martedì 23 agosto 2016

Recensione: "Kitchen" di Banana Yoshimoto



"Quanti anni avevo quando ho capito che su quel sentiero buio e solitario l'unica luce possibile era quella che io stessa avrei emanato? 
Anche se sono stata cresciuta con amore, mi sono sempre sentita sola."


Kitchen
di Banana Yoshimoto
Feltrinelli Editore

"Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina...". Così comincia il romanzo di Banana Yoshimoto, "Kitchen". Le cucine, nuovissime e luccicanti o vecchie e vissute, riempiono i sogni della protagonista Mikage, rimasta sola al mondo dopo la morte della nonna, e rappresentano il calore di una famiglia sempre desiderata. Ma la famiglia si può non solo scegliere, ma anche inventare. Così il padre del giovane amico Yuichi può diventare o rivelarsi madre e Mikage può eleggerli come propria famiglia, in un crescendo tragicomico di ambiguità. Con questo romanzo, e il breve racconto che lo chiude, Banana Yoshimoto si è imposta all'attenzione del pubblico italiano mostrando un'immagine insolita del Giappone , con un linguaggio fresco e originale, quasi una rielaborazione letteraria dello stile dei fumetti manga.



Kitchen”, il primo libro di Banana Yoshimoto, è stato pubblicato per la prima volta in Giappone nell'88, per arrivare qui da noi in Italia nel '91.
Racchiude in se’ due racconti diversi, che mi piace pensare complementari: quello che presta il titolo all'opera e un altro, molto più breve, chiamato “Moonlight Shadow”.

Contrariamente alle mie aspettative, ho scoperto che ignoto e sovrannaturale giocano un ruolo importante all'interno di queste due novelle, anche se in un modo molto sottile, personale e quasi impercettibile.
Una fugace, ma indimenticabile incursione del regno della magia e del mistero all'interno della sfera quotidiana, un incontro destinato a genere conseguenze meravigliose, e a lasciare un segno indelebile nelle vite di coloro che arriva a sfiorare.
Un piccolo intervento miracoloso al quale, in tutta onestà, non si fa alcuna fatica a credere: lo stile dell'autrice è sempre così delicato, struggente e malinconico, le sue immagini e metafore sempre cosi inequivocabilmente protese verso il dominio della morte, del sogno e del sublime, da rendere l'intrusione del fantastico un elemento della narrazione assolutamente credibile, convincente e “naturale”.

Attraverso le pagine di “Kitchen”, incontriamo prima Mikage e poi Satsuki, due giovani donne di Tokyo tormentate dal lutto causato dalla perdita di una persona cara.
La vita si trasforma per queste due ragazze in un difficile e doloroso percorso a ritroso verso la realtà delle loro vite quotidiane e del futuro che le attende, nell'ambito di una città che, grazie alla vena poetica e intimista della Yoshimoto, si presenta agli occhi del lettore come un’entità sconosciuta, misteriosa e meravigliosa. Un suggestivo scenario urbano popolato di personaggi che sembrano scaturiti direttamente dalle pagine di una fiaba: è il caso dell'amata e solare Eriko, una donna bellissima, dolce e vitale, che un tempo era un padre amorevole per l'introverso Yoichi: oppure della sorridente Urara , “la ragazza sul ponte”, cosi intensamente proiettata sul compito di cercare una via di comunicazione con l’aldilà, da sembrare quasi un fantasma lei stessa, una sorta di madrina benevola e surreale.

Come leggevo da qualche parte un po’ di tempo fa (non chiedetemi quando, ne dove...), “Kitchen” è il libro ideale da consigliare a chiunque abbia amato il film “Il favoloso mondo di Amelie”.
L'impronta minimalista, e l'esortazione costante a ricercare le gioie più grandi all'interno delle cose più piccole, dei piaceri e delle passioni solo apparentemente marginali, e che in realtà ci sono così cari e così necessari, fanno effettivamente tornare in mente le atmosfere e lo spirito del film di Jeunet.
In “Kitchen”, tuttavia, è insita una vena narrativa di tensione sotterranea, di “epicità” esistenziale e solitudine, molto più incalzante, potente e marcata; forse perché, per rubare le parole di bocca alla protagonista Migake, occorre assolutamente continuare a sentire che un giorno moriremo.
Altrimenti, non ci accorgeremmo neppure più di essere vivi.

Giudizio personale: 8.0/10


"I ricordi veramente belli continuano a vivere e a splendere per sempre, pulsando dolorosamente insieme al tempo che passa."



8 commenti:

  1. di quest'autrice ho letto solo un libro - A PROPOSITO DI LEI - e mi colpì l'atmosfera da sogno, i personaggi evanescenti, la delicatezza nel parlare di sentimenti.
    Credo che questa lettura potrebbe piacermi!!

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    1. Hai individuato i tre elementi fondamentali di "Kitchen"! ^^
      Sì, penso anch'io che potrebbe piacerti! ;D

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  2. Sembra molto interessante! E dovrebbe essere anche piuttosto breve, tra l'altro, quindi di veloce lettura.

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    1. Confermo: parliamo di 150 pagine o giù di lì... si legge veramente in fretta! ^____^

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  3. Di questa autrice avevo letto una raccolta di racconti, credo Ricordi di un vicolo cieco, ma non ne sono sicura, non mi era piaciuto per niente e ho persino rimosso il titolo :/
    Comunque sono convinta di aver cominciato dal titolo sbagliato, quindi penso proprio che proverò a leggere Kitchen!

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    1. Potrebbe valere la pena fare un altro tentativo, secondo me, Roberta... magari, l'altra volta sei stata solo un po' sfortunata! ;D

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  4. Non sono ancora riuscita a leggere questo libro, ma l'autrice mi piace molto e spero di riuscire a recuperarlo, prima o poi :)
    Complimenti per la recensione! :)

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    1. Grazie, Sian! ^___^
      Per me, era il primo libro di Banana, invece... un esordio coi fiocchi, non c'è che dire! ;D

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