mercoledì 19 ottobre 2016

Recensione: "2055: False Hearts"





2055: False Hearts
di Laura Lam
(Fanucci)

"Cresciute all'interno della rigida comunità di Mana's Hearth, le sorelle siamesi Taema e Tila sognano una vita sull'altro lato della baia, dove le attende una San Francisco sconosciuta, sconvolta dal terremoto del 2055, e dove saranno separate chirurgicamente. Una notte di dieci anni dopo, Tila viene arrestata davanti alla sua casa. È fuori di sé, coperta di sangue. Su di lei pende un'accusa di omicidio, il primo in città da decenni. È sospettata di essere coinvolta nella Ratel, una potente organizzazione criminale, e di aver agito sotto gli effetti dello Zeal, un farmaco che può spingere le menti più violente e deviate a mettere in atto i propri desideri più brutali. Taema sa che se vuole salvare sua sorella e se stessa non ha altra scelta che immergersi negli anfratti più oscuri della città alla ricerca di ciò che, indecifrabile e torvo, lega il presente al loro difficile passato, rendendo indissolubili i loro destini"


Riapriamo le danze: si torna a parlare di libri sul Laumes’Journey, dopo una piccola assenza da parte della sottoscritta. La recensione di oggi sarà dedicata a “2055: False Hearts” di Laura Lam. Un romanzo di fantascienza edito dalla casa editrice Fanucci, che personalmente non mi sentirei di consigliare neanche al mio peggior nemico.
Non fraintendetemi: non dubito che il libro avrà trovato uno stuolo di ammiratori, nel vasto mondo là fuori. Ed è giustissimo che sia così; la differenza di gusti avrà anche un suo valore, sarò sempre la prima a riconoscerlo.

Solo che, per quanto mi riguarda, ammetto di aver trovato nello stile, nelle ambientazioni e nelle tematiche portate alla luce dalla Lam pochissimi lati positivi. Probabilmente nessuno.
La trama, che sulla carta avrebbe dovuto rivelarsi fresca e innovativa, in realtà nasconde un retrogusto insipido e stantio. Non so perché l’autrice è convinta che l’idea di introdurre due gemelle dalle personalità opposte, ma complementari, sia così incredibilmente audace. O quella di scambiare le loro identità per permettere alla sorella “buona” di portare alla luce gli oscuri segreti della gemella “cattiva”, quanto a questo. Avrò assistito allo sviluppo di questa geniale trovata almeno un centinaio di volte, fra romanzi, film, anime, manga e serie televisive.
Non c’è neppure bisogno di scomodare “Orphan Black” per dimostrare che la premessa, da sola, non basta a garantire alcun guizzo d’originalità. Se siete soliti passare buona parte della giornata a leggere, o con gli occhi sgranati al cospetto di uno schermo, per grande o piccolo che sia, sapete già che ho ragione.

Il problema principale di “2055: False Hearts”, a parer mio, consiste nel fatto che nessuno dei personaggi tradisce il benché minimo spessore. Nel complesso, ammetto di aver trovato Tila leggermente più sopportabile della gemella Taema. Ma mentirei se vi nascondessi la noia che ho provato durante la rievocazione dei suoi inutilissimi e scontati flash-back, o affermassi di aver provato una parvenza di interesse per le sue sorti o il suo passato.
L’estrema piattezza della situazione è accentuata dall’impossibilità di scorgere un’autentica differenza fra le due voci narranti. I toni scialbi e monocordi si sposano bene con l’incapacità dell’autrice di dosare bene le parti del racconto, o di concedere il giusto spazio allo sviluppo dell’ambientazione. Accennare vagamente al al fatto che esistono grattacieli/serra, o macchine volanti, non corrisponde esattamente alla mia idea di “ambientazione futuristica interessante, ricca e originale”. Anzi. Mi domando che tipo di rapporto la Lam intrattenga con il genere fantascientifico. Non voglio calcare l’accento sulla mia delusione, ma vi dirò la verità: sospetto che non sia un legame troppo stretto, e neppure particolarmente idilliaco.

Per l’intera durata del libro, la Lam continua a raccontare, raccontare, raccontare. Senza mai degnarsi di mostrare; senza mai prendersi il disturbo di motivare, o anche solo giustificare, le azioni dei suoi personaggi, o il perché delle varie situazioni. I dialoghi sono talmente artefatti e forzati da far salire l’emicrania. Le descrizioni, ridotte all’osso, a poche striminzite righe di testo senza arte né parte.

Mi comunicano dalla regia che occorre cercare di mantenere un certo equilibrio; una sorta di mistico alone di obiettività, che mi permetta di spezzare una piccola lancia in favore di “2055: False Hearts”.
Aggiungerò allora (se proprio devo) che il cameratesco sentimento d’affetto che sembra legare i due comprimari Nazarim (muscoloso e aitante agente sotto copertura) e Kim (la brillante dottoressa orientale appassionata di cimeli pop) è riuscito a intenerirmi. La Lam concede pochissimo spazio a entrambi, in realtà, ossessionata com’è dalla morbosa e niente affatto esplicativa cronaca del rapporto d’amore/odio fra Tila e Taema. Ma credo che, con un pizzico di approfondimento psicologico in più, sarebbe riuscita a tirare fuori qualcosa di veramente buono da quest’insolita amicizia.

Verdetto finale: 3.0/10


Girl Power:

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3 commenti:

  1. Mi dispiace che te lo sei beccato ma d'altra parte... un'altro libro da cui stare alla larga, buono a sapersi :P

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    1. Lieta di essere stata utile, Kate! Almeno, saprò che il mio sacrificio è valso a qualcosa! ;D

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  2. Mi spiace che si sia rivelato così... deludente! :(

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