2055: False Hearts
di Laura Lam
(Fanucci)
"Cresciute all'interno della rigida comunità di
Mana's Hearth, le sorelle siamesi Taema e Tila sognano una vita
sull'altro lato della baia, dove le attende una San Francisco
sconosciuta, sconvolta dal terremoto del 2055, e dove saranno separate
chirurgicamente. Una notte di dieci anni dopo, Tila viene arrestata
davanti alla sua casa. È fuori di sé, coperta di sangue. Su di lei pende
un'accusa di omicidio, il primo in città da decenni. È sospettata di
essere coinvolta nella Ratel, una potente organizzazione criminale, e di
aver agito sotto gli effetti dello Zeal, un farmaco che può spingere le
menti più violente e deviate a mettere in atto i propri desideri più
brutali. Taema sa che se vuole salvare sua sorella e se stessa non ha
altra scelta che immergersi negli anfratti più oscuri della città alla
ricerca di ciò che, indecifrabile e torvo, lega il presente al loro
difficile passato, rendendo indissolubili i loro destini"
Riapriamo le danze: si torna a parlare di libri sul Laumes’Journey, dopo una
piccola assenza da parte della sottoscritta. La recensione di oggi sarà
dedicata a “2055: False Hearts” di Laura Lam. Un romanzo di fantascienza edito dalla casa editrice Fanucci, che personalmente non mi
sentirei di consigliare neanche al mio peggior nemico.
Non fraintendetemi: non dubito che il libro avrà trovato uno
stuolo di ammiratori, nel vasto mondo là fuori. Ed è giustissimo che sia così;
la differenza di gusti avrà anche un suo valore, sarò sempre la prima a
riconoscerlo.
Solo che, per quanto mi riguarda, ammetto di aver trovato
nello stile, nelle ambientazioni e nelle tematiche portate alla luce dalla Lam
pochissimi lati positivi. Probabilmente nessuno.
La trama, che
sulla carta avrebbe dovuto rivelarsi fresca e innovativa, in realtà nasconde un
retrogusto insipido e stantio. Non so perché l’autrice è convinta che l’idea di
introdurre due gemelle dalle personalità opposte, ma complementari, sia così
incredibilmente audace. O quella di scambiare le loro identità per permettere
alla sorella “buona” di portare alla luce gli oscuri segreti della gemella “cattiva”,
quanto a questo. Avrò assistito allo sviluppo di questa geniale trovata almeno
un centinaio di volte, fra romanzi, film, anime, manga e serie televisive.
Non c’è neppure bisogno di scomodare “Orphan Black” per dimostrare che la premessa, da sola, non basta a
garantire alcun guizzo d’originalità. Se siete soliti passare buona parte della
giornata a leggere, o con gli occhi sgranati al cospetto di uno schermo, per
grande o piccolo che sia, sapete già che ho ragione.
Il problema principale di “2055: False Hearts”, a parer mio, consiste nel fatto che nessuno
dei personaggi tradisce il benché minimo spessore. Nel complesso, ammetto di
aver trovato Tila leggermente più
sopportabile della gemella Taema. Ma
mentirei se vi nascondessi la noia che ho provato durante la rievocazione dei
suoi inutilissimi e scontati flash-back, o affermassi di aver provato una
parvenza di interesse per le sue sorti o il suo passato.
L’estrema piattezza della situazione è accentuata dall’impossibilità
di scorgere un’autentica differenza fra le due voci narranti. I toni scialbi e
monocordi si sposano bene con l’incapacità dell’autrice di dosare bene le parti
del racconto, o di concedere il giusto spazio allo sviluppo dell’ambientazione.
Accennare vagamente al al fatto che esistono grattacieli/serra, o macchine volanti, non corrisponde esattamente alla mia idea di “ambientazione
futuristica interessante, ricca e originale”. Anzi. Mi domando che tipo di
rapporto la Lam intrattenga con il genere fantascientifico. Non voglio calcare
l’accento sulla mia delusione, ma vi dirò la verità: sospetto che non sia un
legame troppo stretto, e neppure particolarmente idilliaco.
Mi comunicano dalla regia che occorre cercare di mantenere
un certo equilibrio; una sorta di mistico alone di obiettività, che mi permetta
di spezzare una piccola lancia in favore di “2055: False Hearts”.
Aggiungerò allora (se proprio devo) che il cameratesco
sentimento d’affetto che sembra legare i due comprimari Nazarim (muscoloso e aitante agente sotto copertura) e Kim (la brillante dottoressa orientale
appassionata di cimeli pop) è riuscito a intenerirmi. La Lam concede pochissimo
spazio a entrambi, in realtà, ossessionata com’è dalla morbosa e niente affatto
esplicativa cronaca del rapporto d’amore/odio fra Tila e Taema. Ma credo che,
con un pizzico di approfondimento psicologico in più, sarebbe riuscita a tirare
fuori qualcosa di veramente buono da quest’insolita amicizia.
Verdetto finale: 3.0/10
Girl Power:
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Mi dispiace che te lo sei beccato ma d'altra parte... un'altro libro da cui stare alla larga, buono a sapersi :P
RispondiEliminaLieta di essere stata utile, Kate! Almeno, saprò che il mio sacrificio è valso a qualcosa! ;D
EliminaMi spiace che si sia rivelato così... deludente! :(
RispondiElimina