E così, eccoci giunti alla terza recensione dedicata alla trilogia horror “Fear Street”, disponibile su Netflix!
Se “1994” deve la propria ragion d’essere
a film come “Scream” e “So cosa hai fatto”, e “1978”
si rifà soprattutto alla scia tracciata da “Venerdì
13” e altri summer camp movies suoi pari, “1666” va ad attingere gran
parte della sua ispirazione da un altro clamoroso successo, stavolta
infinitamente più recente: vale a dire il piccolo cult di Robert Eggers “The
Witch”.
Nei panni dell’emarginata Sara Fier, Deena (Kiana Madeira) compie infatti un tuffo a
testa bassa nel Medioevo, in pieno periodo di caccia alle streghe, e comincia a esplorare le tragiche radici
della maledizione che infesta Shadyside da oltre 300 anni. Sullo
sfondo, la tragedia di un amore
impossibile e la crudele ambizione di uomini
corrotti, disposti a tutto pur di aggrapparsi ai propri privilegi…
Un film che è in parte “villain
origin story”, quindi, e in parte la perfetta continuazione dei due titoli
che l’hanno preceduto; fra sinistre guaritrici del bosco, oscure piaghe
bibliche e folle di zotici armati di forcone.
Ma non è tutto: perché, ovviamente, “1666” ha anche il compito di portare a termine la trilogia e concludere la storia di Deena, Sam (Olivia Welch) e Josh (Benjamin Flores Jr.) negli anni
Novanta.
Un complesso obiettivo di “raccordo”, quindi, che a mio
avviso la regista Leigh Janiak è riuscita a centrare in maniera eccellente, a
quanto pare anche grazie ai preziosi consigli
del maestro Guillermo del Toro.
“1666”, in effetti, garantisce ai fan della saga un finale perfettamente appagante. Non è terrificante, e in realtà non si sforza minimamente di esserlo, “limitandosi” a regalare agli spettatori una sfilza di piacevoli brividi e di elettrizzanti momenti in stile “I Racconti della Cripta”.
Ma, a questo punto, il legame che si
è venuto a instaurare con i personaggi e con l’affascinante mitologia che ne definisce l’atmosfera dovrebbe
rivelarsi più che sufficiente a farci accelerare i battiti e a immergerci nel
cuore della narrazione.
La prima parte del film, ambientata nel pieno dell’ondata di
fanatismo e superstizione che travolse
tanto il Vecchio quanto il Nuovo continente nel diciassettesimo secolo, è anche
la più oscura, la più disturbante ed esteticamente suggestiva.
Probabilmente perché il tema
della caccia alle streghe (purtroppo) non ha mai smesso di esercitare una
fascinazione estremamente contemporanea ai nostri occhi; ma forse
anche perché il world-building risulta molto curato e l’appassionata
sensibilità con cui questi temi vengono affrontati tende a balzare
immediatamente all’occhio.
L’unica cosa che non ho apprezzato/capito del tutto, è stata
la scelta di “riciclare” tutto il
cast dei due film precedenti per girare questo terzo capitolo. Voglio dire, ovviamente mi ha fatto piacere rivedere
la bravissima Sadie Sink, che in “1978” aveva già interpretato Ziggy… Ma
probabilmente un gruppo di attori e attrici diversi mi avrebbe aiutato a “differenziare”
meglio i vari personaggi, e a riconoscere i parallelismi fra le due diverse
linee temporali in maniera più autonoma e stimolante.
Ad ogni modo, nella sua seconda parte, “1666” ci scaraventa nuovamente incontro al “presente” e torna a occuparsi di quello che “Fear Street” ha dimostrato, fin dall’inizio, di saper fare così bene: ossia scaraventarci di nuovo fra le braccia di quel confuso sentimento di nostalgia/avversione verso i famigerati anni Ottanta/Novanta; uno slancio di struggimento che, da qualche tempo a questa parte, continua ad accattivarsi e intrigare una così larga fetta di pubblico.
(Prego notare che ho usato il temine "avversione" non a caso; perché, sul serio… ma chi mai vorrebbe tornare a viverci per davvero, in quegli anni a base di conformismo, pregiudizi, razzismo e omofobia? Manco per riavere indietro tutti i miei pomeriggi a base di “Bim Bum Bam” del mondo, giuro! XD)
E, sì… La verità è che ho
adorato questa trilogia! È stato un po’ come se Janiak e tutti gli altri
membri della sua squadra avessero deciso di fare un regalo alla piccola me
stessa dodicenne, e sospetto che sarò sempre grata a Netflix per questo!
Dopotutto, è soprattutto per via di titoli come "Fear Street" che
continuo a tenere l’abbonamento… e che la terribile maledizione di Sara Fier si abbatta pure su tutti i “Bridgerton” e
i “Lucifer” di questo mondo! :D
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