domenica 8 agosto 2021

Recensione: "A Classic Horror Story" (Netflix, 2021)

L’estate su Netflix è ricca di film horror...

Dopo la strepitosa e divertentissima trilogia di “Fear Street”, tocca allo slasher nostrano “A Classic Horror Story”, diretto dai registi italiani Roberto De Feo e Paolo Strippoli.

Scorrete in basso per leggere la recensione! ;D

 


La trama

Cinque sconosciuti decidono di condividere un camper per attraversare la Calabria e recarsi ai rispettivi appuntamenti.

Elisa (Matilda Anna Ingrid Lutz, una giovane attrice che somiglia ad Emilia Clarke in una maniera allarmante XD...), è una studentessa modello vessata dalla madre, che si prepara ad abortire il frutto di una gravidanza inaspettata.

Fabrizio (Francesco Russo), youtuber goffo e insicuro, ha intenzione di girare un video per i suoi (pochi) follower.

Riccardo (Peppino Mazzotta) è un dottore che, forse, non vede l’ora di riabbracciare la sua famiglia.

Mark (Will Merrick) e Sofia (Yuliia Sobol) sono due turisti stranieri attesi a un matrimonio.

Tutto procede nel migliore dei modi, fra le classiche frivolezze e i vari pettegolezzi di rito scambiati… almeno fino a quando il loro veicolo non finisce per schiantarsi contro un albero.

In panne, misteriosamente persi in mezzo al nulla, i malcapitati protagonisti si ritrovano a vagabondare in una selva che sembra uscita da un libro di fiabe… diciamo una raccolta dei Fratelli Grimm, più che un’antologia di Walt Disney.

Perché, nella tetra oscurità della Foresta, probabilmente si aggira qualcuno – o qualcosa.

E questa presenza farà di tutto per impedire ai nostri eroi di tornare a casa…


Un affezionato tributo, o… un'antologia di citazioni?

Se seguite il blog da un po’, probabilmente sapete che non sono una grande patita di cinema italiano.

Ma un pomeriggio, girellando su Netflix dopo la mia solita maratona quotidiana di episodi di “Legends of Tomorrow”, mi sono imbattuta nel trailer di “A Classic Horror Story”.

Per farla breve? Quel poco che ho visto ha riscosso subito la mia attenzione.

Anche adesso, a visione ultimata, posso confermare la mia buona impressione: in effetti, la prima cosa positiva che posso dire a proposito dell’opera di De Feo e Strippoli (un piccolo spoiler: non sarà l’unica!) è che il loro film decisamente non può essere considerato alla stregua della vostra la classica fiction da seconda serata su Rai2.

L’amore per l’horror trasuda da ogni singola inquadratura, tanto per cominciare, e credo che questo rappresenti un grandissimo “biglietto da visita” per la pellicola. Specialmente perché questa grande passione, oserei dire addirittura devozione nei confronti dell’opera dei grandi Maestri del genere, arriva a convertirsi in preparazione e competenza in più di un’occasione.

A Classic Horror Story”, come a questo punto avrete intuito, è un titolo che attinge a piene mani dall’immaginario collettivo e sfrutta ingredienti tratti dai successi più disparati (da “Wrong Turn” a “Midsommar”, da “Silent Hill” a “Le Colline Hanno gli Occhi”, per arrivare a omaggiare direttamente “Black Mirror” e “Antebellum”).

Una sfilza di citazioni che i fan italiani adoreranno analizzare, e di cui probabilmente continueranno a chiacchierare fra di loro per molto tempo a venire.

Il rovescio della medaglia?

Bè, probabilmente l’identità del film in questione non è altrettanto solida e convincente…


L’horror, secondo noi

A Classic Horror Story” è un film adrenalinico e divertente. Ho apprezzato lo sforzo di fondare una propria “mitologia”, così come mi sono piaciuti i riferimenti meta-testuali e quello scioccante finale, a mio avviso uno dei momenti più riusciti ed elettrizzanti.

Anche le interpretazioni mi sono piaciute (al solito, mi sono vista costretta ad attivare i sottotitoli per capire la metà delle parole che uscivano dalle bocche degli attori, ma vabbè... trattandosi di cinema italiano, questa è praticamente la prassi, sigh!! XD), e lo stesso vale per la maggior parte dei colpi di scena e dei numerosi “villains”.

 Una piccola avvertenza: se cercate un film che faccia paura, probabilmente “A Classic Horror Story” non è il titolo che fa per voi. Lo considererei, più che altro, un film sulla paura e forse addirittura sul cinema del terrore, in senso lato; una pellicola che si rivolge soprattutto ai fan più incalliti del genere, ed esclusivamente a quelli di nazionalità italiana.

Come apprezzare, altrimenti, il caustico (ma-non-troppo) commentario sociale, le battutine al vetriolo sullo stato della nostra cultura (pomposa e affamata di raccapriccianti momenti televisivi in stile Tv Verità), e le innocue frecciatine rivolte al personaggio di Mark, “simpatica” incarnazione di quello stesso concetto di “allegro caz***e americano” promesso da innumerevoli teen-slasher a stelle e strisce? XD


Benvenuti in Calabria: la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso

In definitiva, però, temo che “A Classic Horror Story” si ritrovi a perdere terreno su uno dei versanti più insidiosi e importanti di tutti: la sceneggiatura.

Che risulta, a parer mio, infinitamente più posticcia e lacunosa di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi, perfino considerando le doverosi attenuanti (non scendo nel dettaglio per evitare spoiler).

Inoltre, il film si rifiuta di schierare in campo elementi nuovi, personali; perlomeno, nessuna idea, nessuna trovata particolare, che non fosse già stata utilizzata (in maniera più valida) in qualche altro contesto.

Perfino la leggenda dei Tre Cavalieri, i temibili Osso, Mastrosso e Carcagnosso, non è esattamente farina del sacco degli sceneggiatori.

E nel saltare da un riferimento all’altro, da una strizzatina d’occhio a un easter egg, il film finisce spesso per perdere di lucidità e smarrire la direzione.

L’epilogo sulla spiaggia, ad esempio, per me è un esempio lampante di questo deragliamento concettuale.

La tematica dei social media e della progressiva “zombizzazione” delle masse?

Accattivante, sicuramente.

Attuale.

Trendy.

Ma abbastanza fuori luogo, considerando le premesse.

Un indizio che serve a ricordarci uno degli assiomi fondamentale dell’arte dello storytelling: non è mai una scelta saggia, cercare di raccontare dieci storie in una.

E forse neanche comprimere venti film in una pellicola, nella speranza che il pubblico non si accorga dei punti di sutura che collegano in malo modo il tuo glorioso, spensierato e scalcagnato mostro di Frankenstein...

   

2 commenti:

  1. Ho preferito di gran lunga l'esordio, The Nest, ma in ogni caso un piacevolissimo ritorno.

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    Risposte
    1. Non ho visto "The Nest", perciò prendo doverosamente nota... Grazie, Mik! :D

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