Dopo aver letto lo strabiliante “Nocterra”, il nome Scott Snyder continuava a ronzarmi nella mente.
Per cui, non appena ho scoperto l’esistenza della sua miniserie a fumetti “Wytches”,
mi sono praticamente sentita in dovere
di recuperare questa suggestiva e inquietante storia a tema stregonesco...
Avrò fatto bene?
Continuate a leggere la
recensione per scoprirlo! ;D
La trama
In cerca di pace dopo un terribile trauma, la famiglia Rooks si trasferisce in un pacifico paese del New Hampshire.
Ma la loro vita è tutt’altro che idilliaca...
Sailor, la figlia
adolescente, soffre di un grave disturbo
d’ansia e viene costantemente presa di mira da una bulletta della scuola.
Il padre, Charlie,
è uno scrittore di libri per bambini, disperatamente alla ricerca di un modo
per lasciarsi alle spalle un passato denso di alcolismo e vergogna.
La madre, Lucy, è
finita sulla sedia a rotelle in
seguito a un terribile incidente, e da allora non è più stata esattamente la
stessa.
I Rooks, adesso, non sognano d’altro che di voltare pagina e
ricominciare tutto daccapo... ma nei boschi intorno alla loro nuova casa si
nascondono creature mostruose e affamate;
spaventose entità assassine che gli abitanti del luogo definiscono “streghe”.
E quando una di loro prende di mira Sailor, Charlie capisce
che è arrivato il momento di sguainare le armi e sfidare l’oscurità che si annida fra gli alberi – e dentro di lui.
Cosa si nasconde nei boschi del New England?
“Wytches” narra
una storia profondamente violenta e
disturbante, a metà fra folk horror
e il tipico filone da maledizione
famigliare in stile “Hereditary”.
Sospetto che i fan di Joe
Hill potrebbero apprezzarla in modo particolare.
Dal canto mio, l’ho trovata affascinante e complessa, anche se a un certo punto ho cominciato
ad accusare una punta di angoscia e
mi sono ritrovata, quasi non volendo, a dilazionare la lettura.
Sotto certi aspetti, la trama e i personaggi mi hanno fatto
pensare a “Locke and Key” (mi riferisco alla versione originale, il
fumetto edito in Italia da Magic Press, e non all’omonima serie tv Netflix...); ma
anche a innumerevoli romanzi di Stephen
King.
“Wytches”,
infatti, deve sicuramente moltissimo ai lavori del grande Re del Brivido, e
intendo sia in termini di ispirazione, che di atmosfera e sviluppo dell’intreccio.
Ad esempio, il confronto fra Sailor e la sua aguzzina
adolescente, la temibile Annie, secondo me richiama alla memoria alcune
dinamiche di “Stand by me”; ma anche alcune sequenze di “Le notti di Salem” e di “Cuori
in Atlantide”, e a questo punto mi tratterrò dall’aggiungere altro,
soprattutto per evitare spoiler a chi ancora non avesse letto nessuno di questi
libri!
Mentre l’intenso e commovente rapporto fra padre e figlia, l’autentico fulcro emotivo della narrazione, mi ha fatto tornare in mente libri
come “Doctor Sleep” e “L’Incendiaria”...
Ombre come mostri
Anche al di là di queste affinità, l’opera di Scott
Snyder e Jock (alias Mark
Simpson, noto collaboratore della DC) regala un turbine di shock e di emozioni
forti, fra colpi di scena inenarrabili e svolte narrative deliziosamente
spietate.
Le illustrazioni,
badate, sono moooolto particolari.
Un maelstrom di ombre
nerissime, luci abbaglianti e spigoli taglienti; una frenesia di colori che, se
da un lato contribuisce ad aumentare in maniera esponenziale il senso di terrore e sgomento “onirico”
evocato dai testi, in altre scene rischia seriamente di trasformarsi in un test di Rorschach!
Personalmente, non ho amato moltissimo questo aspetto,
perché a tratti ammetto di essermi sentita confusa
e disorientata; mi riferisco soprattutto ai primi capitoli della miniserie,
laddove la penna di Snyder prende a farsi particolarmente ellittica e frettolosa.
Ma il tocco di Jock contribuisce senz’altro a infondere quel
certo tocco alla “Cappuccetto Rosso persa
nel bosco” al resto della storia; dopotutto, sospetto che sia stata soprattutto
la sua visione degli eventi,
personale e grondante di sangue, a trasformare un classico monster comic come “Wytches”
in una fiaba dark dolente, grottesca
e contemporanea.
Le creature, dal
canto loro, rappresentano forse uno degli elementi più convincenti e
genuinamente terrificanti del
fumetto.
La mitologia alla
base della loro creazione è molto solida, tanto per cominciare, e l’ambientazione rurale riesce a evocare
un costante senso di disagio e paranoia
nel lettore.
Probabilmente perché, a differenza di molti altri titoli
simili, “Wytches” riesce effettivamente a instillare in chi legge
il dubbio insistente che il pericolo, la corruzione e l’orrore si annidino ovunque,
perfino nei recessi più insospettabili della vita quotidiana... e che a nessuno
– in nessun caso – vada mai concesso l’enorme beneficio della fiducia incondizionata.
Sembra incredibile, quanti volumi sono?
RispondiEliminaSolo uno, e lo ritengo uno dei suoi più grandi pregi! ;D
EliminaIn 6 numeri, riesce a compiere il miracolo: raccontare una storia dall'inizio alla fine, e farlo in maniera magistrale...