La terza stagione di “Servant” ripaga la paziente attesa degli spettatori più fedeli... e lo fa con gli interessi!
Spostando finalmente il
focus della narrazione sul personaggio più emblematico e ambiguo della
serie – vale a dire Leanne, la
“servitrice” cui accenna il titolo – la serie tv prodotta da M. Night Shyamalan riesce finalmente a
consegnarci la valanga di brividi e suspense che la misteriosa e
inquietante atmosfera ci aveva promesso fin dal primissimo episodio...
La trama
Dopo i tumultuosi eventi narrati nel corso della seconda
stagione, Leanne (Nell Tiger Free) è
tornata a convivere pacificamente con i Turner.
Dorothy (Lauren
Ambrose) e Sean (Toby Kebbell)
sono al settimo cielo: il loro piccolo Jericho
è di nuovo fra le loro braccia, e tutti i sacrifici (e gli eventi inspiegabili) superati per
arrivare a questo punto cominciano finalmente a sfumare dalla loro memoria.
Persino il cinico Julian (Rupert Grint) sembra determinato a riprendere il corso di un’esistenza
normale e a cercare di superare i propri
demoni... nonché a lasciarsi alle spalle un passato fatto di segreti
inenarrabili e dipendenze letali.
L’unica che non ha dimenticato (né la minaccia rappresentata dal culto,
né la vera fonte del potere
sovrannaturale che sembra averle permesso di compiere una piccola
resurrezione o due...) è proprio Leanne, sempre più terrorizzata al pensiero
della vendetta che i suoi
ex-compagni di setta potrebbero tornare a esigere da un momento all’altro.
Quando un gruppo di giovani
senzatetto si stabilisce nel parco dall’altra parte della strada, e
comincia a tenere d’occhio gli spostamenti della balia con crescente interesse,
la paranoia si impadronisce
definitivamente di Leanne... dando vita a conseguenze
imprevedibili.
Ogni volta che guardi nell’abisso
La terza stagione di “Servant”
si è rivelata incredibilmente elettrizzante
e ricca di soprese.
L’amletica
sceneggiatura comincia finalmente a rivelare le sue carte, e... diavolo, la
verità è che si tratta di una mano addirittura più stupefacente del previsto!
La prima parte della stagione si concentra soprattutto sul tema del miracolo, e ci illustra i
travagliati modi in cui i vari membri della famiglia Turner (ciascuno, a suo
modo, chiamato a rappresentare una diversa sfumatura dell’animo umano...)
cominciano ad affrontare le conseguenze del loro contatto con l’ignoto.
Sean, ad esempio, decide di rivolgere lo sguardo alla fede, mentre cerca di fare del suo
meglio per espiare le proprie colpe e tenere unito un gruppo di persone che, a
conti fatti, forse finirà sempre con il farsi più male che bene.
Dorothy, invece, si lascia ricadere nella consueta spirale
di iperattività e negazione, ogni
oncia della propria vulcanica energia assorbita da una slavina di frivolezze e
manfrine quotidiane... Qualsiasi cosa,
pur di non guardare in faccia quella verità
che continua a mostrarle i denti ogni mattina, attraverso il suo stesso
riflesso nello specchio.
Julian, intanto, cerca di smuovere mari e montagne per dimostrare scientificamente che Leanne
è una pazza e/o un’imbrogliona, per demistificare l’operato della giovane e
trovare conforto nella sua solita patina
di razionalismo... salvo poi continuare a gravitare, contro ogni buon
senso, nell’orbita a di quella conturbante babysitter che lo attrae e lo
respinge ogni giorno con la forza di un magnete.
Nel frattempo, l’unica persona che sembra possedere ogni
risposta si ritrova a gestire il peso di una responsabilità e di una
solitudine assurde. Una balia dall’apparenza angelica e lo sguardo
inquietante, i cui segreti hanno continuato a tenere noi spettatori sulle spine
per la bellezza di tre anni consecutivi.
Una ragazzina che, a poco a poco, comincia a trasformarsi in una donna, a prendere
consapevolezza del proprio potenziale e delle proprie risorse.
Una ragazzina che, a poco a poco, comincia a liberarsi dalle catene delle
repressione e ad abbracciare l’inquietante
evidenza del proprio lato oscuro...
Astri polari
La seconda parte di questa terza stagione si focalizza,
invece, sul conflitto fra Leanne e
Dorothy.
Due personalità fortissime, problematiche, manipolatrici, terrificanti,
che (come ogni spettatore di “Servant”
sarà in grado di confermarvi) in fondo sono sempre state destinate a scontrarsi.
Fra colpi di ingegno
e sequenze genuinamente terrificanti
(l’inquietante conversazione con la ministra, attorno al tavolo della cena dei
Turner, e l’efferata aggressione in seguito alla festa di quartiere, sono solo
due fra gli esempi possibili...) si dipana quindi un coinvolgente racconto di formazione e decostruzione; una storia che parla di maternità e spiritualismo, emancipazione e fanatismo, orrore e innocenza... del modo
complicato e tortuoso in cui, in fondo, umanità
e mostruosità sembrano adattarsi a convivere
perfettamente sotto la stessa pelle.
Probabilmente, a questo punto, non ci sarà davvero bisogno
di specificarlo, ma il fatto è che le interpretazioni
del cast di “Servant” restano di altissimo livello.
Quest’anno, ovviamente, sono state soprattutto le
incontenibili Nell Tiger Free e Lauren
Ambrose a dominare la scena; due
opposti complementari, i poli di luce e
oscurità attorno a cui le loro controparti maschili, inevitabilmente, si
limitano a ruotare intorno come satelliti.
Fra l’altro, l’inconcepibile mobilità dei loro visi ha consentito loro reggere dei primi piani che mi sentirei di definire
quasi espressionisti; un mix esplosivo
di tensioni sotterranee, istinti
primordiali ed emozioni represse, che consente alle due attrici di comunicare con il pubblico su un
livello che sfida i confini della mera razionalità.
Cos’altro potrei aggiungere?
Attendere la quarta - e ultima - stagione sarà un’agonia.
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