“Sorelle” è un romanzo che ho desiderato leggere fin dal momento in cui ho scoperto della sua esistenza (bè, non che sia passato poi tutto questo tempo, ma confido nel fatto che abbiate afferrato il concetto! XD).
La premessa gotica sembrava perfetta e le recensioni stellari
mi avevano stregato.
Purtroppo, dal mio punto di vista la lettura si è rivelata
abbastanza deludente, al punto da
avermi definitivamente convinto della mia totale incompatibilità con lo stile
e il (non-)modo di strutturare di
una trama di Daisy Johnson.
Andiamo a scoprire il perché nel dettaglio…
La trama
Luglio e Settembre sono due sorelle legate da un vincolo
viscerale; qualcosa di molto più forte del semplice rapporto di parentela,
o perfino dell’amicizia.
Le ragazze, infatti, sono abituate a vivere in perfetta simbiosi; dove finiscono i pensieri dell’una, cominciano le parole dell’altra, si potrebbe quasi dire.
Una relazione che ha sempre procurato parecchi grattacapi alla loro madre, vedova e perennemente afflitta dai fumi di una depressione cronica. Anche perché l’amore fra Settembre e Luglio potrà anche essere esorbitante e totalizzante, ma di sicuro non è incondizionato; né, tantomeno, “sano” o bilanciato.
Settembre, infatti, riesce a imporsi sulla sorella con una
facilità spaventosa; la sua forza e il suo carisma
riescono ad annullare la
personalità di Luglio in tanti piccoli modi, forse non sempre facilissimi da
individuare, ma senz’altro inequivocabili a un occhio attento a cogliere certi
dettagli.
Dopo un episodio scolastico di natura particolarmente problematica, la
madre decide quindi di trasferire la
famiglia in una casetta “tranquilla”, situata in un ridente paesino in riva al
mare.
Peccato che qui, a poco a poco, le sue ragazze comincino a isolarsi e a diventare ancora più
enigmatiche di prima. Luglio, in particolare, avverte in Settembre la
forza di un cambiamento allarmante:
cosa sta succedendo a sua sorella?
E perché le sue nuove idiosincrasie sembrano legate a doppio
filo con le pareti, le fondamenta e i
segreti che infestano la loro nuova dimora?
Sulla scia di Shirley…
“Sorelle” è
un thriller psicologico dotato di solidi
elementi gotici. Da questo punto di
vista, paragonare il romanzo di Daisy Johnson alle opere di Shirley Jackson, maestra assoluta in entrambi i generi, risulta pienamente giustificato.
Non per niente, “Sorelle” è stato candidato all’edizione 2020 dello "Shirley Jackson Award" (anche se il
premio, poi, è stato assegnato a “The Only Good Indians” di Stephen
Graham Jones, un horror di cui andremo a parlare nel dettaglio fra qualche
settimana).
In effetti, il legame morboso e ambiguo fra le due
protagoniste richiama immediatamente alla memoria quello condiviso dalle
sorelle Merrycat e Constance in “Abbiamo sempre vissuto nel castello”.
E non c’è davvero modo di leggere frasi come “If
brains are houses with many rooms then I live in the basement”, o “This
the house we have come to. This the house we have left to find”, senza
pensare a Eleanor Vance e all’iconico
classico “L’incubo di Hill House”.
E, a onor del vero, ammetterò che Daisy Johnson ha un modo di scrivere unico e squisito; così
come non negherò il fatto che il suo slancio
lirico è ciò che davvero riesce a
portare la sua opera su un altro livello, e che la sua capacità di parlare di sentimenti attraverso metafore, anafore e sinestesie denota una sensibilità poetica pari
a quella di un’autentica artista della
parola.
Nella tana del Bianconiglio
Il problema, probabilmente, è che non sono mai stata in
grado di apprezzare particolarmente la
poesia, né le opere che solitamente siamo soliti qualificare come “literary fiction” (unica eccezione
attestata: il bellissimo “Così si perde la guerra del tempo”
di Max Gladstone e Amal El-Mohtar! *___*)
E, dal punto di vista della trama, dell’intreccio e dei
personaggi, “Sorelle” è un
libro un po’… Bè, diciamo ermetico,
in mancanza di un termine migliore.
