domenica 25 luglio 2021

"Fear Street Part Three - 1666": la recensione del terzo film della trilogia horror targata Netflix

 


E così, eccoci giunti alla terza recensione dedicata alla trilogia horror “Fear Street”, disponibile su Netflix!

Se “1994” deve la propria ragion d’essere a film come “Scream” e “So cosa hai fatto”, e “1978” si rifà soprattutto alla scia tracciata da “Venerdì 13” e altri summer camp movies suoi pari, “1666” va ad attingere gran parte della sua ispirazione da un altro clamoroso successo, stavolta infinitamente più recente: vale a dire il piccolo cult di Robert Eggers “The Witch”.

Nei panni dell’emarginata Sara Fier, Deena (Kiana Madeira) compie infatti un tuffo a testa bassa nel Medioevo, in pieno periodo di caccia alle streghe, e comincia a esplorare le tragiche radici della maledizione che infesta Shadyside da oltre 300 anni. Sullo sfondo, la tragedia di un amore impossibile e la crudele ambizione di uomini corrotti, disposti a tutto pur di aggrapparsi ai propri privilegi…

Un film che è in parte “villain origin story”, quindi, e in parte la perfetta continuazione dei due titoli che l’hanno preceduto; fra sinistre guaritrici del bosco, oscure piaghe bibliche e folle di zotici armati di forcone.

Ma non è tutto: perché, ovviamente, “1666” ha anche il compito di portare a termine la trilogia e concludere la storia di Deena, Sam (Olivia Welch) e Josh (Benjamin Flores Jr.) negli anni Novanta.

Un complesso obiettivo di “raccordo”, quindi, che a mio avviso la regista Leigh Janiak è riuscita a centrare in maniera eccellente, a quanto pare anche grazie ai preziosi consigli del maestro Guillermo del Toro.

1666”, in effetti, garantisce ai fan della saga un finale perfettamente appagante. Non è terrificante, e in realtà non si sforza minimamente di esserlo, “limitandosi” a regalare agli spettatori una sfilza di piacevoli brividi e di elettrizzanti momenti in stile “I Racconti della Cripta”. 

Ma, a questo punto, il legame che si è venuto a instaurare con i personaggi e con l’affascinante mitologia che ne definisce l’atmosfera dovrebbe rivelarsi più che sufficiente a farci accelerare i battiti e a immergerci nel cuore della narrazione.

La prima parte del film, ambientata nel pieno dell’ondata di fanatismo e superstizione che travolse tanto il Vecchio quanto il Nuovo continente nel diciassettesimo secolo, è anche la più oscura, la più disturbante ed esteticamente suggestiva.

Probabilmente perché il tema della caccia alle streghe (purtroppo) non ha mai smesso di esercitare una fascinazione estremamente contemporanea ai nostri occhi; ma forse anche perché il world-building risulta molto curato e l’appassionata sensibilità con cui questi temi vengono affrontati tende a balzare immediatamente all’occhio.

L’unica cosa che non ho apprezzato/capito del tutto, è stata la scelta di “riciclare” tutto il cast dei due film precedenti per girare questo terzo capitolo. Voglio dire, ovviamente mi ha fatto piacere rivedere la bravissima Sadie Sink, che in “1978” aveva già interpretato Ziggy… Ma probabilmente un gruppo di attori e attrici diversi mi avrebbe aiutato a “differenziare” meglio i vari personaggi, e a riconoscere i parallelismi fra le due diverse linee temporali in maniera più autonoma e stimolante.

 Ad ogni modo, nella sua seconda parte, “1666” ci scaraventa nuovamente incontro al “presente” e torna a occuparsi di quello che “Fear Street” ha dimostrato, fin dall’inizio, di saper fare così bene: ossia scaraventarci di nuovo fra le braccia di quel confuso sentimento di nostalgia/avversione verso i famigerati anni Ottanta/Novanta; uno slancio di struggimento che, da qualche tempo a questa parte, continua ad accattivarsi e intrigare una così larga fetta di pubblico.

(Prego notare che ho usato il temine "avversione" non a caso; perché, sul serio… ma chi mai vorrebbe tornare a viverci per davvero, in quegli anni a base di conformismo, pregiudizi, razzismo e omofobia? Manco per riavere indietro tutti i miei pomeriggi a base di “Bim Bum Bam” del mondo, giuro! XD)

E, sì… La verità è che ho adorato questa trilogia! È stato un po’ come se Janiak e tutti gli altri membri della sua squadra avessero deciso di fare un regalo alla piccola me stessa dodicenne, e sospetto che sarò sempre grata a Netflix per questo!

Dopotutto, è soprattutto per via di titoli come "Fear Street" che continuo a tenere l’abbonamento… e che la terribile maledizione di Sara Fier si abbatta pure su tutti i “Bridgerton” e i “Lucifer” di questo mondo! :D

 

 Il libro che ha ispirato la serie:


 


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