giovedì 7 maggio 2020

Recensione: "The City We Became" di N. K. Jemisin


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Great Cities, Vol. 1

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“Ogni città ha un’anima. Alcune sono antiche come miti, altre nuove e distruttive come bambini. New York City? Be’, lei di anime può vantarne addirittura cinque!
Ma ogni città possiede anche un lato oscuro. Un male antico, strisciante, infido, ha cominciato ad agitarsi sotto la terra e a minacciare di distruggere la metropoli. 
A meno che i suoi cinque protettori non riescano a unire le forze e a mettere un freno alle mire di questa diabolica presenza cosmica, una volta per tutte…”



The City We Became” è il primo romanzo urban fantasy scritto da N. K. Jemisin, la brillante autrice de “I Centomila Regni”, della serie "Dreamblood" e della “Trilogia della Terra Spezzata”.
Il libro, che va a inaugurare la nuovissima “Great Cities Trilogy”, prende spunto dal racconto “The City Born Great”, contenuto nella raccolta “How Long ‘Till Black Future Month?” e parzialmente adattato a mo’ di prologo per questa sua nuova opera.

Protagonista assoluta della trama di “The City We Became” è ancora una volta la città di New York, attraverso le incarnazioni personificate dei suoi cinque distretti: Manhattan, Brooklyn, Bronx, Queens e Staten Island. Ogni “quartiere” viene rappresentato da un diverso personaggio, in modo tale da garantire alla narrazione un retrogusto più autentico, fluido e interessante, mentre la più nota metropoli delle città a stelle e strisce si prepara a prendere vita e a ingaggiare battaglia contro una terrificante entità interdimensionale scaturita direttamente dalle pagine di un incubo lovecraftiano.
Non credo di potermi arrischiare a specificare molto di più, per timore di rifilarvi uno spoiler di troppo e guastarvi irrimediabilmente il piacere della sorpresa. Mi limiterò pertanto a ribadire che l’intreccio di “The City We Became” reca in sé un elemento di pura follia, una componente esilarante e geniale che mi ha colto ripetutamente di sorpresa, attirandomi nelle pieghe di una storia che è riuscita contemporaneamente a deliziarmi e a farmi riflettere.

La complessa mitologia (esplicitamente tratta dalla bibliografia lovecraftiana) e l’intrigante sistema magico al cuore della storia si sono confermati per me all’altezza degli alti standard qualitativi ai quali la penna della Jemisin ci ha sempre abituato.
Avevo sentito dire da tempo che “The City We Became” sarebbe stato un libro diverso da tutte le sue opere precedenti.
Nella sua pagina culturale, la rivista Vox lo descrive come un romanzo che parla di un virus (alieno) che si propaga indisturbato attraverso le strade di New York, approdato sugli scaffali in perfetta coincidenza con il picco di massima diffusione del Coronavirus.
Eppure, contro ogni aspettativa, si tratta di un libro gioioso, ottimista, vibrante di passione, entusiasmo, umorismo e vitalità contagiosa; un canto d’amore dedicato alla Grande Mela e ai suoi tenaci, combattivi, inarrestabili abitanti; un feroce grido di sfida al tetro nichilismo esistenziale e al grigio bigottismo sociale di cui l’autore del Ciclo di Cthulhu volente o nolente (e credetemi: ammetterlo ha fatto male anche a me...) nelle sue opere e nelle sue lettere si è sempre fatto portavoce.

Insomma, per farla breve: ho amato lo spirito di questo libro con tutta l’anima e il cuore.
Quella piccola parte di me che aveva inevitabilmente cominciato a rattrappirsi e ad avvizzire a causa della lettura di una sventurata (quanto popolare) raccolta di racconti denominata "Nottuario” (di un certo Thomas Ligotti, noto e fiero emulatore della prosa lussureggiante di H. P. Lovecraft...), grazie a “The City We Became” ha finalmente ricominciato a ritrovare calore, luce e ossigeno; per non parlare poi di forza, emozione, speranza e vigore.
Credo sia accaduto soprattutto perché la mia visione dell’esistenza umana (e dei suoi valori) non differisce poi molto da quella della Jemisin. Non mi aspetto (né mi farebbe necessariamente piacere) che tutti siano disposti a concordare con questa interpretazione. Sta di fatto che anch’io continuo a pensare che la mostruosità che si nasconde nell’anima delle persone rappresenti sempre e comunque una scelta e un errore, non una costante cosmica aberrante che ci è stata imposta dalle leggi della metafisica e contro le quali noi esseri umani saremo sempre del tutto impotenti.
People who say change is impossible, are usually pretty happy with things just as they are.”
Amen, Old J, come direbbe forse Veneza.
Amen, e a buon intenditor, poche parole.

Il finale di “The City We Became”, viceversa, è riuscito a lasciarmi un po’ interdetta. Non che mi sia sembrato necessariamente il frutto di una forzatura, o un po’ troppo tirato per i capelli. Semplicemente, credo di essermi aspettata dagli ultimi capitoli un’epicità e un senso di catarsi che invece, a mio avviso, non sono mai riusciti a manifestarsi pienamente.
Un altro elemento che non ho gradito (anche se immagino di averne inteso perfettamente le ragioni) ha a che fare con l’assenza di un reale legame empatico/emotivo fra i cinque eroi principali.
Personaggi come Brooklyn o Bronca sono sicuramente riusciti a entrarmi nel cuore (che diamine: perfino Aeslyn ci è riuscita, e detto fra noi comincio a sospettare che la Donna in Bianco sia il villain più brillante e carismatico di cui la Jemisin abbia mai scritto o di cui scriverà mai…), ma il fatto che a nessuno di loro sia mai sembrato importare un granché degli altri componente della squadra, a lungo andare ha finito con il frustrarmi e deludermi un pochettino.

Tanto di cappello invece - giusto per concludere - all’innegabile padronanza tecnico/stilistica della Jemisin. Se possedessi la metà del talento letterario che risiede nel dito mignolo di questa donna, sarei comunque in grado di scrivere dieci volte meglio della metà degli autori che ci sono stati proposti in traduzione dalla maggior parte delle case editrici italiane nel corso degli ultimi dieci anni.
Let’s say it again: a buon intenditor…


Giudizio personale:
8.5/10





4 commenti:

  1. Io devo smetterla di farmi affascinare da ogni singolo libro scritto da questa donna, e dedicarmi a finire almeno una delle sue serie... sono imperdonabile XD

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    1. Ahaha però ti capisco, Kate! ;D
      A me manca ancora la duologia "Dreamblood" da leggere... ma entro questo autunno la recupererò! So che posso farcela! XD

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  2. Sembra molto bello, non solo per la copertina che... Wow!

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    1. In effetti devo ammettere che si tratta di una bellissima edizione: anche l'interno è ben curato, e fra l'altro è compresa anche una splendida mappa di New York con tutti i suoi distretti! *___*
      Speriamo di vederlo presto anche da noi...

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