martedì 9 ottobre 2018

Recensione: "I Dimenticati", di Emmanuele Ettore Vercillo



Romanzo Autoconclusivo

"I Dimenticati è una storia fantasy dai toni cupi ambientata nel regno di Saphenet, una grande isola sconvolta da una piaga vecchia secoli e che viene chiamata maledizione dei sognatori, non avendo idea di quali possano essere le cause.
Da tempo immemore, infatti, gli abitanti di Saphenet iniziano a fare degli strani sogni, nei quali vedono una strada da seguire: chi inizia a farli dorme sempre di più sino a quando non sparisce nel nulla, senza lasciare traccia. Nel corso del tempo, questa maledizione ha finito per rendere l’isola un posto cupo, costellato di rovine e luoghi abbandonati.
Rodrick vive in uno di questi: un piccolo villaggio di cui è rimasto l’ultimo abitante. La totale solitudine ha finito per rendere la sua mente sempre più fragile, a tal punto che ha iniziato a vedere una sorta di amico immaginario il quale assume le sembianze di Edor, suo vecchio amico nella realtà scomparso a causa della maledizione e al quale Rodrick aveva promesso di tentare di risolvere questo tormento. Invogliato ogni giorno da questo compagno immaginario, alla fine, il solitario avventuriero decide di partire: nonostante lui non abbia mai iniziato a sognare, sa bene quale strada tentarono di seguire i maledetti.
Inizia così il viaggio del Dimenticato..."


Ringrazio caldamente l'editore Santelli  per avermi concesso l'opportunità di leggere e recensire questo romanzo


Prima di tutto, ci tengo a ribadire una premessa fondamentale: nulla di quanto sto per scrivere a proposito de “I Dimenticati”, il libro fantasy d’esordio del giovane autore Emmanuele Ettore Vercillo, è stato inciso su pietra. Una recensione non rappresenta altro che un punto di vista, dopotutto; una semplice opinione, una raccolta di considerazioni, impressioni e commenti (peraltro di carattere squisitamente personale) che dovrebbero avere il semplice obiettivo di illustrare un’opera e indirizzare il pubblico verso un certo tipo di titoli considerati appetibili.

Se seguite il mio blog da parecchio tempo, probabilmente a questo punto sarete riusciti a farvi un’idea abbastanza chiara dei miei gusti in fatto di libri. C’è un motivo se, ormai, leggo quasi esclusivamente in lingua inglese, prevalentemente nuove uscite, o comunque titoli abbastanza recenti da poter beneficiare di un'impostazione moderna e di forti rimandi alla sfera dell'attualità contemporanea.
Questa ragione, in poche parole, ha a che fare soprattutto con la colossale evoluzione, con lo straordinario livello di maturità raggiunto dal genere fantasy in nazioni diverse dalla nostra; uno sviluppo dovuto essenzialmente all’opera infaticabile e poderosa di innumerevoli “nuovi voci”, una nuova leva di autori (e autrici) che hanno contribuito a portare lo stendardo (e, soprattutto, gli standard…) della narrativa fantastica in alto e sempre più in alto. Uomini e donne che non hanno avuto paura, per così dire, di arrampicarsi sulle spalle dei "giganti", vale a dire tutti quei grandi Autori del passato che hanno contribuito a plasmare la storia del genere, per cercare di raccontaci qualcosa di nuovo; storie avvincenti, coraggiose e, soprattutto, personali, che ci incoraggiano a vedere il mondo in maniera differente.

Sotto questo punto di vista, non posso certo negare che leggere “I Dimenticati” si sia rivelata per me un’esperienza alquanto deludente. Certo, potrei decidere di adottare adesso la tattica del "due pesi e due misure"; dimostrarmi condiscendente, e dire che il libro in fondo "è scritto bene", perché la grammatica è corretta e la sintassi pure.
Ma non credo che sarebbe giusto, e probabilmente neanche onesto nei confronti di chi questo libro l'ha amato veramente (e non dubito che, là fuori, più di un lettore potrebbe ritrovarsi perfettamente in tale descrizione).

Quindi mi limiterò a scrivere che, sia da un punto di vista tematico, che estetico/formale, il libro del giovane Vercillo è riuscito a coinvolgermi veramente poco; probabilmente a causa di una trama estremamente lineare, presa in prestito da un milione e mezzo di gdr di stampo nipponico o americano (“The Legend of Zelda”, “God of War”, “Dragon Age”, fate un po’ voi…) e da una struttura narrativa che tende a fare dell’epica (a buon mercato) e della retorica i propri indiscussi cavalli di battaglia. Un romanzo che - spero che mi perdonerete per l'onestà implacabile - a tratti  sembra scritto tanto per fare, senza avere realmente niente da comunicare; se fosse riuscito per lo meno a divertirmi, magari avrei potuto limitarmi a classificarlo come un prodotto votato al semplice intrattenimento, e giustificare almeno in parte la sua mancanza di carisma... ma,  purtroppo, non credo sia questo il caso.

Ho indubbiamente apprezzato – e molto – la cupa tonalità dell’ambientazione, la morbosità di certe atmosfere e l’ambiguità del finale; un po’ meno mi hanno convinto le descrizioni degli ambienti (asettiche e ripetitive fino allo sfinimento) e le scene di combattimento (a tratti sembrava quasi di assistere a una partita a "Super Mario": il nemico agita la spada, l’omino balza di lato e schiva, solleva la spada in una spazzata orizzontale e puff! Ripeti per tre volte, boss sconfitto, passa al prossimo livello!).

Non sono rimasta soddisfatta neanche dall’assenza (pressoché integrale) di caratterizzazione psicologica, dal momento che perfino il protagonista, fino alla fine, non si rivela altro che un anonimo eroe di dubbia morale; gli altri personaggi risultano abbastanza stereotipati e prevedibili da strappare una smorfia, e sinceramente non posso dire di essermi realmente interessata alle sorti di nessuno di loro.

In compenso, mi è parso di capire che Vercillo disponga di un ottimo senso del ritmo, di una discreta abilità nella composizione delle frasi, e di un talento speciale nel cercare di focalizzare l’attenzione del lettore verso tutti quei momenti di maggior tensione drammatica, come i capitoli iniziali o lo scontro finale contro il malvagio re Soth. Se solo l’autore avesse lavorato un po’ più di fantasia, originalità, sostanza e world building, insomma, con ogni probabilità “I Dimenticati” sarebbe riuscito a regalarmi un genere completamente differente di emozioni…


In estrema sintesi: Più che un romanzo fantasy in senso stretto, "I Dimenticati" mi è sembrato un lungo e dettaglioso resoconto di eventi a casaccio, per lo più ispirato al mondo dei vecchi videogame targati Nintendo e Capcom. La prevedibilità della narrazione mi ha un po' annoiato, ma è stata soprattutto la mancanza di personalità a stupirmi...




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