinove svenimenti da damina vittoriana che, per noi lettori, in pratica equivalgono ad altrettanti black-out, perché è chiaro che, per l'autore, prendere in considerazione l'idea di abbandonare il punto di vista dell'adorato Thomas, fosse pure solo per un paio di pagine, comporterebbe un assoluto sacrilegio; poco importa, da questo punto di vista, che anche con il suo grande eroe al tappeto la storia continui a procedere come se nulla fosse, e che in pratica le parti più interessanti e avventurose della trama, quelle vissute in prima persona da Minho, Newt e Theresa, ci resteranno per sempre oscure.

Nell'ottica di Dashner, del resto, i personaggi secondari (e sono tutti secondari a eccezione di Thomas, persino i cattivi e il suo love interest principale) non svolgono altra funzione se non quella di star lì a ballare al ritmo delle idiozie dette o escogitate dal protagonista.
L'autore non si è neppure preso la briga di inventarsi un nome per la maggior parte di essi, dopotutto; quando un membro del gruppo del protagonista crepa, è prima preoccupazione del narratore assicurarci che sì, effettivamente è appena bruciato vivo un ragazzino, «ma tanto non si trattava di nessuno che per Thomas significasse qualcosa», e quindi... ma sì, ma vabbé, e chi se importa?! XD

Non ho neppure provato la contentezza che mi aspettavo nel ritrovare personaggi potenzialmente interessanti quanto Minho o Newt, perché tanto, all'interno dell'economia del racconto, l'autore non riesce a trovare (o meglio, non vuole trovare) alcuno spazio per la loro psicologia.
Mille volte più pratico e significativo ribadire per la centocinquantacinquesima volta che Thomas si sente tanto triste e solo perché Teresa è troppo impegnata a cercare di salvargli la pelle per fargli le coccole, o che tutti nel mondo sono brutti e cattivi perché si preoccupano del virus letale che presto spazzerà via dalle loro mente ogni singolo barlume di sanità mentale, invece di stare a prestare attenzione ai suoi intricati e adolescenziali dilemmi ormonali.
Dunque Newt e Minho, oppure Gonzo e Animal dei Muppets, per quello che vale: a questo punto, e in assenza di qualsivoglia linea narrativa coerente in grado di delineare la personalità dei due ragazzi, forse i pupazzi amici di Kermitt sarebbero piuttosto riusciti a trasmettermi più delicate sfumature emotive.

Per quanto riguarda il grande mistero relativo alla Cattivo, agli esperimenti, ai test sulla violenza indicizzata e a tutte le contorte e sciocche Variabili del mondo..
Bè, sinceramente Dashner è riuscito a perdersi tutta la mia attenzione, a furia di rinviare, guadagnare tempo e allungare il brodo.
In realtà penso di aver ricominciato a provare una scintilla di interesse solo durante la lettura nell'ultimissimo capitolo... e, grazie al cielo, a quel punto il romanzo si è interrotto: considerando l'andazzo generale, probabilmente Dashner sarebbe riuscito a giocarsi persino quell'estrema, infinitesimale briciola di curiosità e di interesse, se avesse continuato... ç______ç

Giudizio personale: 3.5/10

Potete leggere la mia recensione del primo volume della serie, "Il Labirinto", cliccando QUI!

;D

12 commenti:

  1. io la volevo leggere la trilogia di dahne, ma adesso sto riconsiderando la cosa....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il primo libro, a me è piaciuto tantissimo. Questo, purtroppo... mi ha fatto passare completamente la voglia di leggere l'ultimo! So già che dovrò praticamente costringermi a finire la trilogia! :(

      Elimina
  2. Mamma mia che tragedia. I seguiti che non mantengon le aspettative lasciano l'amaro in bocca più delle serie brutte fin dal principio: almeno non c'è la buona idea sprecata :/

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti! ç____ç
      Molto meglio quando una serie, se proprio deve dispiacere, non riesce a colpire sin dall'inizio... almeno ci si risparmia i soldi dei sequel, e la fatica di leggerseli tutti! :P

      Elimina
  3. Io ho odiato pure il primo (ma ho visto solo il film, come sai) e ho intenzione allegramente di fermarmi lì D: ahahahah

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pensa che io non vedevo l'ora di vedere il film, Mik...
      Ma ora, fra questo sequel e la tua recensione, mi sta completamente passando la voglia! ç______ç

      Elimina
  4. Ah che peccato! Io lo sto leggendo in questo periodo, sono più o meno a metà e mi sta piacendo! Il primo mi aveva sorpresa tantissimo, in positivo, e per ora il secondo sta mantenendo le aspettative ^_^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Uh, meglio così, Giada... decisamente moooolto meglio così! ;D
      Il primo era piaciuto davvero tanto anche a me... ora non mi resta che confidare nella possibilità del gran finale di riscattarsi e tornare a incantarmi! ^____^

      Elimina
  5. Questa serie mi ispirava, ma mi sa che lascio perdere! :-/

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Primo libro molto bello, sequel - a mio parere - assolutamente deludente...
      Ora che non resta che l'ultimo atto, "La rivelazione": una particina di me, per quanto piccola, non riesce a fare a meno di sperare che Dashner riesca a riscattarsi! ;D

      Elimina
  6. Oddio D: La fuga è praticamente il mio preferito della serie! Mi dispiace tantissimo che non ti sia piaciuto!
    Comunque, per quanto riguarda la Cattivo, a trilogia conclusa, sai che ho capito ben poco? O.O

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Davvero?! Quindi tante cose sulla Cattivo sono rimaste avvolte dal mistero?! ç____ç
      Mmm... a meno che Dashner non abbia volutamente tenuto in serbo qualche rivelazione per il prequel. Dovremo leggere anche "La Mutazione", mi sa! ;D

      Elimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...