giovedì 22 luglio 2021

Recensione: "L'assistente di volo", di Chris Bohjalian

 

Potete acquistarlo QUI in italiano


"Cassandra Bowden, di professione assistente di volo, è abituata ai bruschi risvegli post sbornia. È una forte bevitrice e con il lavoro che fa le avventure capitano di frequente: per lei i momentanei vuoti di memoria non sono una novità. Così anche questa volta, al suo risveglio in una stanza d'albergo a Dubai, tenta di mettere insieme i pezzi di quello che è successo la sera prima. Muovendosi con circospezione per non peggiorare il dolore alla testa, getta un'occhiata all'uomo disteso lì accanto, con il quale ha passato la notte. Ha i capelli neri. È totalmente immobile. E freddo. E c'è sangue, una viscida pozza di sangue che si allarga sul lenzuolo. Cosa deve fare? Chiamare la polizia? Ma è una donna single, da sola in un albergo in un paese straniero... Spaventata, Cassie inizia a mentire. Mente quando raggiunge gli altri membri dell'equipaggio. Mente prestando servizio in prima classe sul volo per Parigi. Mente agli agenti dell'FBI che la aspettano al gate a New York. E d'un tratto è troppo tardi per raccontare – e affrontare – la verità su cosa sia successo a Dubai. Potrebbe essere lei l'assassina? E se non è lei, chi?"


Vivete sul mio stesso pianeta?

Allora ci sono buone probabilità che abbiate sentito parlare de “L’assistente di volo”, la miniserie con Kaley Cuoco in onda su Sky!

Premetto che io non ne ho (ancora) visto neanche un episodio, anche se ne ho sempre sentito parlare bene. Però la trama mi sembrava originale e potenzialmente divertente; ed ecco perché, a conti fatti, non ho proprio saputo resistere alla tentazione di leggere il romanzo omonimo di Chris Bohjalian da cui è stato tratto lo show.

L’assistente di volo” è un libro un po’ atipico, nel senso che cerca di ritagliarsi un suo posticino speciale all’interno di quella sorta di “limbo” che divide il genere thriller da quello della spy-story; una sorta di via di mezzo fra “La ragazza del treno” di Paula Hawkins e “Triplo” di Ken Follett, se vogliamo.

La prima metà del romanzo di Bohjalian, dedicata alla presentazione della sfaccettata personalità di Cassie, secondo me è anche la più convincente e intrigante.

La protagonista, infatti, è una hostess che soffre di gravi problemi d’alcolismo, esattamente come suo padre prima di lei. Eppure, Cassie è riuscita a fare perfettamente suo il concetto di “alcolista funzionale”: se non fosse per le sue irrefrenabili e febbricitanti scappatelle notturne, spesso in trasferta internazionale, nessuno dei suoi colleghi sospetterebbe mai l’entità patologica del suo problema di dipendenza.

Di Cassie, Bohjalian ci mostra le zone d’ombra quanto gli sprazzi di luce; senza indorare troppo la pillola, ma senza dimenticare mai neanche di ricordarci che la sua protagonista, come tutti gli esseri umani, è soltanto imperfetta, non spregevole o machiavellica. Semplicemente una donna normale, che si ritrova suo malgrado a fare i conti con una situazione straordinaria… e poco conta che quella proverbiale fossa, a conti fatti, se la sia scavata con le sue stesse mani!

In effetti, le tendenze autodistruttive di Cassie vanno ad alimentare praticamente il 98% dei conflitti e degli ostacoli di cui si compone il libro. Mi spingerò al punto di dire che la trama de “L’assistente di volo” avrebbe potuto fare tranquillamente a meno di omicidi, sicari e loschi fondi speculativi; ma senza la capacità di Cassie di intorbidare le acque, farsi del male e mettersi ogni volta in un pasticcio un po’ più grosso del precedente?

Il libro non avrebbe avuto ragione di esistere.

