"Coco ci porta in un variopinto villaggio messicano, animato
dai preparativi per il Dìa de Muertos e dalla musica delle orchestrine che
inonda le strade. Il dodicenne Miguel (Anthony Gonzalez nella versione
originale) vorrebbe immergersi nei festeggiamenti strimpellando la sua chitarra
sconquassata, ma sulla famiglia Rivera aleggia una maledizione che impedisce ai
componenti di imbracciare strumenti musicali. Il divieto, imposto decenni prima
dalla bisnonna Imelda, non riesce a tenere Miguel lontano da corde e arpeggi.
Né lo frena dal venerare e imitare le melodie del suo cantante preferito, il
leggendario Ernesto de la Cruz. Destinato a raccogliere l'eredità familiare ed
entrare nel business delle calzature, il ragazzino preferirebbe incorrere
nell'ira degli antenati piuttosto che incollare suole e lucidare scarpe per la
vita. Così, nel giorno della festa che celebra i defunti, trafuga la chitarra
magica appartenuta al suo idolo e finisce in una dimensione tanto fiabesca
quanto misteriosa. Il mondo dei morti appare come una gigantesca metropoli
verticale: collegata da tram, regolata da uffici e sportelli, e popolata da
arzilli scheletri luccicanti. Miguel lo visiterà con la guida dell'affascinante
spirito Hector (Gael García Bernal), alla scoperta del segreto che si cela
dietro alla sua famiglia."
Ho ragione di sospettare che la maggior parte di voi abbia già
avuto occasione di vedere “Coco” al
cinema. Quindi, anche stavolta, temo che mi vedrete arrivare alla festa un po’ in
ritardo… Anzi, voglio essere del tutto onesta con voi: salvo circostanze
particolari, non credo proprio che andrò mai in sala a chiedere un biglietto
per un qualsivoglia film targato Disney/Pixar.
La ragione è presto spiegata: il punto è che non riesco neanche a sopportare l’idea del doppiaggio italiano, e il solo pensiero di dovermi sorbire una
versione riadattata e tradotta delle varie canzoni e dei frequenti numeri
musicali presenti all’interno di questi film, basta e avanza a farmi salire un
vero e proprio attacco di orticaria lungo la schiena!
Così, dicevamo, anche stavolta sono stata costretta ad
aspettare l’uscita dell’edizione in Blu Ray (l’esclusivo steelbook proposto dalla Buena
Vista è un vero e proprio gioiellino, già che siamo in tema, lasciate che
ve lo dica! Soltanto a vederlo mi si sono illuminati gli occhi dalla gioia!). E…
finalmente posso confermarvi in via ufficiale ciò che, dentro di me, sapevo già
da un pezzo, vale a dire che la Pixar non si smentisce mai e che “Coco”, pur non arrivando a raggiungere le
vertiginose vette d’emozione sfiorate da “Inside
Out”, quest’anno si è guadagnato onestamente il suo Premio Oscar per il
miglior d’animazione.
Ciò che continua a sorprendermi è l’estrema efficacia della ricetta, ormai sempre più consolidata e
manifesta, alla base di progetti come “Coco”:
prendi un bambino con un sogno, inseriscilo in un contesto etnico e culturale
poco conosciuto (ma dotato di uno straordinario potenziale comunicativo),
inserisci un ostacolo di natura famigliare e spediscilo in missione ai
confini estremi del mondo (è il caso, ad esempio, di film piacevoli ma tutt’altro
che memorabili come “Oceania” o “Il Viaggio di Arlo”). Durante la sua quest, il nostro piccolo eroe (o la
nostra piccola eroina) avrà modo di imparare una lezione importante, ma anche di confrontarsi apertamente con i
suoi parenti e di mettere in discussione la loro visione della vita… o della
morte, se vogliamo applicare la nostra teoria al caso del titolo particolare in
questione.
Come già segnalato in occasione dell’uscita de “Il Libro della Vita”, “Coco” trae infatti ispirazione da una
popolare leggenda messicana, quella
del famigerato “dia de los muertos”,
vale a dire l’unico giorno all’anno in cui ai defunti è permesso oltrepassare
il confine che li separa dal regno dei vivi e tornare a visitare i parenti
ancora in circolazione. Anche se il film si avvale di un’atmosfera estremamente
colorata, festosa e rocambolesca (come è giusto che sia…), alcuni elementi
della trama mi hanno fatto immediatamente pensare a “Kubo e La Spada Magica”, uno dei “cartoni” più emozionanti,
singolari e poetici degli ultimi anni.
Non credo sia invece necessario sprecare fiumi di parole a
proposito della sbalorditiva realizzazione
tecnica di “Coco”: mi limiterò ad
assicurarvi che ogni singolo fotogramma rappresenta un’autentica festa per gli
occhi, un tripudio di colori
destinato a imprimersi nelle vostre retine come un caldo e accogliente
messaggio di benvenuto.
La ritmata colonna sonora e gli strepitosi personaggi secondari
(vale senz’altro la pena ricordare, a questo proposito, l’esilarante e
imperdibile “cameo” di una spettrale Frida
Kahlo) rappresentano un innegabile valore aggiunto. Per non parlare delle
variopinte alebrije, creature
totemiche tipiche del folclore messicano; spiriti-guida dall’aspetto molto
eccentrico, espressionista e surreale che hanno lo straordinario potere di
incendiare l’immaginazione dello spettatore al primissimo sguardo….
In estrema sintesi: Pittoresca e coloratissima rivisitazione
in chiave animata della leggenda del glorioso “dia de los muertos”. La ricetta
della pluripremiata ditta Disney/Pixar consente ormai pochissime variazioni sul
tema, ma, in fondo, la cosa ha davvero importanza? Finora il risultato è sempre stato
sinonimo di qualità, emozione e divertimento….
Non conoscevo questo film d'animazione, penso proprio che lo cercherò :)
RispondiEliminaTutti i film della Pixar meritano almeno una visione, secondo me, Angela... "Coco", poi, è davvero adorabile, spero ti piacerà! ;D
EliminaMi è piaciuto davvero tanto, e mi ha commossa molto (ho capito che sarebbe stata dura non piangere al cinema quando hanno detto chi, tra i vari personaggi, è Coco).
RispondiEliminaLa realizzazione tecnica è meravigliosa, e stavolta l'Oscar come miglior film di animazione ci stava tutto ^-^
Ora aspetto che il prezzo del dvd cali, che 20 € per me sono un po' tanto D:
Concordo su tutto, Kate: anch'io mi sono commossa senza ritegno, soprattutto verso il finale! :D Sì, stavolta la Pixar è riuscita guadagnarsi il suo Oscar al 100%...
EliminaNon l'ho ancora visto, ma mi ricorda vagamente il libro "Frida e Diego. Una favola messicana" di Fabian Negrin.
RispondiEliminaSai che hai ragione? Cioè, non conoscevo il libro che hai citato, ma sono andata a cercare qualche informazione, ed effettivamente qualche affinità c'è, eccome: il giorno dei morti, il viaggio nel regno degli scheletrici, Frida, perfino la presenza di un piccolo cane di razza xoloitzcuintle... Sembra un libro simpaticissimo: se mai dovesse capitarmi fra le mani, mi sa che ci farò un pensierino! ^^
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