mercoledì 17 marzo 2021

"L' Uomo Invisibile": la recensione del film horror di Leigh Wannell


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Avete già visto “L’Uomo Invisibiledi Leigh Whannell?

Dal momento che il film è in circolazione da un po’, è probabile che per molti di voi la risposta a questa domanda sia assolutamente affermativa. Io l’ho recuperato ieri sera, su Sky. L’ho trovato un ottimo film, un horror psicologico singolare e suggestivo, pronto a fare delle atmosfere e del suo efficace apparato metaforico i propri principali cavalli di battaglia.

Cecilia (Elisabeth Moss) è vittima di un fidanzato collerico e abusivo. Dal canto suo, Adrian (Oliver Jackson-Cohen, che i fan del genere ricorderanno per la sua recente apparizione in “The Haunting of Bly Manor”) è un magnate della tecnologia brillante e facilmente incline all’ossessione.

Cecilia decide di scappare e sottrarsi al suo controllo; eppure, neanche a quel punto riesce a convincersi di averla scampata. Non per davvero; non da quell’uomo arrogante e manipolatore che pretendeva di dettar legge su ogni più intimo e capillare dettaglio della sua vita. Anzi, il terrore di Cecilia non scompare neanche quando viene raggiunta dall’incredibile notizia della scomparsa di Adrian, morto suicida all’interno della sua lussuosa abitazione.

A poco a poco, infatti, la nostra eroina comincia a subire le angherie di una fantomatica “presenza” che sembra infestare le pareti della sua nuova casa. Dubbi e sospetti si insinuano nella sua vita, gettando ombre sulla sua ritrovata serenità e scaraventando nel delirio le sue giornate: e se Adrian, in realtà, fosse ancora vivo?

E se l’inferno fosse sul punto di ricominciare?

L’Uomo Invisibile” è un film sofisticato e intelligente, che riesce a sfruttare i suoi archetipi di riferimento a proprio indiscusso vantaggio. Whannell, infatti, prende un vecchio mostro della tradizione hollywoodiana (ma apparso per la prima volta in un libro di H. G. Wells) e lo scaraventa all’interno di un contesto squisitamente moderno. All’interno della sua pellicola, non c’è spazio per decrepite magioni vittoriane, né per sghignazzanti scienziati con i capelli sparati per aria: soltanto per case di vetro con vista sull’oceano e design d’alto profilo, spazi bianchi e tutta la videosorveglianza che i soldi sono in grado di comprare. 

Il tema – tremendamente attuale – non fa altro che riportarci al piano metaforico; la sceneggiatura, dal taglio originale e grintoso, si fa portavoce di un messaggio deliziosamente femminista. Di fatto, “L’Uomo Invisibile” di Whannell è un film che ci parla di un legame abusivo e profondamente sbagliato; che incoraggia lo spettatore a calarsi nei panni di una donna a cui il compagno ha portato via tutto (sanità mentale compresa), e che pure continua a trovarsi isolata e colpevolizzata, oppressa dallo sguardo cinico di una collettività che non sembra disposta a credere alle sue parole.

In ogni momento, l’orrore è sotto gli occhi di tutti. Eppure, per qualche motivo la società continua a rifiutarsi di attribuire un nome e una condanna a quella violenza. L’aggressore, ai loro occhi, è uno spauracchio, un’esagerazione, l’invenzione di una mente eccessivamente suscettibile. Sotto accusa finisce piuttosto la vittima, rea di aver minato la pace imposta dal quieto vivere, lo stramaledetto status quo.

Bisogna dire che, nel ruolo di Cecilia, Elisabeth Moss è assolutamente perfetta. Un credibilissimo connubio di rabbia e vulnerabilità; disperazione e brama smodata di andare avanti. La sua interpretazione contribuisce a drammatizzare i momenti clou della sceneggiatura e ad aumentare la montante sensazione d’angoscia che dilaga nel petto dello spettatore.

Nella sua recensione, il “Guardian” ha paragonato “L’Uomo invisibile” al cinema di Hitchcock, con i suoi lunghi silenzi, lo stile incalzante, le ambientazioni “stilose” e la sua bionda protagonista in stile “La Donna che Visse Due Volte”. Un’opinione che condivido, nel mio piccolo, e a cui mi sentirei di aggiungere un’unica, minuscola recriminazione: la leggera prevedibilità dell’intreccio, che a suo modo continua a scorrere su una serie di binari relativamente collaudati.

Se siete alla ricerca di jump scares o effetti speciali particolarmente elaborati, “L’Uomo Invisibile” non sarà il film che risponderà ai vostri criteri. Vi incoraggio a guardarlo lo stesso, perché è un thriller ad altissimo impatto emotivo, dotato di una solida regia e di un’encomiabile struttura narrativa.

Decisamente uno dei migliori prodotti Blumhouse degli ultimi anni.


Giudizio personale:

8.0/10




4 commenti:

  1. Risposte
    1. Se ami il genere, te lo consiglio! E' un film dal messaggio molto potente, attuale e femminista! :)

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  2. elisabeth moss mi piace, l'ho apprezzata tanto nella serie THE HANDMADE'S TALE. Questo tipo di film un po' mi attira un po' mi inquieta :-D Però se mi capita, lo vedo. lo inizio almeno :-))

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    1. Bravissima, Angela! ;D
      Alcune scene possono essere un po' inquietanti, non lo nego... ma è un film che merita, e poi la Moss è davvero in gamba! ^__^

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