Il secondo capitolo di “Fear Street”, la trilogia horror dell’estate targata Netflix, ci offre un altro tuffo
mortale all’indietro nel tempo: l’ambientazione, stavolta, si sposta dai nostalgici anni ’90 ai ruggenti ’70, in piena atmosfera da “summer camp movies”!
Se avete già visto “1994”, in parte sapete già cosa aspettarvi.
In “Fear Street: 1978”, seguiamo le
vicende delle due bellicose sorelle Cindy (Emily
Rudd) e Ziggy (Sadie Sink),
adolescenti alle prese con la gestione di un campo estivo assediato da un’orda di teenagers rumorosi. Le ragazze
provengono dalla cupa e “sfigata” città di Shadyside,
teatro di stragi e massacri seriali since
1666, ma nel campo c’è posto anche per parecchi soggetti nati e allevati nella
limitrofa Sunnyvale, la oh-così-ridente-e-pomposa! città
dirimpettaia.
La maggiore, Cindy, trascorre le sue giornate facendosi in
quattro e supervisionando le varie attività ricreative, fra un tête-à-tête con
il fidanzato scemo Tommy (McCabe Slye)
e un battibecco inviperito con gli amici alternativi Alice (Ryan Simpkins) e Gary (Drew Scheid).
Ziggy, invece, cerca di sopravvivere al bullismo delle classiche sgallettate alla “Mean Girls” che Sunnyvale sembra sempre così ansiosa a sfornare!
Al campo, infatti, non sono in pochi a pensare che la
ragazzina sia una specie di “alleata” di Annie
Fier, sedicente strega e fonte
di ogni forma di superstizione locale. O, perlomeno, tutti si sforzano sempre
molto di continuare a fingere di
credere che sia così… non fosse altro che perché il sotterfugio fornisce loro l’opportunità
di continuare a tormentare la povera
Ziggy in modi sempre più creativi e spietati!
Chiaramente, se c’è una cosa che abbiamo imparato guardando “Fear
Street: 1994”, è che la gente non dovrebbe mai fare i conti senza i mostri… O con l’inarrestabile forza oscura pronta a fagocitare l’intero
campo estivo!
In realtà, “Fear
Street” andrebbe forse considerata come una sorta di lunga, divertentissima
miniserie. Il fatto che tutti e tre
i film siano stati diretti dalla stessa regista, Leigh Janiak, probabilmente la dice lunga circa il genere di legame
che unisce i vari capitoli: “1994”, “1978” e “1666”, infatti, rappresentano semplicemente i tre atti della
medesima storia, e non avrebbe assolutamente senso guardarli in ordine sparso,
o addirittura pretendere di saltare uno o più episodi.
“1978”, dal canto suo, si rifà tanto alla saga di “Venerdì
13” quanto a quella dei “Piccoli Brividi” di R. L. Stine; e,
in effetti, ritengo che il target di
riferimento ideale della pellicola vada a collocarsi da qualche parte a
metà strada fra quelli dei due titoli.
A me ha ricordato un po’ anche “The Final Girls”, sottovalutatissima
gemma del genere di qualche anno fa con Taissa Farmiga e Malin Åkerman.
Una pellicola che fa chiaramente il verso alla “nastiness” tipica di certe pellicole
horror degli anni Settanta, quindi, smussandone le “brutture” più esplicite
senza mai arrivare a sconfinare nella vera e propria parodia. Le scene di violenza, frequentissime e dal
taglio abbastanza splatter,
continuano infatti ad ammiccare ai grandi classici della nostra adolescenza: “Scream”, “Urban legend”, “So cosa hai
fatto”… Niente di troppo esagerato, insomma, e di sicuro nulla in grado di
sfidare i divieti imposti dal classico bollino “V.M.16”!
Mi è parso interessante il fatto che il cuore emotivo del film sia stato riservato al rapporto fra le due
sorelle protagoniste, una relazione conflittuale e insolitamente ricca di
sfumature. Ho amato veder interagire i loro personaggi sulla scena e devo
ammettere che, in alcuni momenti, mi sono ritrovata addirittura con i lucciconi
agli occhi; anche se sospetto che parte del merito di questo coinvolgimento
vada attribuito alla vivace interpretazione della giovanissima attrice Sadie Sink, un talento naturale che riesce
a dominare la scena senza (apparentemente) neanche doverci provare più di tanto.
Ma anche il personaggio di Alice è riuscito a riservarmi qualche sorpresa…
In effetti, posso solo confermare quanto già affermato a
proposito di “1994”: secondo me, “Fear
Street” è una serie che elettrizza, che trascina, che immerge, soprattutto perché la sceneggiatura
si sforza di prendere queste allegre “caricature” di personaggi estremamente
noti al grande pubblico (l’allegro caz**ne, la bad girl rocchettara, la scream
queen dai boccoli immacolati eccetera), e di restituire loro un pizzico di
dignità, quel tanto di umanità che
basta a renderli reali e
dannatamente preziosi ai nostri
occhi.
Tutti, tranne le carogne di Sunnyvale, ovviamente… lo sanno
tutti, che quelli sono pendagli da forca e basta! XD
Appuntamento fra qualche giorno per la recensione del terzo e ultimo film! ^^
Vedrò a giorni! Del primo mi è piaciuto giusto il finale.
RispondiEliminaIo ho visto il terzo l'altro ieri, e devo dire che sono rimasta più che soddisfatta dal finale! :D
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