venerdì 16 ottobre 2020

Recensione: "The Bone Shard Daughter", di Andrea Stewart

 

Drowning Empire, Vol. 1

Potete acquistarlo QUI in inglese

"Il regno dell'Imperatore è durato per secoli, la sua padronanza della magia dei frammenti d'ossa l'unico mezzo in grado di alimentare i potenti costrutti simili a bestie che mantengono pace e ordine per le strade del regno. Ma adesso il suo dominio si sta sgretolando ai margini, e la rivoluzione imperversa in molte isole dell'Impero. Lin è la figlia del sovrano e trascorre gran parte delle sue giornate intrappolata in un palazzo pieno di porte sbarrate e oscuri segreti. Quando suo padre si rifiuta di riconoscere il suo diritto al trono, la giovane giura di riuscire a provare il suo valore e comincia ad addestrarsi in segreto nell'uso della magia proibita. Eppure un simile potere richiede grandi costi; non appena la rivoluzione raggiungerà le mura del palazzo, sarà Lin a dover scegliere fino a che punto spingersi per reclamare il suo diritto di nascita - e per salvare la sua gente."


Sono stati in molti a descrivere "The Bone Shard Daughter", primo volume di una nuova trilogia high fantasy di Andrea Stewart, come uno dei migliori romanzi d'esordio dell'anno. In questa recensione, temo che sarò costretta a calarmi nuovamente nei panni dell'avvocato del diavolo: dal mio punto di vista, infatti, il libro ha un paio di punti di forza e una carovana di svantaggi, a partire da una trama dispersiva e da un apparato descrittivo praticamente inesistente.

Già dalle primissime pagine, ho avuto l'impressione che qualcosa non quadrasse; o per lo meno, non al 100%. Come tutti, sono rimasta folgorata dall'idea di base - vi dico solo che il plot prevede un Impero moralmente ambiguo e un esercito di inquietanti costrutti magici alimentati dalle energie vitali degli inermi cittadini. Il design di queste creature è uno sballo assoluto per la mente e per il cuore (massì, lanciamoci in questo slang da giovinastri…), e del resto anche l'idea di ambientare gli eventi in un arcipelago di fluttuanti isole migratorie ha stuzzicato la mia immaginazione.

Eppure, il roboante concentrato di azione che si svolge nell'arco dei primi capitoli mi ha scatenato un piccolo attacco di frustrazione; quasi come se tutte queste spettacolari sequenze di inseguimenti, risse e scarpinate attraverso i tetti in realtà mascherassero una certa pochezza di fondo. Una mancanza che peraltro, nel corso delle pagine successive, secondo me prende a rivelarsi in tutta la sua strabiliante portata: la gestione dei punti di vista e dei vari archi narrativi si rivela azzardata (per usare un eufemismo), il ritmo è sbilanciatissimo, i protagonisti non fanno altro che correre in cerchio per tre quarti del libro e i tropes (animale magico parlante, enemy-to-lovers eccetera) vengono praticamente buttati lì in mezzo all'impasto senza alcun evidente criterio di riferimento.

Tenete presente il fatto che "The Bone Shard Daughter", sulla carta romanzo fantasy per adulti, in realtà è uno young adult camuffato da altro. L'etichetta trae un po' inganno, come nel caso dei recenti "La Città di Ottone" o "The Year of the Witching". Dal punto di vista dei contenuti e della fascia di pubblico, io lo descriverei piuttosto come "The Steel Crow Saga" incontra "Il Priorato dell'Albero delle Arance"; peccato solo che la Steward non sia la Shannon (non che ci sia nulla di intrinsecamente sbagliato in questo: all'epoca de "La stagione della falce", dopotutto neanche Samantha Shannon era veramente Samantha Shannon…), e i suoi pov sono completamente squilibrati. Lin, la presunta protagonista, in realtà non comincia a percorrere le varie tappe del suo viaggio interiore fino ai tre quarti del romanzo inoltrati; i punti di vista di Phalue e Ranami, invece, si completano fra loro in maniera abbastanza convincente, ma non rivestono il benché minimo significato nel grande schema generale delle cose. E guardate che quando sono IO a dire che una storia d'amore f/f non contribuisce in alcun modo a risollevare le sorti di una narrazione, vuol dire che l'autore/autrice ha davvero giocato male le sue carte, ragazzi! XD

L'arco narrativo di Jovis, in ultima analisi, è l'unico che promuoverei a pieni voti. L'ex contrabbandiere reinventatosi eroe, infatti, ha dalla sua parte motivazione, scopo, ironia, un percorso di crescita personale e qualche interessante accenno di introspezione psicologica - laddove le altre tre si limitano a sguazzare nel classico cliché delle ragazze ribelli intenzionate a spodestare l'Imperatore cattivo a qualsiasi costo.

Il finale di "The Shard Daughter", dal canto suo, non mi ha lasciato in preda a grandi speranze per i prossimi volumi. Può darsi che provi a leggerli lo stesso – ormai lo sapete come sono fatta - ma, per il momento, non mi sento assolutamente in vena di gridare al miracolo.


Giudizio personale:
5.0/10


2 commenti:

  1. Ormai ho smesso di credere quando viene sbandierato ai quattro venti l'esordio migliore dell'anno, tanto nove volte su dieci è un buon libro nella migliore delle ipotesi XD

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    1. Hai ragionissima! Purtroppo stavolta mi ha tratto in inganno il fatto che sono stati tantissimi lettori - non tanto l'editore in sé - a descriverlo così! XD
      Che poi, dire "in inganno" è relativo: a me non ha convinto più di tanto, ma sicuramente sarà pieno di gente là fuori in grado di apprezzarlo! ;D

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