lunedì 4 novembre 2019

Recensione: "Sette Lame in Nero", di Sam Sykes



seven blades in black - grimdark - western - libri fantasy 2019


Disponibile prossimamente anche in italiano!

La Tomba degli Imperi, Vol. 1

Potete acquistarlo in inglese QUI

"Tradita da quelli di cui si fidava di più e privata della sua magia, a Sal Cacofonia ormai non restano che il suo nome, la sua storia, e l'arma che ha usato per sigillare entrambi. Eppure la donna ha una volontà più forte della magia, e sa esattamente dove andare.
La Cicatrice, una terra straziata dalla lunga guerra fra l'Impero e la Rivoluzione, in cui i maghi ribelli vanno a scomparire e i soldati a morire: è qui che Sal decide di recarsi, con la sua spada in pugno, la sua pistola maledetta, e una lista di sette nomi.
La vendetta ormai è l'unica cosa che conta..."


"Sette Lame in Nero" è un libro fantasy/western scritto da Sam Sykes, il primo volume della trilogia "La Tomba degli Imperi".
Non ho intenzione di riportare una valutazione in fondo a questo post, per quanto parziale e soggettiva, perché non voglio rischiare di scoraggiare un potenziale lettore. Dopotutto, soltanto perché IO ho finito col detestare la decantata protagonista di questo romanzo al punto da odiare l'idea stessa di mettermi a sfogliarne le pagine, non vuol dire che dobbiate farlo anche voi.
E se siete fan di autori come Andrzej Sapkowski o Mark Lawrence, è probabile che "Sette Lame in Nero" finisca persino per piacervi, forse anche parecchio.

Per quanto mi riguarda, posso solo cercare di spiegarvi perché questo romanzo si è trasformato, nel giro di 100 pagine o giù di lì, da una delle mie potenziali letture preferite di questo 2019 in una stratosferica spina nel fianco, di cui non vedevo l'ora di liberarmi e che probabilmente lotterò per cancellare dalla mia mente non appena avrò finito di scrivere questa recensione.
L'inizio di "Sette Lame in Nero" mi aveva entusiasmato, non posso negarlo. Con la sua trama al punto di incrocio perfetto fra "Kill Bill", "La Torre Nera" e un qualsiasi anime d'azione, i suoi toni sboccati e la sua antieroina cinica e spregiudicata, ero quasi sicura che il libro sarebbe riuscito a conquistarmi. 
Peccato che a lungo andare i suoi punti di forza si siano trasformati in altrettanti Talloni di Achille, e che Sykes sia rimasto invischiato in un loop infinito (o comunque lungo 700 pagine, fate un po' voi...) di sempre la solita minestra, sullo sfondo di un'ambientazione che sì, sarà anche traboccante di mostri e palesemente ispirata a "Final Fantasy"... ma che in realtà a me è parsa molto "di facciata", come se l'autore fosse stato più interessato a cercare di far sembrare cool i suoi singoli elementi che a lavorare sodo per mettere insieme un solido e convincente scenario d'insieme. 

Lo stesso discorso si applica anche alla creazione dei personaggi, del resto.
Sal Cacofonia (giuro: si è proprio scelta il soprannome che merita! XD) avrà anche un "character design" di partenza affascinante , con le sue cicatrici, la sua pistola maledetta e il suo "chocobo" scontroso di nome Congeniality
Liette sarà anche, sulla carta, la creatura più brillante e affascinante mai esistita, con il suo amore per i libri, il linguaggio da scaricatore di porto e i suoi occhialetti circolari perennemente appollaiati sulla punta del naso. 
Cevric riuscirà pure a fare una discreta figura, col suo cappotto blu pieno di bottoni, la sua mascella squadrata e i suoi ampi sorrisoni fanciullesci.
Ma alla resa dei conti nulla di tutto questo riesce ad approfondire la loro caratterizzazione, o a riscattare il fatto che i personaggi di "Sette Lame in Nero" sembrano scolpiti con l'accetta: per cui, fino alla fine e senza possibilità di appello, Sal rimane la formidabile pistolera egoista, tormentata e maledetta; Liette una via di mezzo fra una pagina di Wikipedia ambulante e il più grosso Zerbino mai esistito nella storia umana, e Cevric un Gonzo di proporzioni veramente notevoli.