Un risvolto affascinante (da un punto di vista antropologico, quantomeno…), che tuttavia comporta anche tre piccoli inconvenienti:

a)      le reazioni di Cassie, nove volte su dieci, servono a spingere efficacemente la trama in avanti… ma appaiono anche totalmente insensate e controproducenti agli occhi di  chi legge! (vedi la scena con l’avvocato all’ufficio dell’FBI);

b)      il “mistero” di chi abbia ucciso o non ucciso il passeggero del volo per Instabul, fin dal primo istante, passa completamente in secondo piano, rispetto ai drammi personali di Cassie. I villains e i personaggi secondari sono poco più che caricature, e sinceramente non mi stupirei troppo, se un giorno venissi a scoprire che tutti-tranne-Cassie sono stati plasmati secondo le regole contenute nel “Manuale per la Creazione di Personaggi da Inserire in un Film con Liam Neeson a Casaccio);

c)       l’arco narrativo dell’unico altro personaggio munito di PoV del libro (non faccio nomi per evitare spoiler) si rivela noiosissimo e denso di cliché abusatissimi in stile “James Bond”.

Sarà sincera: secondo me, “L’assistente di volo” è un romanzo che ha tutte le carte in regola per deludere la maggior parte degli appassionati del genere, e catturare piuttosto l’attenzione delle masse, i classici lettori “part-time” da bestseller al supermercato. Quelli che hanno poco tempo da dedicare alla lettura, e magari vogliono semplicemente concedersi un'oretta di svago sul treno prima di entrare in ufficio.

Bohjalian, per dirne una, è molto bravo a catturare i rivolti imprevedibili della professione di Cassie. Cosa, quello della hostess, un lavoro pieno di glamour e magiche avventure? Ma quando mai! Bastano un paio di aneddoti ben piazzati (e dal sapore fin troppo realistico) per riuscire a sfatare completamente questo mito.

E, in fondo, come scrisse anche Stephen King in “On Writing”: «la gente ama leggere del lavoro (dei personaggi), per qualche strano motivo.»

Da un punto di vista stilistico, “L’assistente di volo” si avvale di una prosa molto limpida e sincopata; un altro elemento che incontrerà senz’altro l’approvazione di chiunque sia a caccia di una classica lettura estiva.

Inoltre, nel corso del libro, i panorami di varie capitali internazionali si succedono a un ritmo indiavolato; il lettore, però, farà poco caso a questi slittamenti, complice lo scarso apparato descrittivo e i perenni fumi alcolici che annebbiano la mente di Cassie, la nostra mentore d’eccezione!

Le tonalità del romanzo, bisogna dirlo, mi sono parse straordinariamente mogie; forse perché il ritmo è così poco incisivo, un accumulo di scene che si sforzano disperatamente di continuare a ripetere sempre la stessa cosa?

Cassie è danneggiata. Cassie ha dei problemi. Cassie finirà con il farsi ammazzare.

Eppure, la disperazione esistenziale della protagonista viene stemperata, in qualche modo, dalla vena di sottile umorismo che risale il sottotesto del romanzo come il soffio di una brezza delicata. Senza, è facile prevedere che i due terzi del libro si sarebbero rivelati opprimenti, forse addirittura soffocanti…

Anche perché devo ammettere che, a livello di trama, il romanzo di Bohjalian mi ha deluso. Soprattutto il finale, dal momento che né il colpo di scena conclusivo (prevedibilissimo), né l’epilogo, sono riusciti a riscattare il senso di vago torpore che aveva cominciato a impossessarsi di me a metà della lettura.

Anzi: il moralismo artificioso delle ultime quindici o venti pagine ha finito con il farmi cascare definitivamente le braccia!

Spero, insomma, che gli sceneggiatori della serie tv siano stati in grado di sistemare questi difetti, e soprattutto di creare un equilibrio più funzionale fra i vari ingredienti alla base della storia.

Ma sospetto che lo scoprirò a breve! :D

 



 


2 commenti:

  1. La serie è davvero scoppiettante!

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    Risposte
    1. Meno male!! Spero di vederla presto! *___*
      Purtroppo il libro, a momenti, risulta pesante e basta! :(

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