martedì 12 gennaio 2016

Recensione: "Carol" (film)


Titolo originale: Carol
Regia: Todd Haynes
Cast: Cate Blanchett, Rooney Mara, Kyle Chandler, Jake Lacy, Sarah Paulson, John Magaro, Cory Micheal Smith.
Anno: 2016

"Therese Belivet è una ventenne che lavora come impiegata in un grande magazzino a Manhattan sognando una vita più gratificante. Un giorno incontra Carol, una donna attraente intrappolata in un matrimonio di convenienza e senza amore. Tra loro scatta immediatamente un'intesa, e l'innocenza del loro primo incontro piano piano svanisce al progressivo approfondirsi del loro legame.



Sin da quando ho letto il romanzo di Patricia Highsmith da cui il film è tratto, ho saputo che Todd Haynes sarebbe stato il regista ideale per dirigere l'adattamento cinematografico di "Carol".
I primi due aggettivi che mi sono sempre venuti in mente pensando a "Lontano dal Paradiso", fino a ieri l'opera fino più famosa del regista americano, sono infatti proprio "elegante" e "raffinato"; guarda caso si tratta delle medesime due parole che userei per descrivere il libro che l'autrice statunitense decise di pubblicare sotto pseudonimo nel 1953.

C'è anche dell'altro che accomuna i due artisti, ritengo.
Qualcosa che ha a molto a che spartire con l'abilità di entrambi di comunicare con il lettore/spettatore tramite simboli sofisticati e tutt'altro che immediati; quel continuo rimandare al regno della possibilità, del non detto, del dettaglio (apparentemente) trascurabile e secondario, e che ha a che fare con un genere di critica sociale sottile e affilata, suggerita e mostrata ma non sbandierata, mai ostentata o servita su un piatto d'argento...  e tanto più efficacie proprio per questo, a mio umile avviso.

Alcuni incontri cambiano la vita.
E' la frase riportata sulla locandina del film e si applica alla perfezione al caso di Therese, dicianovenne commessa impiegata presso una catena grandi magazzini, aspirante forografa e grande sognatrice, e Carol, biondissima e irrequieta signora dell'alta società newyorkese.
La stessa cosa devono aver pensato anche Haynes e il suo direttore del casting, nel momento in cui hanno avuto la conferma che Cate Blanchett e Rooney Mara avrebbero ricoperto i ruoli principali in questo loro film così atteso e "importante".
Se da una parte la Blanchett, diva dal talento universalmente riconosciuto, rappresentava infatti  una scommessa praticamente già vinta in partenza, bisogna ammettere che è stata l'interpretazione della Mara a lasciarmi sbalordita.
Definirla "brava" è un eufemismo; sostenere che nei panni di Therese abbia sostenuto un'ottima prova è da considerarsi riduttivo, un po' come limitarsi a commentare che l'Everest in fondo è «molto alto».
La sua capacità di affascinare lo spettatore, attraverso la magnificenza offerta dal grande schermo, è a dir poco esplosiva;  insomma, la Mara è splendida, molto semplicemente, e ho finalmente compreso cosa intendevano esprimere alcuni critici americani, paragonando la sua timida, semplice e discreta avvenenza all'immenso carisma di Audrey Hepburn in persona.
La chimica e l'intesa che si vengono a instaurare fra le due grandi attrici non è da meno; ne consegue il ritratto fedele, nitido e sincero di un grande legame affettivo intriso d'attrazione prima, e di una soverchiante e irreversibile passione poi.

Con qualche correzione e un paio di modifiche rispetto al romanzo, Haynes ci propone quindi l'immagine di una Carol che differisce, rispetto a quella del libro, solo per lievi gradi di sfumatura.
Ne salta fuori l'effige di una donna leggermente meno repressa, meno disperata e misteriosa ,un po' meno riservata e più "libertina".
La sensibilità della Blanchett, e l'alto valore espresso dalla sceneggiatura, contribuiscono comunque a rendere il suo ritratto più "umano", sfumato e interessante, anche se durante il processo larga parte delle sue caratteristiche da tipica femme fatale del cinema in bianco e nero anni '40 vanno perdute.
Non che questo sia un male, a venirlo a chiedere a me; soprattutto considerando il fatto che il personaggio ne guadagna in termini di profondità, complessività e vulnerabilità emotiva.

