sabato 2 aprile 2022

"Servant": la recensione della terza stagione della serie tv di M. Night Shyamalan

La terza stagione di “Servant” ripaga la paziente attesa degli spettatori più fedeli... e lo fa con gli interessi!

Spostando finalmente il focus della narrazione sul personaggio più emblematico e ambiguo della serie – vale a dire Leanne, la “servitrice” cui accenna il titolo – la serie tv prodotta da M. Night Shyamalan riesce finalmente a consegnarci la valanga di brividi e suspense che la misteriosa e inquietante atmosfera ci aveva promesso fin dal primissimo episodio...

 


La trama

Dopo i tumultuosi eventi narrati nel corso della seconda stagione, Leanne (Nell Tiger Free) è tornata a convivere pacificamente con i Turner.

Dorothy (Lauren Ambrose) e Sean (Toby Kebbell) sono al settimo cielo: il loro piccolo Jericho è di nuovo fra le loro braccia, e tutti i sacrifici (e gli eventi inspiegabili) superati per arrivare a questo punto cominciano finalmente a sfumare dalla loro memoria.

Persino il cinico Julian (Rupert Grint) sembra determinato a riprendere il corso di un’esistenza normale e a cercare di superare i propri demoni... nonché a lasciarsi alle spalle un passato fatto di segreti inenarrabili e dipendenze letali.

L’unica che non ha dimenticato (né la minaccia rappresentata dal culto, né la vera fonte del potere sovrannaturale che sembra averle permesso di compiere una piccola resurrezione o due...) è proprio Leanne, sempre più terrorizzata al pensiero della vendetta che i suoi ex-compagni di setta potrebbero tornare a esigere da un momento all’altro.

Quando un gruppo di giovani senzatetto si stabilisce nel parco dall’altra parte della strada, e comincia a tenere d’occhio gli spostamenti della balia con crescente interesse, la paranoia si impadronisce definitivamente di Leanne... dando vita a conseguenze imprevedibili.

 

Ogni volta che guardi nell’abisso

La terza stagione di “Servant” si è rivelata incredibilmente elettrizzante e ricca di soprese.

L’amletica sceneggiatura comincia finalmente a rivelare le sue carte, e... diavolo, la verità è che si tratta di una mano addirittura più stupefacente del previsto!

La prima parte della stagione si concentra soprattutto sul tema del miracolo, e ci illustra i travagliati modi in cui i vari membri della famiglia Turner (ciascuno, a suo modo, chiamato a rappresentare una diversa sfumatura dell’animo umano...) cominciano ad affrontare le conseguenze del loro contatto con l’ignoto.

Sean, ad esempio, decide di rivolgere lo sguardo alla fede, mentre cerca di fare del suo meglio per espiare le proprie colpe e tenere unito un gruppo di persone che, a conti fatti, forse finirà sempre con il farsi più male che bene.

Dorothy, invece, si lascia ricadere nella consueta spirale di iperattività e negazione, ogni oncia della propria vulcanica energia assorbita da una slavina di frivolezze e manfrine quotidiane...  Qualsiasi cosa, pur di non guardare in faccia quella verità che continua a mostrarle i denti ogni mattina, attraverso il suo stesso riflesso nello specchio.

Julian, intanto, cerca di smuovere mari e montagne per dimostrare scientificamente che Leanne è una pazza e/o un’imbrogliona, per demistificare l’operato della giovane e trovare conforto nella sua solita patina di razionalismo... salvo poi continuare a gravitare, contro ogni buon senso, nell’orbita a di quella conturbante babysitter che lo attrae e lo respinge ogni giorno con la forza di un magnete.

Nel frattempo, l’unica persona che sembra possedere ogni risposta si ritrova a gestire il peso di una responsabilità e di una solitudine assurde. Una balia dall’apparenza angelica e lo sguardo inquietante, i cui segreti hanno continuato a tenere noi spettatori sulle spine per la bellezza di tre anni consecutivi.

Una ragazzina che, a poco a poco, comincia a trasformarsi in una donna, a prendere consapevolezza del proprio potenziale e delle proprie risorse.

Una ragazzina che, a poco a poco, comincia a liberarsi dalle catene delle repressione e ad abbracciare l’inquietante evidenza del proprio lato oscuro...

 

Astri polari

La seconda parte di questa terza stagione si focalizza, invece, sul conflitto fra Leanne e Dorothy.

Due personalità fortissime, problematiche, manipolatrici, terrificanti, che (come ogni spettatore di “Servant” sarà in grado di confermarvi) in fondo sono sempre state destinate a scontrarsi.

Fra colpi di ingegno e sequenze genuinamente terrificanti (l’inquietante conversazione con la ministra, attorno al tavolo della cena dei Turner, e l’efferata aggressione in seguito alla festa di quartiere, sono solo due fra gli esempi possibili...) si dipana quindi un coinvolgente racconto di formazione e decostruzione; una storia che parla di maternità e spiritualismo, emancipazione e fanatismo, orrore e innocenza... del modo complicato e tortuoso in cui, in fondo, umanità e mostruosità sembrano adattarsi a convivere perfettamente sotto la stessa pelle.

Probabilmente, a questo punto, non ci sarà davvero bisogno di specificarlo, ma il fatto è che le interpretazioni del cast di “Servant” restano di altissimo livello.

Quest’anno, ovviamente, sono state soprattutto le incontenibili Nell Tiger Free e Lauren Ambrose a dominare la scena; due opposti complementari, i poli di luce e oscurità attorno a cui le loro controparti maschili, inevitabilmente, si limitano a ruotare intorno come satelliti.

Fra l’altro, l’inconcepibile mobilità dei loro visi ha consentito loro reggere dei primi piani che mi sentirei di definire quasi espressionisti; un mix esplosivo di tensioni sotterranee, istinti primordiali ed emozioni represse, che consente alle due attrici di comunicare con il pubblico su un livello che sfida i confini della mera razionalità.

Cos’altro potrei aggiungere?

Attendere la quarta - e ultima - stagione sarà un’agonia.

 

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