mercoledì 16 settembre 2020

Recensione: "The Year of the Witching", di Alexis Henderson

 

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“Nelle terre di Bethel, in cui la parola del Profeta è legge, la stessa esistenza di Immanuelle Moore viene considerata una blasfemia. L’unione di sua madre con un forestiero di un’altra razza scaglia la sua famiglia, un tempo prestigiosa, nella disgrazia, così adesso Immanuelle fa del suo meglio per adorare il Padre, seguire il Santo Protocollo e condurre una vita di sottomissione, devozione e assoluta conformità, come tutte le altre donne del suo insediamento.Ma c’è qualcosa che la attrae nel bosco proibito di Darkwood, in mezzo agli alberi che circondano Bethel, in cui un tempo il primo profeta diede la caccia alle quattro streghe della leggenda. Si dice che i loro spiriti aleggino ancora nel bosco, e un bel giorno saranno proprio loro a elargire a Immanuelle un dono inaspettato: il diario di sua madre, morta da tempo, che prima della sua nascita cercò rifugio in quello stesso santuario…”

 

Purtroppo non mi vengono in mente molti modi per girarci attorno: "The Year of the Witching", romanzo horror autoconclusivo di Alexis Henderson, è il classico YA travestito da libro per adulti. L’opera può contare su una suggestiva atmosfera sospesa fra incubo e realtà e su un paio di scene da brivido scritte in maniera dolorosamente magistrale; l’intreccio vanta anche una serie di solidi riferimenti “visivi” al film "The Village" e qualche apocalittica pacchianata biblica ad alto tasso di spettacolarità hollywoodiana. Lo stile è decente, soprattutto considerando che si tratta di un romanzo d’esordio; personalmente avrei limato qualche descrizione qua e là per smorzare l’impatto soporifero della parte centrale, ma va da sé, si tratta di una mia opinione personale, e come tale lascia il tempo che trova.

Per il resto, potete aspettatevi la classica protagonista emarginata che tutti vogliono sposare/farsi/l'una e l'altra cosa; un vecchiaccio lascivo che la minaccia in continuazione; un giovane aitante e illuminato pronto a tutto pur di difendere il suo onore; una migliore amica dal destino tragico e qualche strega di foggia mostruosa buttata qua e là, tanto per non farci mancare niente. A livello di ritmo e (soprattutto) di struttura narrativa, “The Year of the Witching” presenta tanti di quei problemi che non vale neanche la pena soffermarsi qui a citarli tutti. Il primo capitolo è grandioso, probabilmente perché è l’unico che la maggior parte degli editori ormai si prendano la briga di leggere prima di chiudere un contratto. Il secondo traballa, il terzo ammorba, il quarto è una tortura. Da lì in poi, per quanto mi riguarda, è tutta una discesa.

Non sarei comunque stata così severa nel mio giudizio di fine recensione, se “The Year of the Witching” non veicolasse un messaggio di fondo talmente antitetico alla mia natura da rappresentare praticamente una sorta di mio anatema personale. Mi sembra infatti che questo libro, oltre a essere pizzoso e banale, sia popolato da uno stuolo di personaggi inutili e senza spina dorsale; l'esatta antitesi di ogni libro mai scritto da N. K. Jemisin (come sapete, praticamente una dea ai miei occhi...) e di ciò che nel 2020 avverto il bisogno di leggere, sia come donna che come appassionata di speculative fiction.

Ora, non sono una lettrice che si offende facilmente - ormai mi conoscete abbastanza da saperlo, credo. Eppure penso che "The Year of the Witching" sia un libro offensivo. La cosa buffa è che, nel suo disperato tentativo di restare al di sopra delle parti e farsi portavoce di un concetto di "modernità" del tutto anacronistico (immaginate tutti i personaggi "buoni" seduti in cerchio a cantare kumbaya, my lord...), il romanzo horror/YA di Alexis Henderson non fa altro che depotenziare le sue tematiche e trasformarsi in un blando concentrato di deludenti stereotipi passivo-aggressivi.

Non fatevi ingannare dalla trama riportata sul retro di copertina: "The Year of the Witching" è offensivo soprattutto nei confronti delle donne - perché si finge femminista, quando in realtà non fa altro che proporre un modello patriarcale al posto di un altro. È offensivo per il lettore, nel senso più generico del termine, perché per tutto il tempo gli si chiede di fare il tifo per una congrega di pedofili e fanatici misogini con il cervello bacato, come se fosse normale aspettarsi empatia e simpatia nei confronti di una comunità che permette ai vegliardi di sposare quante più ragazzine fertili possibile per poi inseminarle – letteralmente – fino alla morte, o di bruciare la gente in piazza perché sì. È offensivo perché nasconde la testa sotto la sabbia e si limita a starnazzare "i bambini, chi salverà i bambini?", come se fossero le streghe il Grande Problema di questo mostruosa società distopica pseudo-biblica partorita dalla morbosa immaginazione della Henderson. Come se nella sua testa fosse legittimo punire e distruggere i mostri – chi ha subito, chi ha deciso che non subirà più - ma non chi li ha creati.

Mi ha suscitato antipatia, l’ignavia camuffata da liberalismo di questo libro; posso dirlo? Se l’unica possibile alternativa concepita dalla Henderson al fanatico fondamentalismo professato dai personaggi dev’essere un fondamentalismo di tipo moderato, posso affermare in tutta tranquillità di non voler mai più leggere altro di suo. Non dico altro per evitare di spoilerare il finale a qualcuno, ma credetemi: altro che “The Handmaid’s Tale” o “The Witch”! Se avessi una figlia adolescente e la trovassi con questo libro in mano, la prenderei a calci nel didietro. Abbiamo bisogno di allevare sognatrici, idealiste e combattenti, adesso. Non di tornare a volare basso. Non di donnette che si affidano al buon cuore del Principe Azzurro e che accettano di unirsi alla caccia alle streghe (donne forti e ribelli: buuuu, che paura!) perché sicuramente lui sarà in grado di gestire il potere meglio di loro.

Le minchiate da smidollati lasciamole da parte per una generazione che non si ritroverà a fare i conti con disastri ambientali, carenza di infrastrutture ed estremismo di destra, magari. Le favole di cui abbiamo bisogno adesso sono altre; o almeno, questo è il modo in cui la vedo io.


Giudizio personale:

4.0/10



4 commenti:

  1. Non lo conoscevo, e credo proprio che continuerò a non conoscerlo.
    Mi dispiace, però, che ti abbia indignata così tanto.

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    1. Grazie, Kate! ;D
      La verità è che a volte mi lascio proprio coinvolgere dalle mie letture... nel bene e nel male, purtroppo, ahaha! XD

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  2. Ciao Sophie! :) Mi dispiace che sia stata una lettura così brutta! Non conoscevo questo titolo e sinceramente nemmeno mi ispira... quindi forse è meglio così!

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    1. Ciao, Sara! ^___^
      Eh, stavolta mi sa proprio di sì, ehehe! ;D

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