I dialoghi di "Sette Lame in Nero" sono molto creativi e divertenti, questo non posso metterlo in dubbio. Per le prime 200 pagine o giù di lì, riescono a strapparti un sorriso o una risata con un sorprendere livello di abilità.
Dopodiché Sykes non fa che cominciare a riciclare a ciclo chiuso le stesse tre o quattro battute, come uno di quei bambini petulanti ai tempi della seconda media, e continuare a fornire ai suoi personaggi un canovaccio che sembra costringerli a portare avanti le stesse conversazioni ancora e ancora e ancora... proprio come in brutto anime, per l'appunto. Proprio come in un videogioco realizzato senza arte né parte, da qualcuno talmente preso a gongolare per la finezza del comparto grafico della propria opera da non rendersi minimamente conto di quanto profondamente stia logorando i nervi al suo videogiocatore a causa di parecchi altri fattori.

La mia non è un'opinione popolare, badate bene. La maggior parte di coloro che sono riusciti a finire "Sette Lame in Nero" l'hanno amato con tutto il cuore, o comunque sono riusciti a intravedere fra le sue pagine una profondità espressiva che a me è completamente sfuggita. Brent Weeks ad esempio l'ha definito "un fantasy d'azione con un'anima" e buon per lui, si vede che in questo campo io e l'autore di "L'Angelo della Notte" abbiamo gusti completamente diversi.

Per quanto io possa essere in grado di apprezzare un sistema magico ben fatto, o una frecciatina demenziale ben assestata, purtroppo nel mio piccolo devo ammettere di aver colto ben poca sostanza, in relazione a questo libro.
Solo una protagonista che tende a sfuggire a qualsiasi "etichetta di genere" (come dicono i lettori più entusiasti) perché ha una morale ambigua e continua a trattare come una pezza da piedi l'unica persona che si prenda la briga di stare dietro alle sue ca***te da femmina dominante. Fosse stata un uomo, non avremmo neanche dovuto tenere questa conversazione, credete a me: ci saremmo limitati tutti a chiamarla col suo nome e sarebbe passata subito la paura.
Solo un sacco di esplosioni e di effetti speciali, di "boom!" e di "bang!" e di "patatrak!", ecco cosa ci ho trovato; come se Sykes si fosse messo a guardare"The Hateful Eight" e "Gli Spietati" con il joystick incollato alla dita e gli auricolari per una qualche campagna in multiplayer ancora attaccati alle orecchie. Vale a dire senza capirci un granché, ma apprezzando come un pazzo le occhiate glaciali di Clint Eastwood e le sogghignanti espressioni da uomo tutto d'un pezzo di Samuel L. Jackson.

Mi auguro di tutto cuore che a voi questo libro possa piacere di più, insomma.
Dal momento che Sykes sembra un grande fan del concetto di "more of the same!", dubito che mi prenderò la briga di leggere gli altri volumi della serie. 
Ma in fondo ho anch'io la testa abbastanza di coccio, quindi mai dire mai, immagino... Sigh! XD





4 commenti:

  1. uhhhhhm
    in linee generali sembra comunque abbastanza interessante. Però il problema più grosso mi sa che è la copertina. La trovo orrenda XD

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    1. Anch'io la trovo una copertina abbastanza bruttina, effettivamente! XD
      Ma ormai tendo a considerarla perfettamente in linea con il carattere della sua protagonista: che è, a dirla tutta, una persona veramente insopportabile, sgradevole e con una faccia da schiaffi grande come una casa, ehehe! ;D

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  2. Aiuto.. Già questa copertina non è che sia proprio il massimo, dopo questa recensione non so se dargli una possibilità sinceramente ahah

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    1. Ciao, Ale! ^___^
      Pensa che io sto prendendo in considerazione l'idea di provare a leggere il seguito... Mi sa che sono un po' masochista, ahaha! XD Scherzi a parte, io l'ho trovato davvero terribile, soprattutto nella seconda metà: ripetitivo, puerile e monotono oltre ogni dire... Ma in realtà in giro per la rete si possono trovare parecchie recensioni positive, quindi chissà? Magari il libro ha avuto questo effetto solo su di me! ;D

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