Non è stata tanto l’idea di un finale aperto a disturbarmi (ammesso che l’ultimo capitolo del
romanzo possa rientrare in questa
categoria, cosa di cui al momento mi sento tutt’altro che sicura). È proprio il
fatto che il testo di Daisy Johnson, in virtù del suo linguaggio infiorettato e dell’uso alquanto criptico del proprio complesso
apparato retorico, finisce per
risultare vago, caotico e oscuro.
E non voglio dire “oscuro da mozzare il fiato”, o in un
senso misterioso che tende a stimolarti l’immaginazione e a incendiarti
piacevolmente le sinapsi (vedi lo schizzatissimo“Bunny” di Mona Awad).
No, intendo proprio “oscuro
da male dietro agli occhi”; una galleria di immagini, personaggi e
situazioni che sembrano sgorgate da un incubo
a occhi aperti e che, per lo più, potrebbero anche avere un significato (ma magari no).
Il punto è che Daisy Johnson si lascia alle spalle un
mucchio di spazi bianchi, e poi appioppa
deliberatamente al lettore il compito di riempirli.
Cosa sta succedendo in questa scena, esattamente? In questo
capitolo? In questo libro? Vai a sapere…
È come se l’autrice stesse cercando di dire al lettore: «Avanti, fai la tua scelta: tira fuori una
carta a caso dal mazzo e vedi che succede. Possessione demoniaca, schizofrenia,
fantasmi generazionali, invasioni aliene, scompensi ormonali… Tutto è lecito. Tutto,
purché non debba essere io a dirti quale fra queste potrebbe essere.»
Toxic
“Sorelle” affronta sicuramente il tema della relazione tossica fra Luglio e
Settembre con intensità e passione.
Eppure, paradossalmente, i miei capitoli preferiti del libro
sono stati quelli narrati dal punto di vista della madre.
Magari perché avevo intuito l’eclatante “colpo di scena” di fine secondo atto
già a pagina 4 (tranquilli: se siete entusiasti sostenitori del genere horror,
ci riuscirete anche a voi...); magari semplicemente perché il personaggio della madre,
nella sua vulnerabilità un po’ patetica,
mi è sembrato molto più umano e “approcciabile” rispetto a quelli delle due
protagoniste.
Ora… Non sto cercando
di convincervi del fatto che “Sorelle” sia un brutto libro. Anzi: alla maggior parte del pubblico è
piaciuto, la critica internazionale
l’ha poco meno che osannato…
Soltanto perché io l’ho trovato più sgradevole
(e noioso) che disturbante, non vuol
dire che debba capitare lo stesso a voi.
Però mi sentirei sicuramente di consigliarlo a un certo tipo
di lettore, piuttosto che a un altro.
Se di solito leggete perché amate le storie (gli archi narrativi e i twist a sorpresa, le
ambientazioni curate e i cliffhanger da infarto, i dialoghi sofisticati e gli
intrecci “a orologeria”), magari provate a buttarvi su qualcos’altro.
Se invece, generalmente, durante la lettura tendete a
concentrarvi soprattutto sul suono
delle parole e sulla raffinatezza
delle atmosfere, sulla profondità
concettuale che si cela dietro ai vari sentimenti e sull’inequivocabile potenza allegorica dell’immaginario di
chi scrive… Bè, congratulazioni: ho come l’impressione che abbiate appena
scovato uno dei vostri nuovi romanzi preferiti! ;D
Ciao ho letto la tua recensione sul Trono di Spade e concordo con te, l'ho trovato molto noioso e ora ho letto questa tua sulle Sorelle e mi fido del tuo parere: Non lo comprerò. Ti seguo volentieri. Ciao e buona serata.
RispondiEliminaCiao a te!
EliminaTi seguo anch'io su entrambi i blog, grazie mille per essere passata! :D
Ciao Sophie!!
RispondiEliminaAnzitutto complimenti per la recensione accurata e attenta, è sempre un piacere leggerti.
E poi, come sai, il mio parere sul libro è più positivo del tuo, un po' perché (probabilmente) sono a digiuno di horror, e un po' perché... mi sa che faccio parte di coloro che si lasciano sedurre da un certo tipo di scrittura 😀
Ciao, Angela, grazie mille! :D
EliminaTi capisco, Daisy Johnson ha uno stile moooolto dark e "sexy"... Io sono una tipa molto più "prosaica" (nel senso che amo la prosa e non capisco niente di poesia), per cui di solito le metafore altamente espressive, con me, tendono ad andare tragicamente sprecate (ho la testa troppo quadra XD).
Eppure, perfino io sono stata in grado di riconoscere il grande talento di questa autrice! ^____^