sabato 17 luglio 2021

"Fear Street Part Two - 1978": la recensione del secondo film della trilogia horror targata Netflix

 


Il secondo capitolo di “Fear Street”, la trilogia horror dell’estate targata Netflix, ci offre un altro tuffo mortale all’indietro nel tempo: l’ambientazione, stavolta, si sposta dai nostalgici anni ’90 ai ruggenti ’70, in piena atmosfera da “summer camp movies”!

Se avete già visto “1994”, in parte sapete già cosa aspettarvi.

In “Fear Street: 1978”, seguiamo le vicende delle due bellicose sorelle Cindy (Emily Rudd) e Ziggy (Sadie Sink), adolescenti alle prese con la gestione di un campo estivo assediato da un’orda di teenagers rumorosi. Le ragazze provengono dalla cupa e “sfigata” città di Shadyside, teatro di stragi e massacri seriali since 1666, ma nel campo c’è posto anche per parecchi soggetti nati e allevati nella limitrofa Sunnyvale, la oh-così-ridente-e-pomposa! città dirimpettaia.

La maggiore, Cindy, trascorre le sue giornate facendosi in quattro e supervisionando le varie attività ricreative, fra un tête-à-tête con il fidanzato scemo Tommy (McCabe Slye) e un battibecco inviperito con gli amici alternativi Alice (Ryan Simpkins) e Gary (Drew Scheid).

Ziggy, invece, cerca di sopravvivere al bullismo delle classiche sgallettate alla “Mean Girls” che Sunnyvale sembra sempre così ansiosa a sfornare!

Al campo, infatti, non sono in pochi a pensare che la ragazzina sia una specie di “alleata” di Annie Fier, sedicente strega e fonte di ogni forma di superstizione locale. O, perlomeno, tutti si sforzano sempre molto di continuare a fingere di credere che sia così… non fosse altro che perché il sotterfugio fornisce loro l’opportunità di continuare a tormentare la povera Ziggy in modi sempre più creativi e spietati!

Chiaramente, se c’è una cosa che abbiamo imparato guardando “Fear Street: 1994”, è che la gente non dovrebbe mai fare i conti senza i mostri… O con l’inarrestabile forza oscura pronta a fagocitare l’intero campo estivo!

In realtà, “Fear Street” andrebbe forse considerata come una sorta di lunga, divertentissima miniserie. Il fatto che tutti e tre i film siano stati diretti dalla stessa regista, Leigh Janiak, probabilmente la dice lunga circa il genere di legame che unisce i vari capitoli: “1994”, “1978” e “1666”, infatti, rappresentano semplicemente i tre atti della medesima storia, e non avrebbe assolutamente senso guardarli in ordine sparso, o addirittura pretendere di saltare uno o più episodi.

 “1978”, dal canto suo, si rifà tanto alla saga di “Venerdì 13” quanto a quella dei “Piccoli Brividi” di R. L. Stine; e, in effetti, ritengo che il target di riferimento ideale della pellicola vada a collocarsi da qualche parte a metà strada fra quelli dei due titoli.

A me ha ricordato un po’ anche “The Final Girls”, sottovalutatissima gemma del genere di qualche anno fa con Taissa Farmiga e Malin Åkerman.

Una pellicola che fa chiaramente il verso alla “nastiness” tipica di certe pellicole horror degli anni Settanta, quindi, smussandone le “brutture” più esplicite senza mai arrivare a sconfinare nella vera e propria parodia. Le scene di violenza, frequentissime e dal taglio abbastanza splatter, continuano infatti ad ammiccare ai grandi classici della nostra adolescenza: “Scream”, “Urban legend”, “So cosa hai fatto”… Niente di troppo esagerato, insomma, e di sicuro nulla in grado di sfidare i divieti imposti dal classico bollino “V.M.16”!

Mi è parso interessante il fatto che il cuore emotivo del film sia stato riservato al rapporto fra le due sorelle protagoniste, una relazione conflittuale e insolitamente ricca di sfumature. Ho amato veder interagire i loro personaggi sulla scena e devo ammettere che, in alcuni momenti, mi sono ritrovata addirittura con i lucciconi agli occhi; anche se sospetto che parte del merito di questo coinvolgimento vada attribuito alla vivace interpretazione della giovanissima attrice Sadie Sink, un talento naturale che riesce a dominare la scena senza (apparentemente) neanche doverci provare più di tanto.

Ma anche il personaggio di Alice è riuscito a riservarmi qualche sorpresa…

In effetti, posso solo confermare quanto già affermato a proposito di “1994”: secondo me, “Fear Street” è una serie che elettrizza, che trascina, che immerge, soprattutto perché la sceneggiatura si sforza di prendere queste allegre “caricature” di personaggi estremamente noti al grande pubblico (l’allegro caz**ne, la bad girl rocchettara, la scream queen dai boccoli immacolati eccetera), e di restituire loro un pizzico di dignità, quel tanto di umanità che basta a renderli reali e dannatamente preziosi ai nostri occhi.

Tutti, tranne le carogne di Sunnyvale, ovviamente… lo sanno tutti, che quelli sono pendagli da forca e basta! XD

Appuntamento fra qualche giorno per la recensione del terzo e ultimo film! ^^

 


 Il libro che ha ispirato la serie:




2 commenti:

  1. Vedrò a giorni! Del primo mi è piaciuto giusto il finale.

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    1. Io ho visto il terzo l'altro ieri, e devo dire che sono rimasta più che soddisfatta dal finale! :D

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