Se le interpretazioni delle due protagoniste risultano brillanti e impeccabili, altrettanto vale per la splendida fotografia, la suggestiva scenografia e le struggenti note della colonna sonora.
Per quanto riguarda il montaggio, confesso di essere rimasta perplessa, per un istante o due, a causa di alcune precise scelte narrative.
Con il senno di poi, invece, mi sono resa conto di essere rimasta stregata soprattutto da quell'inaspettata e rivelatoria sequenza d'apertura; quella che offre, a posteriori, un'utilissima chiave di interpretazione per la compresione generale del film.
Il messaggio di Haynes è palese, e rispecchia secondo me quello inteso dalla Highsmith: non fidarti delle apparenze, non lasciarti distrarre dalla patina scintillante e dagli esuberanti  completini d'epoca dalle tinte pastello.
Se vorrai carpire la verità, dovrai scavare a mani nude e cercare oltre l'effimero velo della superficie.
I personaggi non esprimeranno a voce alta quello che pensano o provano, salvo rare occasioni, perché non sarà loro consentito.
Ricorda che sono imbrigliati, prigionieri di se stessi, delle loro paure e delle consuetudini della loro epoca.
La verità, la prorompente e salvifica forza dei sentimenti, resta invisibile agli occhi degli ignari passanti e si nasconde piuttosto negli sguardi intensi ed eloquenti delle due donne protagoniste.

Un'ultima nota, infine, mi permetto di farla riguardo al personaggio di Abby, interpretata  (peraltro egregiamente) da Sarah Paulson, volto ormai "storico" della serie tv "American Horror Story".
L'amica di Carol viene trattata molto bene dalla sceneggiatura di Haynes, e secondo me esce fuori a testa alta dal confronto con il personaggio descritto dalla Highsmith nel libro.
Emblematico in questo senso risulta il suo dialogo con Harge (Kyle Chandler) sotto la pioggia, quando lui le urla in faccia, disperato, riferendosi a Carol: "Ma io la amo!", e Abby risponde, a denti stretti: "Io non posso farci niente."
Come per dire: "Sì, la amo anch'io, e nemmeno nel mio caso si tratta di un amore corrisposto. Per te si tratterà anche solo di tenere in piedi le apparenze di un matrimonio infelice e di compiacere le aspettative della tua borghesissima madre, ma per me è la vita: un sentimento che non mi è stato imposto da niente e nessuno e che per questo appartiene solo a me. Quindi la aiuterò a trovare la felicità  che merita con qualcun altro a costo di spezzarmi il cuore, anziché limitarmi a sbatterle in faccia il mio dolore come se fosse una sua colpa, e a intralciarla a ogni passo."
E' la pura sintesi dell'amore autentico, devoto e affezionato, insomma, che si oppone al potere della consuetudine e all'istinto del possesso, e devo ammettere che mi ha commosso.
Per questo stesso motivo, non sono stata in grado di provare molta pietà, compassione o anche solo un vago senso di empatia nei confronti dei due uomini "respinti" dalle nostre due affascinanti protagoniste: sia Harge, marito di Carol, che Richard (Jake Lacy), fidanzato di Therese, sono infatti personaggi accecati dall'egocentrismo e dal proprio bisogno di dominare, guidare, costruire, disporre e comandare.
Si definiscono "innamorati", e credo che ne siano davvero convinti; ma amano con la cieca ostinazione di un'anima insensibile ai bisogni altrui, sempre pronta a imporsi con la forza.
Amano (o almeno, così sostengono...), ma non ascoltano, non rispettano, e non comprendono.

Giudizio personale: 8.5/10

Girl Power:





12 commenti:

  1. tra le mie prossime visioni, sembra imperdibile questo film

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    1. Assolutamente: secondo me può piacere o meno, ma resta un dato di fatto che si tratti di un film realizzato con garbo, stile e tanto, tanto buon gusto! ;D

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  2. Gran bel post per un film che anch'io ho apprezzato tanto. Mi sono accorta, alla fine, che avevo addirittura dimenticato che l'amore ritratto sullo schermo fosse quello tra due donne...

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    1. Infatti, ed è proprio questa una delle caratteristiche del film che ho apprezzato di più! :D

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  3. Bella recensione, lo guarderò molto presto!

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  4. Sai già. Tutto bello, tutti belli, però troppo gelo.
    L'ho preferito senz'altro al libro, che tra sospiri e languiri era infinito.

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    1. Yes, rammento bene! ;D
      In realtà comprendo il tuo punto di vista, Mik... non lo condivido, si intende, ma lo capisco perfettamente! :)

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  5. Bellissimo film. Un film dove a vincere sono i sentimenti. Magico e tenero... Straordinario per sceneggiatura, musiche e costumi dell'epoca. Lo consiglio! E bellissima recensione, naturalmente! ;)

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    1. Grazie! ;D
      E... inutile specificarlo, sono d'accordo con te al cento per cento!^____^

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  6. Hmm.. mi sa che ci farò un pensierino! :)

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    1. Ottima idea, Sian! Confermo che, secondo me, ne vale davvero la pena! :D

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